Dai beni confiscati alla rigenerazione urbana
Economia | 28 settembre 2022
La destinazione dei beni immobiliari confiscati coniuga obiettivi di deterrenza, riparazione del danno e rigenerazione urbana. La sua efficacia è però frenata da lentezze procedurali e dall’assenza di valutazioni sul loro utilizzo in diversi contesti socioeconomici.
Cosa dice la legge
Come spesso accade, anche nell’ultima campagna elettorale, i partiti sono tornati a occuparsi di temi che spesso trascurano durante la legislatura, come la lotta alla mafia. Tra le varie proposte, il Pd di Enrico Letta nel suo programma indicava “l’adozione a livello europeo di una legislazione sulla confisca dei beni e sui delitti di associazione mafiosa, sul modello della legislazione italiana”. Purtroppo, il partito, come pure gli avversari, non si propone di riformare quella stessa legislazione che negli anni ha evidenziato importanti lacune.
A partire dal 1982, con l’approvazione della legge Rognoni-La Torre, il legislatore ha previsto che i beni confiscati a persone condannate per reati di natura mafiosa fossero riassegnati a un nuovo uso. La politica è stata pensata sia come misura antimafia, in grado di ridurre il capitale in capo all’organizzazione mafiosa e di indebolirne la capacità di presidiare il territorio, sia come un modo per compensare le comunità locali attraverso la conversione degli asset in presidi locali in grado di erogare servizi di pubblico interesse.
Secondo le stime Eurispes, tra il 1992, anno in cui la politica ha cominciato a essere attuata in modo sistematico, e il 2020 sono stati confiscati oltre 35 mila beni, per un patrimonio complessivo di 32 miliardi di euro. Come si può apprezzare dalla figura 1, i beni si concentrano nelle regioni con più forte presenza mafiosa, ovvero Sicilia (38 per cento), Calabria (17 per cento), Campania (16 per cento) e Puglia (9 per cento). Tuttavia, un numero non irrilevante si trova nelle regioni del Centro e Nord Italia, soprattutto in Lombardia (7 per cento) e Lazio (5 per cento).
Nonostante diversi interventi normativi volti a correggere i limiti della misura, non ci sono state negli anni significative riduzioni dei tempi che intercorrono tra confisca e destinazione: in media rimangono superiori ai 10 anni. Ancor più grave è però l’incertezza circa gli obiettivi perseguiti e i risultati ottenuti sinora. Non è mai stata prodotta un’analisi di costi e benefici in grado di dar conto degli effetti della politica, al di là della semplice rendicontazione del valore di mercato stimato dei beni. Tale valore, peraltro, non si traduce in maggiore capacità finanziaria per i comuni destinatari, in quanto ne viene venduto solo un numero ridotto. Il beneficio per la comunità è invece assicurato quasi interamente dai servizi erogati negli immobili convertiti a nuovo uso. Senza analisi attendibili sul reale valore dei servizi, non si sono potute definire chiare linee guida in relazione alla scelta se assegnare gli immobili confiscati a istituzioni pubbliche e onlus operanti sul territorio o venderli per investire il ricavato in politiche più rilevanti per le comunità locali.
Alla luce di questa carenza di evidenza empirica sul tema, un nuovo studio si propone di analizzare l’impatto della destinazione dei beni sulla riqualificazione dei quartieri dove sono localizzati. A questo scopo, l’analisi esamina il valore economico degli immobili situati in prossimità dei beni destinati, prima e dopo le destinazioni stesse.
L’impatto generale
I risultati suggeriscono che gli immobili destinati hanno in media un effetto positivo, per quanto limitato, sull’area circostante. Per ogni immobile destinato, si stima un aumento del valore degli immobili residenziali localizzati entro un raggio di 150 metri pari allo 0,15 per cento. Più che il beneficio diretto per i proprietari d’immobili, che pure in Italia rappresentano una quota importante dei nuclei familiari, il risultato è rilevante in quanto sintomo di una maggiore attrattività del quartiere, in ragione di una migliore offerta di servizi o di una riduzione dello “stigma” associato alle aree con forte presenza di organizzazioni di stampo mafioso.
