Trionfo del centrodestra o sconfitta del centrosinistra: sindaco è chi sa amministrare
Politica | 30 maggio 2023
Ricchissimi i commenti sulle elezioni comunali del 28 e 29 maggio (primo turno in Sicilia, ballottaggi nel resto d'Italia) e prevalentemente concentrati sull'evidente sconfitta del centrosinistra. Attribuita dagli uni alle doti politiche della premier Giorgia Meloni e della litigiosa coalizione che riesce a tener insieme; dagli altri al “vento di destra” che spira su tutta Europa mettendo insieme in un solo filotto la Grecia della sconfitta di Tsipras, la riconferma alle urne dell'autocrate Erdogan, la sconfitta delle sinistre spagnole alle elezioni comunali e delle Comunità autonome e così via in un crescendo di autoflagellazione.
Vabbè, se vai appena a scavare nella notizia, trovi che a fronte della caduta di Syriza, coalizione della sinistra radicale, al 20% il Pasok, partito socialista greco dato per defunto, è tornato oltre il 10% dei consensi e che il PSOE ha subito solo una lieve flessione dei propri voti mentre la conquista da parte dell'alleanza Popolari- Estrema destra di Vox è stata provocata in gran parte dal crollo di Podemos e dalle difficoltà organizzative della piattaforma Sumar della vicepresidente del governo e ministro del lavoro Yolanda Diaz. Tanto che, secondo diversi osservatori, la partita delle elezioni generali anticipate al 23 luglio che Pedro Sanchez ha voluto coraggiosamente giocare è assai dura ma non persa in partenza.
Capisco tuttavia che nel dibattito politico italiano, quanto mai avvitato su prospettive di breve e brevissimo termine, ragionare di queste cose significa confrontarsi con la complessità di una situazione gravida di contraddizioni nell'intera Europa, dove certamente è visibile una spinta a destra di molti elettorati, ma non (almeno non ancora) in termini irreversibili: il momento decisivo di verifica saranno le elezioni europee del giugno 2024 per le quali la campagna propagandistica si è sostanzialmente aperta. Tuttavia capisco che immaginare l'avversario straordinariamente forte è consolatorio: quindici giorni fa, secondo i titoli di prima pagina di alcuni quotidiani, l'ondata di destra si era fermata; ora si sarebbe scatenata in modo irrefrenabile in tutto il vecchio Continente. E meno male che manca ancora un anno e mezzo alle elezioni statunitensi!
Avanti allora con con quanto conforta il dolore.
A Catania una coalizione che rappresentava tutti i partiti al governo del Paese ha faticato a trovare la quadra interna ma ha vinto a man bassa mettendo in campo liste capaci di pescare in tutti gli strati della società e che hanno esaltato il ruolo degli antichi depositari dei pacchetti di voti (le due liste di Raffaele Lombardo pare abbiano superato anche FdI). Perbacco: Catania è sempre stata una città di destra, anzi di estrema destra. Certo, la destra missina nella città etnea ha radici profonde (chi si ricorda le elezioni del 1974?) ma le quattro vittoriose sindacature di un leader di centrosinistra come Enzo Bianco sono state votate dai catanesi non dai marziani! Siamo seri, nella città etnea si è perso perchè da anni le forze progressiste, in tutte le loro espressioni, non hanno radicamento sociale; non lo hanno nei quartieri popolari ma nemmeno nella ZTL. Invece di allargare il consenso rischiando e mettendo in campo forze nuove capaci di rompere l'autoreferenzialità, si è preferito governare i propri equilibri interni. Maurizio Caserta è persona per bene e stimabilissima; messo a capo di una coalizione debole non poteva compiere- e non ha compiuto- miracoli.
Non va neanche sopravvalutata la compattezza del destracentro: a Ragusa il riconfermato sindaco Peppe Cassì ha rotto con i partiti di riferimento ed ha vinto contro il candidato di centrodestra. Lo sfidante di centrosinistra si ferma poco sopra il 18%. A Siracusa, in una situazione in cui si sono spaccati sia il centrodestra che renziani e calendiani, la giovane e brillante candidata del “campo largo” Renata Giunta non arriva al ballottaggio e si ferma al 19,43%. Per capire le motivazioni profonde della debacle delle forze progressiste in un turno elettorale che ha teoricamente impegnato circa dieci milioni di cittadini ma ne ha visto presentarsi alle urne solo la metà, forse conviene ragionare “a contrario”.
