Vito Lo Monaco, ottanta anni: “Sveglia presto per la democrazia”
Politica | 18 febbraio 2024
«Adesso tocca a voi». Questa l’esortazione di Vito Lo Monaco, presidente emerito del Centro studi “Pio La Torre”, in occasione dei suoi ottanta anni. Un ammonimento che riassume il suo lungo cammino all’insegna dell’impegno sociale totalizzante. Un rimando declinato al positivo, perché “Adesso tocca a noi” fu il monito estremo di Pio La Torre. L’infaticabile Vito Lo Monaco rivolge dunque alle nuove generazioni l’invito alla partecipazione attiva. Una sorta di passaggio di testimone rivoluzionario in un Paese dove nessuno esce mai di scena, per dirla con le parole di Claudio Magris.
Un’esistenza dedicata alla politica quella di Vito Lo Monaco. Anche se lui tiene sempre a sottolineare che la sua è stata una vita vissuta per la politica ma non di politica. Una lunga marcia intrapresa dai banchi del liceo palermitano “Meli”, mitico istituto scolastico che aveva fatto da naturale scenario al Movimento studentesco degli anni Sessanta. Nel 1963 il giovane Vito, folgorato dalla passione politica, decise di iscriversi al Partico comunista italiano. Fu lui a inaugurare la prima sezione del Pci a Casteldaccia, dedicandola alla memoria di Andrea Raia, prima vittima comunista di un agguato mafioso. Pio La Torre notò questo giovane dirigente e lo nominò responsabile di zona, prima a Partinico e poi responsabile del territorio delle Madonie. Fino a giungere alla nomina di segretario della Federazione di Caltanissetta e membro della segreteria regionale del partito. Anni nel corso dei quali ha avuto modo di stringere rapporti di amicizia con personaggi destinati a scrivere pagine centrali della storia italiana. Come Giorgio Napolitano che lo chiamò a dirigere la Federazione del Pci di Siracusa. Episodio che suscita sempre un moto di ilarità in Vito Lo Monaco, il quale ricorda di aver avuto l’ardire di declinare l’invito rivolto dal futuro presidente della Repubblica. Diniego disinnescata immediatamente dal buon Napolitano, il quale pensò bene di fare ricorso a Enrico Berlinguer, segretario nazionale del Pci al cospetto del quale Vito Lo Monaco non osò opporre resistenza. Fu così che il giovane funzionario siciliano si ritrovò alla guida della Federazione provinciale siciliana più calda, quella di Siracusa, e del suo polo industriale.
Nel 1971 la svolta. Il suo impegno si spostò dalla politica attiva all’impegno sindacale. Fu tra i protagonisti del nascente Movimento unitario dei braccianti agricoli siciliani. Fino a giungere alla guida della segreteria regionale della stessa organizzazione sindacale. Anni di impegno all’insegna della modernizzazione del comparto agricolo, da sempre luogo di angherie dei latifondisti e dei mafiosi. Quella di Vito Lo Monaco è stata una rappresentanza sociale intesa come partecipazione democratica costante. È stato questo il senso del suo inesauribile impegno. Allo stesso tempo non si è mai arrestata in lui l’energia profusa nella lotta contro il fenomeno mafioso e la denuncia esplicita e coraggiosa della vigliacca contiguità politica. «Non c’è mafia senza politica», questo uno dei suoi assunti consolidati, convinto che non esisterebbero queste manifestazioni malavitose organizzate senza che esse possano avvalersi della compiacenza di certa politica. Il 26 febbraio del 1983 segna la prima manifestazione antimafia che lo vede impegnato con il parroco don Cosimo Scordato. La prima marcia Bagheria-Casteldaccia per liberare dal giogo mafioso il territorio alle porte di Palermo denominato “Triangolo della morte”. Il maggio del 1986 è la data di fondazione del Centro studi dedicato alla memoria di Pio La Torre. Una data che segna un nuovo percorso per Vito Lo Monaco, quello dell’impegno a favore delle nuove generazioni e della loro formazione democratica. Dunque tre fasi segnano il suo lungo percorso civile. Tre tappe accomunate da una cifra simbolica. Venti anni di impegno politico attivo nei territori, venti anni di attività sindacale e venti anni di impegno nel volontariato.