Dove la politica è più efficace
L’effetto della politica è caratterizzato da forti eterogeneità a livello territoriale. In particolare, i prezzi immobiliari rispondono maggiormente alla destinazione di un nuovo bene confiscato nelle province con maggiore presenza mafiosa e nei quartieri più degradati. Come si può osservare dalla figura 2, la destinazione degli immobili confiscati nelle zone a più alta densità mafiosa ha un effetto significativo che si riduce progressivamente con la distanza dall’immobile stesso. Viceversa, non si riscontrano gli stessi effetti nelle aree dove la presenza mafiosa è meno marcata. Il risultato suggerisce che almeno una parte dell’effetto potrebbe essere associato a una riduzione dell’intensità delle attività criminali nelle aree in cui si verificano le destinazioni. A ulteriore conferma dell’ipotesi, lo studio esamina dati estratti dai rapporti prodotti dalla Direzione investigativa antimafia per la città di Napoli e dimostra che, nelle strade in cui sono avvenute le destinazioni, si riscontra una riduzione nel numero di clan camorristici attivi. Inoltre, i quartieri ad alto degrado socioeconomico sono quelli in cui le destinazioni sembrano avere un maggiore impatto sul valore immobiliare. Questo risultato può essere spiegato in ragione della maggiore rilevanza attribuita ad alcuni servizi locali nelle zone più svantaggiate, come ad esempio la presenza di presidi di supporto socioeconomico, centri di accompagnamento e assistenza per soggetti fragili, spazi di aggregazione e centrali di polizia.
In attesa di una riforma organica
Nel complesso, lo studio conferma il grande potenziale delle destinazioni come strumento di deterrenza dell’attività mafiosa e di redistribuzione a favore delle comunità locali. I risultati non possono però essere pienamente raggiunti senza una riforma organica di questo strumento di contrasto alle mafie, che riduca drasticamente i tempi delle procedure di destinazione e definisca chiare linee guida sulla valorizzazione dei beni, al fine di massimizzarne i benefici per la collettività.
Figura 1 – Mappa degli immobili destinati in Italia ( La Voce.info)
di Filippo Boeri, Marco Di Cataldo ed Elisabetta Pietrostefani
Cosa dice la legge
Come spesso accade, anche nell’ultima campagna elettorale, i partiti sono tornati a occuparsi di temi che spesso trascurano durante la legislatura, come la lotta alla mafia. Tra le varie proposte, il Pd di Enrico Letta nel suo programma indicava “l’adozione a livello europeo di una legislazione sulla confisca dei beni e sui delitti di associazione mafiosa, sul modello della legislazione italiana”. Purtroppo, il partito, come pure gli avversari, non si propone di riformare quella stessa legislazione che negli anni ha evidenziato importanti lacune.
A partire dal 1982, con l’approvazione della legge Rognoni-La Torre, il legislatore ha previsto che i beni confiscati a persone condannate per reati di natura mafiosa fossero riassegnati a un nuovo uso. La politica è stata pensata sia come misura antimafia, in grado di ridurre il capitale in capo all’organizzazione mafiosa e di indebolirne la capacità di presidiare il territorio, sia come un modo per compensare le comunità locali attraverso la conversione degli asset in presidi locali in grado di erogare servizi di pubblico interesse.
Secondo le stime Eurispes, tra il 1992, anno in cui la politica ha cominciato a essere attuata in modo sistematico, e il 2020 sono stati confiscati oltre 35 mila beni, per un patrimonio complessivo di 32 miliardi di euro. Come si può apprezzare dalla figura 1, i beni si concentrano nelle regioni con più forte presenza mafiosa, ovvero Sicilia (38 per cento), Calabria (17 per cento), Campania (16 per cento) e Puglia (9 per cento). Tuttavia, un numero non irrilevante si trova nelle regioni del Centro e Nord Italia, soprattutto in Lombardia (7 per cento) e Lazio (5 per cento).