Capire perchè si è vinto nei non molti luoghi in cui si sono stati eletti sindaci di centrosinistra. Due casi: uno, Vicenza, di rilievo nazionale, l'altro, Trapani, di cui poco si è parlato. Il giovane sindaco della città veneta, Giacomo Possamai, ha dichiarato di aver fatto una campagna sul territorio, “senza trasformare la scelta in una partita nazionale. Si è costruita una coalizione larga sui temi della città, individuando le cose che ci univano. Ai vicentini interessa sentir parlare di Vicenza e delle proposte su Vicenza.” A Trapani un pezzo del PD ha consumato un tentativo di suicidio (purtroppo non nuovo nelle logiche di quel partito in alcuni territori) candidando contro il sindaco uscente l'ex segretario cittadino dei democratici. L'accusa principale nei confronti di Giacomo Tranchida riguardava il rapporto con Mimmo Turano, esponente della Lega ed assessore regionale. La cronaca dice, in realtà , che nel 2018 Tranchida era stato eletto con il 70% dei voti da una coalizione in cui erano presenti nove liste civiche di centrosinistra e una lista civica leghista; ed in quell'occasione nessuno nel PD aveva profferito verbo. Il candidato dell'alleanza tra i dissidenti del PD (anch'essi senza simbolo), M5S e Sud chiama Nord di Cateno De Luca si è fermato a circa il 16%; il candidato del destracentro al 37%. Tranchida ha vinto con poco più del 42%, evitando il ballottaggio dopo un lungo pomeriggio di incertezza. Il senso politico di un'operazione che ha rischiato di consegnare Trapani al destracentro resta, a me mediocre osservatore dei fatti politici, del tutto oscuro.
E' assolutamente chiaro invece che, con la legge elettorale attuale, diventano sindaci i candidati che hanno un forte legame con il territorio e sono capaci di creare coalizioni larghe su programmi credibili per la cittadine e i cittadini che vanno a votare. Non si dimentichi che tale è stato il segno politico della grande stagione dei progressisti nelle grandi città, da Leoluca Orlando, a Beppe Sala e via così continuando. Per chiudere, non si può dimenticare uno che la passione del sindaco l'ha nel sangue: Cateno De Luca, l'effervescente leader di Sud chiama Nord, che fu il vero competitor di Renato Schifani alle ultime Regionali, ha conquistato Taormina con il 63,5% contro l'uscente Mario Bolognari. Aspettiamoci su questo versante sorprese per le prossime elezioni del Parlamento Europeo.
di Franco Garufi
Vabbè, se vai appena a scavare nella notizia, trovi che a fronte della caduta di Syriza, coalizione della sinistra radicale, al 20% il Pasok, partito socialista greco dato per defunto, è tornato oltre il 10% dei consensi e che il PSOE ha subito solo una lieve flessione dei propri voti mentre la conquista da parte dell'alleanza Popolari- Estrema destra di Vox è stata provocata in gran parte dal crollo di Podemos e dalle difficoltà organizzative della piattaforma Sumar della vicepresidente del governo e ministro del lavoro Yolanda Diaz. Tanto che, secondo diversi osservatori, la partita delle elezioni generali anticipate al 23 luglio che Pedro Sanchez ha voluto coraggiosamente giocare è assai dura ma non persa in partenza.
Capisco tuttavia che nel dibattito politico italiano, quanto mai avvitato su prospettive di breve e brevissimo termine, ragionare di queste cose significa confrontarsi con la complessità di una situazione gravida di contraddizioni nell'intera Europa, dove certamente è visibile una spinta a destra di molti elettorati, ma non (almeno non ancora) in termini irreversibili: il momento decisivo di verifica saranno le elezioni europee del giugno 2024 per le quali la campagna propagandistica si è sostanzialmente aperta. Tuttavia capisco che immaginare l'avversario straordinariamente forte è consolatorio: quindici giorni fa, secondo i titoli di prima pagina di alcuni quotidiani, l'ondata di destra si era fermata; ora si sarebbe scatenata in modo irrefrenabile in tutto il vecchio Continente. E meno male che manca ancora un anno e mezzo alle elezioni statunitensi!
Avanti allora con con quanto conforta il dolore.
