"Succede in guerra", i morti nascosti e i morti per sbaglio nei mattatoi di Ucraina e Gaza

L'analisi | 27 maggio 2024
Condividi su WhatsApp Twitter
Analizzeremo i numeri dei due più sanguinosi mattatoi del mondo in questa fase storica: Ucraina e Gaza. Vittime, stime e calcoli, affidabilità, versioni, propaganda che rende attendibili o inattendibili i dati. Con una premessa: il 20 maggio la Camera Preliminare della Corte Penale Internazionale dell’Aia ha richiesto il mandato di arresto per il premier israeliano Netanyahu e per il ministro della Difesa Gallant per crimini di guerra a Gaza. Richiesta di arresto anche per i capi di Hamas Sinwar, Deif, Haniyeh per gli eccidi e gli stupri in Israele del 7 ottobre. Il mandato di arresto per crimini di guerra in Ucraina per Putin era stato spiccato il 17 marzo 2023. Provvedimenti sacrosanti.
A ventisette mesi dall’avvio della “operazione speciale” russa, l’esercito ucraino – meno armato e soprattutto meno numeroso delle truppe dell’invasore russo – è sull’orlo del baratro. In gravissime difficoltà, arretra, perde terreno sotto i colpi della poderosa macchina bellica moscovita. Si è tentato di quantificare le vittime soprattutto nella ricorrenza dei due anni del conflitto, a fine febbraio 2024. Principale dato emerso: impossibile sapere quanti soldati sono stati uccisi. Sia Mosca che Kiev non hanno mai pubblicato dati ufficiali. L'unica cifra affidabile è quella dei civili ucraini uccisi: oltre diecimila persone, di cui 575 minori. I civili feriti sono più di ventimila. E i militari? Scrive Kevin Carboni (“Quanti civili e militari sono morti a causa dell’invasione russa dell’Ucraina” in “Wired Italia”, 23 febbraio 2024): “La stima più affidabile relativa ai militari ucraini uccisi dalla Russia è stata fornita dall’organizzazione indipendente “Book of memory”, che monitora i crimini di guerra compiuti dalle truppe di Mosca e il numero di vittime ucraine causate dall’invasione. I ricercatori hanno verificato la scomparsa di 15mila soldati, ma il numero reale potrebbe superare le 30mila persone su una forza militare complessiva di circa 815 mila unità secondo il Military Media Center ucraino e il Global Firepower Index. I feriti, secondo il Wall Street Journal, sono circa 100 mila”.
Le perdite russe. “La narrativa diffusa dai media controllati dal Cremlino – continua Carboni - si impegna a far passare il messaggio che Mosca non stia praticamente subendo perdite tra le sue fila (…). In realtà, spiega The Economist, Kyiv è riuscita a riconquistare circa la metà dei territori occupati nelle prime fasi dell’invasione, mentre la Russia ha dimostrato di usare i suoi soldati come carne da macello per le sue offensive, inviando ondate su ondate di uomini a morire, per fare pressione sulle difese ucraine e conquistare piccole parti di territorio. Tra ottobre 2023 e febbraio 2024, più di 6mila soldati russi sono morti per conquistare la piccola città di Adviika, nella regione del Donetsk, una delle aree da tempo contese dalla Russia all'Ucraina attraverso movimenti separatisti (…). Oltre a questi, la BBC ha verificato almeno altre 29 mila morti dal 24 febbraio 2022, per un totale di 45 mila soldati. Tuttavia, il ministero della difesa del Regno Unito sostiene che le morti effettive siano almeno 60 mila, si legge sempre sul Wall Street Journal, mentre per il ministero della Difesa degli Stati Uniti il numero totale di morti e feriti tra i soldati russi dovrebbe essere di almeno 315 mila su 617 mila militari attivi in Ucraina e una forza militare complessiva di 1,3 milioni di unità, come sostenuto dal leader russo Vladimir Putin in una dichiarazione riportata dalla BBC. (…) Il giornale indipendente Moscow Times ha stimato che i civili russi morti a causa dell’invasione dell’Ucraina siano 79, di cui la gran parte nella regione di confine di Belgorod”. 

