Wagner, Putin e il tradimento del suo cuoco preferito

L'analisi | 28 giugno 2023
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1.La Marcia su Mosca della Brigata mercenaria Wagner: un dramma-farsa

Il termine stratocrazia deriva dal greco antico. Significa letteralmente governo dei militari. Stratocrazia o governo dei militari indica dunque una forma di governo in cui il potere è detenuto dalla classe militare. Il concetto non deve essere confuso con quello di dittatura militare. Ebbene, tra i paesi evoluti che non siano nazioni del Terzo o Quarto Mondo solo in una stratocrazia come la Russia di Putin può andare in scena nel XXI secolo quello che è successo il 24 giugno 2023. Un dramma-farsa che ha avuto per protagonisti due dittatori – Vladimir Putin e Alexander Lukashenko, l’ubbidiente vassallo presidente della Bielorussia assurto a mediatore – e un capitano di ventura, Yevgeny Prigozhin, capo della famigerata compagnia Wagner. La potente milizia mercenaria russa ha come simbolo un teschio ed è divenuta nel tempo per volere e benedizione di Putin una istituzione importante per la politica estera e militare di Mosca.
Nel Sudan qualcosa di simile è avvenuto a cominciare dal mese di aprile: il capo dei paramilitari (ma parliamo di paramilitari e non di mercenari) della Forza di Supporto Rapido (RSF) Mohamed Hamdan Dagalo detto Hemedti non intende sottostare all’esercito sudanese di cui è comandante in capo il generale Abdel al Bhuran. Gli scontri tra esercito e milizia si protraggono per settimane e fanno centinaia di morti e migliaia di feriti anche tra i civili. Nella capitale Khartoum si è sparato parecchio e si continua a sparare tra tregue precarie e ripresa degli scontri armati. Ma il Sudan è il Sudan, la Russia è la Russia. Il primo è un paese in via di sviluppo, la seconda una superpotenza militare per quanto molto più con i piedi di argilla di quanto immaginavamo. In Russia milizie mercenarie ed esercito si sono fermati prima di cominciare a combattersi.
Cosa dimostrano questi avvenimenti? Presto detto: la Russia è un paese tanto arretrato sul piano civile, istituzionale, della distribuzione, della personalizzazione e degli equilibri di potere da replicare nell’era dell’Intelligenza Artificiale vicende consuete nel Medioevo e nel Rinascimento. Milizie mercenarie al soldo di un feudatario e, qualche secolo dopo, di una signoria locale – non pagate o entrate in conflitto con il signore che le aveva assoldate – gli si rivoltano contro. A volte l’ammutinamento riusciva e il capitano di ventura prendeva il posto di chi lo aveva ingaggiato. Instaurando una nuova signoria o divenendo il padrone almeno di una parte del territorio, altre volte l’impresa non riusciva. Sono nate così tante signorie/stato. In Italia ma anche in Europa e in altre aree del pianeta.
Ma perché Yevgeny Prigozhin, il cosiddetto “cuoco di Putin” per via dei suoi interessi in passato nel settore delle forniture alimentari, uno dei tanti oligarchi miliardari russi, ha fatto pensare al mondo di essere sul punto di tentare un colpo di stato senza molte speranze di riuscita? Puntando con le sue milizia armate da Rostov sul Don – città sede dei comandi militari russi che operano in Ucraina di cui la Wagner aveva inopinatamente preso il controllo in poche ore – fino a 200 chilometri da Mosca? Prigozhin può essere definito con tanti aggettivi ma soprattutto con tre: cinico, sanguinario e “cazzaro” visto che nelle sue dichiarazioni e nei suoi video le spara grosse. A partita chiusa sostiene che lo ha fatto perché l’esercito russo aveva sparato ai suoi e per “impedire la distruzione della Wagner”, la sua creatura. Infatti un decreto impone alle milizie mercenarie russe come termine ultimo la data dell’1 luglio per firmare i contratti e mettersi agli ordini del Ministero della Difesa. Da mesi Prigozhin sbraita in coloriti e violenti video contro il Ministro della Difesa Sergei Shoigu e contro il Capo di Stato Maggiore Valery Gerasimov. A ben vedere i motivi della rivolta/golpe – etichettato da parecchi “golpe a metà” e dai dietrologi più inguaribili anche “autogolpe di Putin” – sono ben poco nobili e patriottici. Solo una questione di soldi e di potere. In Russia non opera solo la Wagner ma una trentina di milizie mercenarie. Troppe persino per chi le ha permesse e coltivate per provvedere al lavoro sporco. Ossia - come nel caso della più importante, la Wagner - a fare e strafare. In Siria, Libia, Mali, Repubblica Centrafricana e in altri stati soprattutto del Continente Nero. Quel lavoro sporco che permette di dichiarare sempre alla asservita stampa moscovita che in varie nefandezze nel mondo il Cremlino ufficialmente “non c’entra”. Così è nato il decreto nel quale si imponeva a Wagner e compagnia bella di entrare a far parte dei ranghi dell’esercito regolare ove possibile. Una misura che si sarebbe tradotta in meno autonomia d’azione dei mercenari di stato, meno avventurieri alla Prigozhin al comando senza controlli come proconsoli con poteri illimitati, meno ricchezza e razzie per i mercenari. Prigozhin dopo settimane su settimane in cui ha mandato al macello migliaia dei suoi arruolati, ex carcerati compresi, non solo non ha potuto “passare all’incasso” ma correva il concreto rischio di essere spodestato dal trono di potente capitano di ventura fuori tempo. Ricordate la sua insistita polemica delle settimane scorse nei confronti di Ministero della Difesa e Stato Maggiore russi rei di non fornire in quantità adeguata munizioni alla Wagner impegnata a combattere in Ucraina? Ora ne capiamo il senso. Il capo della Wagner non vuole che la sua milizia diventi un reparto inquadrato nell’esercito russo (come in passato è avvenuto per i non meno famigerati ceceni di Kadyrov) e si ribella. Prima contestando a parole. Poi inscenando a favore di telecamere una “Marcia su Mosca” in autostrada per 600 chilometri il 24 giugno. Ma durante tutte le ore della Marcia la trattativa con il Cremlino va avanti. Finché Prigozhin “per non fare scorrere sangue russo” (sic!) in uno scontro armato di guerra civile si ferma a 200 chilometri dalla capitale e i suoi autocarri e blindati invertono la marcia tornando indietro. La gran parte dell’organico della Brigata Wagner, sottoscrivendo appositi contratti, entrerà nei ranghi dell’esercito russo. Il capo andrà a Minsk, in Bielorussia. All’inizio non si comprende a far cosa. In esilio? A supportare il presidente-dittatore Lukashenko? In Bielorussia in queste settimane Putin sta trasferendo missili balistici armati di testata atomica in funzione deterrenza antioccidentale. Del resto era questa la condizione posta da Putin ai mercenari della Wagner: o tornare a combattere in Ucraina però inquadrati nei ranghi dell’esercito regolare oppure traslocare in Bielorussia. A far cosa temiamo di comprenderlo e cercheremo di prospettarlo o almeno ipotizzarlo un po’ più avanti in queste pagine.

