“Blocco stradale”, il reato che aggira la Costituzione

L'analisi | 1 luglio 2024
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L’art. 17 della Costituzione recita testualmente: “I cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz'armi. Per le riunioni, anche in luogo aperto al pubblico, non è richiesto preavviso. Delle riunioni in luogo pubblico deve essere dato preavviso alle autorità, che possono vietarle soltanto per comprovati motivi di sicurezza o di incolumità pubblica”.
E ancora l’art. 21 della Costituzione recita testualmente: ”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.
Gli articoli 17 e 21 della Costituzione parlano chiaramente; sono stringati, secchi; non danno luogo a giri di parole o ad interpretazioni imprudenti o azzardate.
Eppure succede, ancora una volta, qualcosa di molto inquietante e rischioso per la tenuta della democrazia; qualcosa che statuirà (quando sarà legge) l’esatto contrario del dettato costituzionale.
Verrà dunque introdotto un nuovo reato penale; il reato di “blocco stradale”, che non è un reato di poco conto. È un reato che viene punito con un mese di carcere per chi impedisce la circolazione su strada o su binari. Ma non basta perché la pena può essere aumentata fino a due anni di carcerazione se i manifestanti sono più di due.
Allora proviamo a considerare un pacifico raduno di studenti o di operai che vogliono manifestare il proprio dissenso verso un dato provvedimento o situazione creatasi all’interno della fabbrica o della scuola. I manifestanti sono liberi da ogni cosa, non hanno armi, neanche improprie, non esercitano alcuna violenza, non mettono a soqquadro la strada; stanno solo seduti a manifestare alla cittadinanza il loro punto di vista. Dunque è esattamente il caso previsto dalla Costituzione. Ebbene, con la nuova norma, quegli studenti o operai, verranno arrestati tutti rischiando anche due anni di pena.
In Parlamento, le opposizioni l’hanno chiamata la “norma anti Gandhi”, nel ricordo delle lotte di resistenza non violente. Se dovesse passare la norma in parola, si verificherebbe un ulteriore taglio doloroso della democrazia e del diritto di manifestare in barba alla Costituzione che sembra non essere proprio nelle corde della maggioranza politica e del Governo stesso.
Giustamente, osserva il segretario di +Europa, Riccardo Magi, che con questa norma, Gandhi e Pannella verrebbero sbattuti in galera e trattati come i peggiori dei criminali.
Intanto non possiamo fare a meno di rilevare che tutti gli emendamenti delle opposizioni sul caso in esame, sono stati tutti battuti dalla maggioranza e dunque quello che era un illecito amministrativo diviene un reato penale. Ma il problema non è tanto questo, quanto quello di avere violato, disconoscendola, la Costituzione. Ed è la dimostrazione più chiara che il Governo voglia proseguire nel proprio programma di autoritarismo, sfruttando, come alibi, la legge sulla sicurezza.
Peraltro l’emendamento del Governo prevede anche l’applicazione di nuovi periodi di detenzione per i carcerati che proveranno ad opporre resistenza passiva.
Insomma, nessuno deve lamentarsi, nessuno deve contestare; anzi, è meglio che nessuno sappia, è meglio che tutti vivano all’oscuro e che il manovratore abbia le mani libere.
Il Governo ha imboccato certamente una deriva reazionaria.
È tale e tanta la voglia di far presto ad ammutolire la popolazione al fine di ottenere un Paese obbediente e non informato, che era stato presentato un ulteriore emendamento – fortunatamente ritirato – nel quale era prevista la carcerazione anche per gli organizzatori delle manifestazioni e la non punibilità dei pubblici ufficiali che fanno uso di armi per sedare la resistenza anche passiva.
Non ci sono parole per esprimere un giudizio su questa politica dissennata e scellerata adottata dal Governo. In questi due ultimi anni nei quali Giorgia Meloni ha governato, non abbiamo potuto fare a meno di rilevare come la presidente del consiglio, al riparo della sua apparente e gioviale veste politica, invero stia consapevolmente portando il Paese verso il disconoscimento della nostra Carta Costituzionale al fine di ottenere un governo autoritario e oligarca svincolato da lacci e lacciuoli istituzionali.
D’altronde vi sono diversi segnali che mostrano questa tendenza: si pensi a tutte le riforme sulla giustizia con le connesse conseguenze: separazione delle carriere dei magistrati, abrogazione del reato di abuso d’ufficio, limiti all’uso delle intercettazioni, riforma del premierato.
Un vero disastro!
Questa maggioranza si presenta molto rovinosa anche perché sarà molto difficile, nel caso di un eventuale cambio di guardia a Palazzo Chigi, che l’attuale opposizione (divenuta forza di Governo) possa riformare tutto per ripristinare i sani principi costituzionali.
Ma i problemi non sono solamente questi; c’è un’altra fattispecie di particolare importanza che merita attenzione e di cui non si parla più. Ma c’è chi ci lavora in silenzio.
Già da tempo il Governo aveva fatto alcuni tentativi di abolizione dell’obbligatorietà dell’azione penale. Ma invano, perché per vari motivi questa riforma non riusciva ad attecchire. In effetti, data la natura costituzionale di tale principio, non sarebbe facile poterlo abolire.
Senonché, in tempi più prossimi, sfruttando la riforma penale della Cartabia, il guardasigilli, Carlo Nordio, ha rimesso in discussione la questione, aggirando gli ostacoli incontrati precedentemente. Dunque, l’azione penale rimarrà obbligatoria, ma con i criteri di priorità già definiti dalla riforma Cartabia. Pertanto la maggioranza politica, quale che sia al momento della decisione, avrà la possibilità di anteporre, ai fini del compimento dell’azione penale, alcuni tipi di reato piuttosto che altri. In sostanza quali saranno i reati su cui aprire le inchieste, non lo deciderà più il pubblico ministero, bensì il Governo; e il pubblico ministero si dovrà adeguare.
E quindi, addio anche all’autonomia e indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato.
Ebbene, questa è un’altra furbata da parte del Governo – e, in particolare del ministro Nordio – il quale, con molta probabilità, riuscirà a far passare il suo progetto in aula magari con emendamenti dello stesso Governo.
Roberto Scarpinato, in Senato, ha definito il progetto di Nordio una “truffa delle etichette”. “In una situazione di gravi carenze di organico, con scoperture che arrivano fino all’80%, i ‘criteri di priorità’ si trasformeranno in criteri di archiviazione garantita dal legislatore. Una sorta di amnistia strisciante in violazione della Costituzione”.
Ancora una norma in difesa dei colletti bianchi e dei politici che, ovviamente, non saranno mai nelle liste di priorità dell’azione penale, mentre la magistratura potrà dedicarsi, con tutta calma, a istruire processi contro i ladri di biciclette, gli scippatori, i venditori di fumo.
 di Elio Collovà

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