Le sofferenze dei bambini 

Sulle sofferenze dei civili in Ucraina, in particolare dei bambini, si sofferma “Save the Children” (“Due anni di guerra in Ucraina: 42 vittime al giorno”, Save the Children Italia”, 23 febbraio 2024): “Circa 4 milioni di persone sono ancora sfollate all'interno dell'Ucraina e più di 5,9 milioni sono state costrette a fuggire nei Paesi vicini. Molti sfollati faticano a integrarsi nelle loro nuove comunità, dove è difficile trovare lavoro e alloggio. Le donne rappresentano il 58% degli sfollati interni e hanno più probabilità degli uomini di essere disoccupate e di dipendere dagli aiuti umanitari. In Ucraina, sono 630 mila i bambini sfollati che sono tornati a casa e vivono in condizioni di estremo bisogno, tra pericoli, distruzione e povertà. Quando i bambini fuggono a causa delle guerre perdono tutto (…)”.
Altri dati riguardanti attacchi alle infrastrutture civili: “Dall’inizio dell’invasione si sono verificati oltre 2.600 attacchi contro ospedali, scuole o altre infrastrutture civili”. (Davide Maria De Luca “Due anni di conflitto in Ucraina, ecco quanto è costato il conflitto” in “Il Domani”, 24 febbraio 2024). De Luca abbozza anche una stima ragionata del numero di vittime in uniforme: “Le ricerche indipendenti, però, aiutano a farci un’idea. Il progetto ucraino UA Losses, è riuscito a individuare almeno 42.125 soldati ucraini uccisi in combattimento, con nome e cognome. Un numero molto simile di militari uccisi, 45mila soldati russi con nome e cognome, è stato identificato da BBC Russia e dal sito indipendente Mediazona.
Le perdite reali subite dai due eserciti sono probabilmente molto più alte. Il doppio o più per quanto riguarda i morti, forse quattro volte tanti per quanto riguarda i feriti. Chi sono queste vittime? Scrive Simona Ciaramitaro (“Ucraina: morti, feriti e i traumi della guerra” in “Collettiva”, 24 febbraio 2024): “Più dell'87% dei morti, ovvero 9.241, sono vittime di armi esplosive, mentre molti hanno subìto conseguenze che hanno drammaticamente cambiato le loro vite, come la perdita di arti o della vista. Si ritiene che il numero sia ampiamente sottostimato. (…) La coordinatrice dei programmi umanitari di Action Aid, Kirsten Sutherland, pronuncia parole chiare. Lo stato della salute mentale in Ucraina è disastroso. Le esigenze della popolazione, in particolare l'accesso a consulenze e terapie dei gruppi più vulnerabili, come la comunità Lgbtqi+, devono essere affrontati con urgenza. Ma l'unico modo per garantire che gli ucraini, soprattutto i giovani, possano vivere in pace e sicurezza e possano accedere al sostegno di cui hanno bisogno per riprendersi è la fine della guerra".
Concludiamo questa ricognizione con il riepilogo che il 26 febbraio 2024 su “La Svolta” fa Chiara Manetti (“Guerra Ucraina: quanti soldati sono morti?”): “Secondo il presidente ucraino Zelensky i morti tra le fila dell’esercito ucraino sarebbero 31.000, ma i funzionari statunitensi parlano di circa 70.000. I militari russi caduti in questi due anni di guerra sarebbero circa 75.000 secondo i calcoli del sito di news indipendente Meduza: le perdite di Mosca si aggirerebbero intorno a 120 soldati morti al giorno, e il tasso non accenna a rallentare. (…)
Secondo il New York Times il conteggio di Zelensky non può essere verificato in modo indipendente, ma differisce in modo netto dalle stime dei funzionari statunitensi, che l’estate scorsa contavano circa 70.000 morti e tra i 100.000 e i 120.000 feriti tra i circa 500.000 soldati totali ucraini, che includono truppe in servizio attivo, di riserva e paramilitari. (…) Un rapporto dell’intelligence statunitense di metà dicembre 2023 stimava che la guerra fosse costata alla Russia circa 315.000 morti e feriti tra le fila dell’esercito, ovvero quasi il 90% del totale di cui disponeva all’inizio del conflitto. Una nuova indagine congiunta del quotidiano russo indipendente Mediazona e del sito indipendente con sede in Lettonia Meduza ha stimato che finora sarebbero morti circa 75.000 soldati russi. Significa circa 120 perdite al giorno (…). Le due piattaforme hanno basato i calcoli “sui dati del Registro dei casi di eredità della Russia, sui registri del Servizio statistico federale e sull’elenco dei soldati uccisi confermati compilato da volontari e giornalisti di Mediazona e Bbc Russian”, aggiornando i dati del 2023. “Questa non è una cifra esatta ma una stima statistica: il valore più probabile rimane all’interno di un intervallo certamente ampio, compreso tra 66.000 e 88.000”, spiegano su Meduza.
Insomma, per ricorrere all’espressione della BBC, “un vero e proprio tritacarne”. Dato più recente: dal 12 al 19 maggio i russi avrebbero perso 10.000 uomini secondo il comandante delle forze di terra di Kiev. 