2.La trattativa e una soluzione ancora non del tutto chiara

Putin era stato informato qualche giorno prima di quanto bolliva in pentola dal FSB, il servizio segreto russo (ecco perché i sospettosi cronici si chiedono se per caso non siamo alle prese con un autogolpe…). E anche i servizi segreti americani sapevano da alcuni giorni dei propositi della Wagner. Ma non hanno diffuso la notizia contrariamente al voluto spiattellamento mediatico di notizie riservate che aveva preceduto le settimane che hanno poi portato all’attacco russo all’Ucraina del 24 febbraio 2022.
La trattativa ha avuto anche altri protagonisti oltre a Lukashenko. Ma l’inossidabile padrone della Bielorussia, salvato più volte da Putin, ora può prendersi il merito, del tutto esagerato, di aver salvato a sua volta Putin. Tra boss di questa risma si tratta di meriti importanti. Favori che si ripagano.
Al Cremlino, opportunamente, hanno lasciato fare in quelle ore concitate e con Mosca praticamente indifesa considerato che quasi tutti i reparti dell’esercito russo sono schierati in Ucraina. Meno male. Ha prevalso un po’ di buonsenso. Putin tre giorni dopo ha ringraziato in pompa magna l’esercito per avere “fermato una guerra civile, agito in modo corretto”. Anche un minimo scontro armato avrebbe potuto innescare conseguenze difficilmente prevedibili e fatto precipitare il paese nell’incubo o quanto meno in un clima di guerra civile. Si sarebbe sommata all’avventura sconsiderata in Ucraina. Da un azzardo a un doppio disastro. I pontieri di turno hanno fatto il resto. Intanto, per non sapere né leggere né scrivere, alla luce di quanto successo la Guardia nazionale russa che dipende direttamente dal Cremlino sarà rafforzata e dotata di carri armati e armi pesanti. Non si sa mai in futuro cosa potrebbe succedere.
Le cancellerie occidentali e, non meno, i palazzoni del potere in Cina tirano un sospiro di sollievo. Sai che gioia instabilità e il rischio di guerra civile nella superpotenza mondiale con il più elevato numero di bombe nucleari a disposizione. Perché se Putin è l’Hitler del XXI secolo quelli come Prigozhin non sarebbero i liberatori dalla tirannide ma nuovi e ancor più imprevedibili pericoli per l’umanità. In questa drammatica ma farsesca “Marcia su Mosca” quello che realmente preoccupa sono gli applausi a Progozhin degli abitanti delle città attraversate da Rostov sul Don in avanti. Da interpretare in modi antitetici: insofferenza manifesta verso il presidente Putin che ha trascinato la Russia nel disastro ucraino o piuttosto possibile desiderio di un uomo ancor “più forte” e “più vincente” di Putin al Cremlino al servizio del nazionalismo e dell’espansionismo russo? Uno dei tanti Prigozhin disponibili su piazza, a cominciare appunto dall’originale. Se prevalesse la seconda ipotesi sarebbe più che inquietante. Ma non consideriamola affatto una ipotesi assurda o irrealistica. Il nazionalismo e l’espansionismo in Russia hanno radici lontane e saldissime.
La mattina del 24 giugno Putin tiene un discorso di 5 minuti alla nazione. Non cita mai Prigozhin (del resto nei suoi violenti videosermoni il capo della Wagner non ha mai citato Putin, suo dante causa, e nei giorni seguenti, non appena ha ripreso a fare dichiarazioni, ha tenuto innanzitutto a precisare di non avercela con il Presidente) ma parla di “traditori”. Evidente a quel punto – non poteva essere altrimenti – che l’ex ufficialetto del KGB ora signore del Cremlino aveva scaricato Prigozhin e si schierava con il suo esercito regolare. Quanto ai mercenari, allarga il mantello, li mette dentro e li