Il mio primo incontro con Vito Lo Monaco è legato al giorno dell’agguato a Pio La Torre. Era la mattina del 30 aprile 1982. Frequentavo la facoltà di Ingegneria, nell’atrio della facoltà erano stati affissi dei fogli di quaderno a quadretti, al centro la scritta: “Hanno ucciso Pio La Torre”. Con un gruppo di amici decidemmo di raggiungere la sede del Partito comunista in corso Calatafimi. Una scossa elettrica sembrava attraversare le strade di Palermo. La polizia impediva di proseguire proprio all’altezza di piazza Turba, luogo dell’agguato. Riuscimmo comunque a guadagnare l’atrio del palazzo settecentesco sede regionale del Pci siciliano. La corte era presidiata dal mitico compagno Rosolino Cottone che ci lasciò passare. Lo scalone centrale conduceva a un ampio salone sul quale troneggiava una batteria di telefoni tutti impegnati. Una folla vociante e un frastuono assordante. Vito Lo Monaco, che era stato il primo ad accorrere sul luogo dell’agguato, impartiva direttive continuando a passare la mano tra i capelli, in un gesto convulso, ripetuto. Nel corso di quelle ore frenetiche si diede forma al funerale di Pio La Torre. Avvenimento che radunò in piazza Politeama, la calda domenica del 2 maggio, più di 100 mila persone giunte a Palermo da tutta la Sicilia. “Una Palermo rossa di bandiere”, scrisse Attilio Bolzoni su “La Repubblica”.
Questo è il mio primo ricordo di Vito Lo Monaco, quello di un formidabile responsabile dell’organizzazione di inesorabile e lucida efficienza. Una capacità organizzativa che ho avuto modo di ammirare nel corso di tutti questi anni. Vito Lo Monaco è un autentico personaggio, di quelli che hanno reso celebre il carattere dei siciliani. Tanto cocciuto e determinato quanto altruista e generoso. Essenziale, diretto, privo di untuose diplomazie linguistiche. Unico cedimento socialdemocratico, solo nelle grandi occasioni, il ricorso a un foulard marrone damascato, rimando a una eleganza d’antan. Riversa una straordinaria attenzione per il mondo della cultura. Grazie al suo rapporto di amicizia, il Centro studi “Pio La Torre” è riuscito a intrecciare rapporto di collaborazione con grandi intellettuali e artisti. In particolar modo con lo scrittore Vincenzo Consolo che ha voluto far dono al Centro della sua opera teatrale “Orgoglio di Sicilia”, dedicata alla memoria di La Torre. La stessa attenzione che condusse al varo del magazine “Asud’europa”, il periodico fondato da un grande intellettuale, un personaggio altrettanto singolare e formidabile, il giornalista Angelo Meli, scomparso di recente. Il vero capolavoro organizzativo di Lo Monaco è stato il progetto educativo antimafia. Un progetto che vede coinvolte centinaia di istituzioni scolastiche sparse per tutta la penisola. Un progetto complesso, innovativo nel quale Vito Lo Monaco ha messo a frutto tutto il suo trascorso di formidabile organizzatore e motivatore coinvolgente. Sottovoce, tutti quelli che hanno collaborato con lui confidano di essere stati vittima della mitica “ripassata” di Vito. Quando, all’alba del giorno fissato per una delle tante manifestazioni, tutti abbiamo ricevuto la telefonata di Vito. Quella che ci chiede se tutto procede come convenuto. aggiungendo con un tono beffardo la mitica frase: “La democrazia va difesa ogni giorno, alzandosi presto al mattino”.
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