Nonostante diversi interventi normativi volti a correggere i limiti della misura, non ci sono state negli anni significative riduzioni dei tempi che intercorrono tra confisca e destinazione: in media rimangono superiori ai 10 anni. Ancor più grave è però l’incertezza circa gli obiettivi perseguiti e i risultati ottenuti sinora. Non è mai stata prodotta un’analisi di costi e benefici in grado di dar conto degli effetti della politica, al di là della semplice rendicontazione del valore di mercato stimato dei beni. Tale valore, peraltro, non si traduce in maggiore capacità finanziaria per i comuni destinatari, in quanto ne viene venduto solo un numero ridotto. Il beneficio per la comunità è invece assicurato quasi interamente dai servizi erogati negli immobili convertiti a nuovo uso. Senza analisi attendibili sul reale valore dei servizi, non si sono potute definire chiare linee guida in relazione alla scelta se assegnare gli immobili confiscati a istituzioni pubbliche e onlus operanti sul territorio o venderli per investire il ricavato in politiche più rilevanti per le comunità locali.
Alla luce di questa carenza di evidenza empirica sul tema, un nuovo studio si propone di analizzare l’impatto della destinazione dei beni sulla riqualificazione dei quartieri dove sono localizzati. A questo scopo, l’analisi esamina il valore economico degli immobili situati in prossimità dei beni destinati, prima e dopo le destinazioni stesse.
L’impatto generale
I risultati suggeriscono che gli immobili destinati hanno in media un effetto positivo, per quanto limitato, sull’area circostante. Per ogni immobile destinato, si stima un aumento del valore degli immobili residenziali localizzati entro un raggio di 150 metri pari allo 0,15 per cento. Più che il beneficio diretto per i proprietari d’immobili, che pure in Italia rappresentano una quota importante dei nuclei familiari, il risultato è rilevante in quanto sintomo di una maggiore attrattività del quartiere, in ragione di una migliore offerta di servizi o di una riduzione dello “stigma” associato alle aree con forte presenza di organizzazioni di stampo mafioso.
Dove la politica è più efficace
L’effetto della politica è caratterizzato da forti eterogeneità a livello territoriale. In particolare, i prezzi immobiliari rispondono maggiormente alla destinazione di un nuovo bene confiscato nelle province con maggiore presenza mafiosa e nei quartieri più degradati. Come si può osservare dalla figura 2, la destinazione degli immobili confiscati nelle zone a più alta densità mafiosa ha un effetto significativo che si riduce progressivamente con la distanza dall’immobile stesso. Viceversa, non si riscontrano gli stessi effetti nelle aree dove la presenza mafiosa è meno marcata. Il risultato suggerisce che almeno una parte dell’effetto potrebbe essere associato a una riduzione dell’intensità delle attività criminali nelle aree in cui si verificano le destinazioni. A ulteriore conferma dell’ipotesi, lo studio esamina dati estratti dai rapporti prodotti dalla Direzione investigativa antimafia per la città di Napoli e dimostra che, nelle strade in cui sono avvenute le destinazioni, si riscontra una riduzione nel numero di clan camorristici attivi. Inoltre, i quartieri ad alto degrado socioeconomico sono quelli in cui le destinazioni sembrano avere un maggiore impatto sul valore immobiliare. Questo risultato può essere spiegato in ragione della maggiore rilevanza attribuita ad alcuni servizi locali nelle zone più svantaggiate, come ad esempio la presenza di presidi di supporto socioeconomico, centri di accompagnamento e assistenza per soggetti fragili, spazi di aggregazione e centrali di polizia.
In attesa di una riforma organica
Nel complesso, lo studio conferma il grande potenziale delle destinazioni come strumento di deterrenza dell’attività mafiosa e di redistribuzione a favore delle comunità locali. I risultati non possono però essere pienamente raggiunti senza una riforma organica di questo strumento di contrasto alle mafie, che riduca drasticamente i tempi delle procedure di destinazione e definisca chiare linee guida sulla valorizzazione dei beni, al fine di massimizzarne i benefici per la collettività.
Figura 1 – Mappa degli immobili destinati in Italia ( La Voce.info)
Figura 2 – Effetto delle destinazioni sul valore immobiliare a seconda della distanza dal bene destinato
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