inquadra nelle forze armate russe. Oppure l’alternativa è andare ad acquartierarsi in Bielorussia, pronti ad intervenire all’occorrenza. Si era detto che la magistratura russa – la cui autonomia dal potere politico è pari a quella di un lattante di pochi mesi dalla madre – si impegnava a non perseguire penalmente Prigozhin e i suoi ufficiali per la Marcia su Mosca ma poi questa notizia è stata smentita. Infine ulteriore precisazione: il capo della Wagner rimane incriminato dalla Procura generale per insurrezione armata. Trattamento diverso per i miliziani: il FSB ha archiviato il procedimento penale nei loro confronti per ribellione armata rilevando che “i suoi partecipanti hanno interrotto le azioni direttamente volte a commettere l’ammutinamento”.
Piccolo dettaglio: nella perquisizione effettuata nella sede centrale della Wagner a San Pietroburgo vengono fuori riserve di denaro per un ammontare pari a 43 milioni di dollari. Soldi destinati alla paga dei 25.000 uomini (chissà se il numero è attendibile o gonfiato) della milizia mercenaria - fa sapere il cuoco di Putin diventato poi macellaio di Putin e infine (per ora) nemico di Putin. Mal per lui: di solito i nemici di Putin fanno una brutta fine, sono avvelenati con i materiali radioattivi più sofisticati oppure volano dalle finestre dei piani alti. I servizi segreti russi eredi del KGB, ossia il FSB, hanno grande esperienza in materia.

3.La Brigata Wagner in Bielorussia

Altri sostengono una ipotesi che sta sempre più prendendo corpo. La Wagner non solo con una parte dei suoi effettivi torna a combattere sul fronte orientale e sudorientale dell’Ucraina inquadrata nei ranghi dell’esercito ma un altro consistente gruppo di effettivi si stabilisce in Bielorussia dove è attualmente ospite-esule Prigozhin. Atterrato a Mink con il suo jet privato. Gente che può permetterseli i jet privati, visti i colossali guadagni. Fonti non sappiamo quanto attendibili parlano già della realizzazione in Bielorussia di una base per 8.000 uomini della Wagner rimasti fedeli al loro capo e di altre basi. “Prigozhin in Bielorussia porta esperienza” ha detto il presidente Lukashenko. L’immaginate quanto possano condividere questa affermazione gli oppositori del longevo padre-padrone di Minsk? Forse porta esperienza per puntellare il suo regime. La sensazione piuttosto è pari a quella che si avrebbe se uno si mette uno scorpione nel letto. La Wagner acquartierata in Bielorussia significa una spina nel fianco dei paesi Nato dell’Europa orientale e delle Repubbliche baltiche e potrebbe essere utilizzata per preparare un attacco da Nord all’Ucraina. Aprire cioè (o provare a riaprire) un secondo fronte oltre a quello est-sudest ucraino. Magari per ritentare il fallito attacco delle prime settimane del conflitto, nel marzo del 2022, a Kiev che dista poche centinaia di chilometri dal confine bielorusso.
Teniamo presente che la Wagner è dotata di carri armati, blindati, artiglieria, elicotteri e aerei da combattimento. Un arsenale completo. E comunque altro che retribuzione per i mercenari puoi pagare con l’equivalente di 43 milioni di dollari. Puoi compare armi e persone.
Ma come hanno vissuto il loro indimenticabile fine settimana di giugno i mercenari della Wagner? Reazioni molto contrastanti. Vanno da chi si è infuriato per la decisione di fermare la Marcia su Mosca ad altri che l’hanno considerata “una rivolta insensata”. Fino a sfoghi al vetriolo sugli immancabili social del tipo “Il dannato pelato (Prigozhin, n.d.r.) ha distrutto la Wagner con le sue stesse mani. E ha fregato tutti quelli che poteva”.