A Catania una coalizione che rappresentava tutti i partiti al governo del Paese ha faticato a trovare la quadra interna ma ha vinto a man bassa mettendo in campo liste capaci di pescare in tutti gli strati della società e che hanno esaltato il ruolo degli antichi depositari dei pacchetti di voti (le due liste di Raffaele Lombardo pare abbiano superato anche FdI). Perbacco: Catania è sempre stata una città di destra, anzi di estrema destra. Certo, la destra missina nella città etnea ha radici profonde (chi si ricorda le elezioni del 1974?) ma le quattro vittoriose sindacature di un leader di centrosinistra come Enzo Bianco sono state votate dai catanesi non dai marziani! Siamo seri, nella città etnea si è perso perchè da anni le forze progressiste, in tutte le loro espressioni, non hanno radicamento sociale; non lo hanno nei quartieri popolari ma nemmeno nella ZTL. Invece di allargare il consenso rischiando e mettendo in campo forze nuove capaci di rompere l'autoreferenzialità, si è preferito governare i propri equilibri interni. Maurizio Caserta è persona per bene e stimabilissima; messo a capo di una coalizione debole non poteva compiere- e non ha compiuto- miracoli.
Non va neanche sopravvalutata la compattezza del destracentro: a Ragusa il riconfermato sindaco Peppe Cassì ha rotto con i partiti di riferimento ed ha vinto contro il candidato di centrodestra. Lo sfidante di centrosinistra si ferma poco sopra il 18%. A Siracusa, in una situazione in cui si sono spaccati sia il centrodestra che renziani e calendiani, la giovane e brillante candidata del “campo largo” Renata Giunta non arriva al ballottaggio e si ferma al 19,43%. Per capire le motivazioni profonde della debacle delle forze progressiste in un turno elettorale che ha teoricamente impegnato circa dieci milioni di cittadini ma ne ha visto presentarsi alle urne solo la metà, forse conviene ragionare “a contrario”.
Capire perchè si è vinto nei non molti luoghi in cui si sono stati eletti sindaci di centrosinistra. Due casi: uno, Vicenza, di rilievo nazionale, l'altro, Trapani, di cui poco si è parlato. Il giovane sindaco della città veneta, Giacomo Possamai, ha dichiarato di aver fatto una campagna sul territorio, “senza trasformare la scelta in una partita nazionale. Si è costruita una coalizione larga sui temi della città, individuando le cose che ci univano. Ai vicentini interessa sentir parlare di Vicenza e delle proposte su Vicenza.” A Trapani un pezzo del PD ha consumato un tentativo di suicidio (purtroppo non nuovo nelle logiche di quel partito in alcuni territori) candidando contro il sindaco uscente l'ex segretario cittadino dei democratici. L'accusa principale nei confronti di Giacomo Tranchida riguardava il rapporto con Mimmo Turano, esponente della Lega ed assessore regionale. La cronaca dice, in realtà , che nel 2018 Tranchida era stato eletto con il 70% dei voti da una coalizione in cui erano presenti nove liste civiche di centrosinistra e una lista civica leghista; ed in quell'occasione nessuno nel PD aveva profferito verbo. Il candidato dell'alleanza tra i dissidenti del PD (anch'essi senza simbolo), M5S e Sud chiama Nord di Cateno De Luca si è fermato a circa il 16%; il candidato del destracentro al 37%. Tranchida ha vinto con poco più del 42%, evitando il ballottaggio dopo un lungo pomeriggio di incertezza. Il senso politico di un'operazione che ha rischiato di consegnare Trapani al destracentro resta, a me mediocre osservatore dei fatti politici, del tutto oscuro.
E' assolutamente chiaro invece che, con la legge elettorale attuale, diventano sindaci i candidati che hanno un forte legame con il territorio e sono capaci di creare coalizioni larghe su programmi credibili per la cittadine e i cittadini che vanno a votare. Non si dimentichi che tale è stato il segno politico della grande stagione dei progressisti nelle grandi città, da Leoluca Orlando, a Beppe Sala e via così continuando. Per chiudere, non si può dimenticare uno che la passione del sindaco l'ha nel sangue: Cateno De Luca, l'effervescente leader di Sud chiama Nord, che fu il vero competitor di Renato Schifani alle ultime Regionali, ha conquistato Taormina con il 63,5% contro l'uscente Mario Bolognari. Aspettiamoci su questo versante sorprese per le prossime elezioni del Parlamento Europeo.
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