4.Ma in Africa la Wagner ha sempre carta bianca

In tanti si ponevano una domanda: che fine faranno gli asset politico-militari-affaristici dei mercenari Wagner fuori dalla Russia per conto della madrepatria? La risposta è prontamente arrivata dalla sfinge Serghei Lavrov, Ministro degli Esteri russo. Ha chiarito che tutto continua come prima in Africa. La Wagner deve considerarsi una specie di multinazionale del potere al servizio del Cremlino con tutti i metodi illeciti possibili. Per intenderci: gli uomini della brigata mercenaria - che vanno di solito a volto coperto con un fazzoletto stile rapine dei film western – hanno imperversato soprattutto nei paesi dell’Africa centrale subsahariana ex colonie francesi. In un mix incontrollato di azioni di guerra, piani di colpi di stato e soprattutto soldi e affari sporchi. Prima sfruttando i vuoti di potere e le lotte intestine tra clan, tribù, gruppi politici, dittatori corrotti e corruttibili e aspiranti dittatori, infiltrandosi nelle guerre civili e nelle aree dove maramaldeggiavano gruppi terroristici islamici e jihadisti. Eliminando o comunque ridimensionando questi ultimi. Ma poi – spiega un rapporto riservato americano del Pentagono dello scorso aprile – sono diventati essi stessi “in grado di provocare l’instabilità organizzando colpi di stato e rivoluzioni”. Con due obiettivi: 1) impossessarsi delle materie prime (minerali preziosi, terre rare, minerali radioattivi altrettanto rari per la realizzazione di armi nucleari); 2) costituire una rete di paesi ostili all’Occidente e legati alla Russia, nel solco del radicato anticolonialismo in paesi per secoli sfruttati dalle potenze coloniali europee.
A trattative chiuse e retromarcia della Wagner la sera del 24 tutti a chiedersi nel mondo come Putin esce da questa prova. Salvato? Rafforzato? Indebolito? A nostro avviso si tratta di una vittoria di Pirro. Tiene il trono ma le crepe in un sistema di potere che sembrava monolitico aumentano giorno dopo giorno. Vistosamente. Man mano che la “sua” guerra in Ucraina si mangia vite a migliaia di soldati russi e rubli a miliardi del bilancio statale. Non lasciamoci impressionare dal rischio che Putin perda le elezioni presidenziali del prossimo anno. Le vincerà comunque. Con il voto massiccio, più o meno plebiscitario, dei russi refrattari alla vera democrazia. Anche perché la sconoscono e si accontentano, anzi se li tengono ben stretti, di regimi e di autarchie. O le vincerà ricorrendo a brogli. E in ogni caso: dove è l’opposizione? Dove è l’alternativa? Terra bruciata. In carcere o in esilio qualche esponente più noto. Peraltro l’opposizione a Putin potrebbe essere ancora più oltranzista, militarista e avventuriera dello stesso presidente in carica. Il ricambio può avvenire solo per morte (più o meno naturale) o per una congiura di palazzo dei suoi attuali fedeli. Se è ricambio questo…
Dalla padella alla brace. In Russia esiste persino di peggio di Putin, è tutto dire.
È durato poche ore il sogno del popolo ucraino nella giornata del 24 di un sommovimento interno in Russia in grado di indebolirla, spazzare il regime al comando, invertire le sorti della guerra, consentire all’esercito ucraino di riprendersi tutti i territori originariamente entro i confini riconosciuti del paese. Pura utopia. La guerra continua. Con o senza il “cuoco di Putin”.
 di Pino Scorciapino

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