Mattatoio Gaza 

I massacri in Medio Oriente. Per cominciare i numeri del pogrom di Hamas, il più efferato eccidio e rapimento di ebrei dalla chiusura dei forni crematoi nazisti del 1945. Nella bestiale caccia a domicilio all’ebreo del 7 ottobre uccisi più di 1.200 israeliani di tutte le età: 859 civili, 278 soldati (secondo altre fonti 307), 57 poliziotti e componenti delle forze dell’ordine. I rapiti 240, di cui 33 minori, portati nelle gallerie del sottosuolo di Gaza. Tra israeliani con doppio passaporto e immigrati per lavoro in Israele gente di circa quaranta nazionalità. In prevalenza da Stati Uniti, Tailandia, Germania, Regno Unito, Francia. Dal 7 ottobre al 12 maggio Israele conta 1520 morti tra civili e militari. Soffermiamoci sui secondi. Dall’inizio dell’offensiva di terra israeliana a Gaza, il 27 ottobre, al 15 maggio sono stati uccisi 278 soldati israeliani. Oltre millecinquecento sono stati feriti.
E ora i numeri del massacro di palestinesi. Le autorità sanitarie di Gaza il 12 maggio 2024 forniscono un aggiornamento: 35.034 morti nella Striscia, di cui 15.000 bambini, e 78.755 feriti. Numeri raccapriccianti.
Quanto sono affidabili i dati del “Ministero della Salute della Striscia di Gaza”? Ricorriamo a un contributo de “Il Post” che risale alle prime settimane della risposta-vendetta di Netanyahu, quando si era ancora fermi a 6.747 uccisi. (“Ci si può fidare del numero dei morti diffuso dal ministero della Salute della Striscia?” in “Il Post”, 27 ottobre 2023): “I numeri (…) non possono essere verificati in maniera indipendente (…). Nella guerra del 2008 il ministero disse che erano morti 1.440 palestinesi e l’Onu, in seguito, confermò che i morti erano stati 1.385. Nella guerra del 2014 il ministero contò 2.310 morti e l’Onu 2.251. (…) Il conteggio dei morti fatto dal ministero della Salute non distingue tra civili e miliziani di Hamas e non specifica in che modo siano state uccise le persone, se a causa dei bombardamenti israeliani o se a causa, per esempio, di razzi di Hamas caduti all’interno della Striscia (cosa che avviene relativamente di frequente). (…) In alcuni casi nel corso di questa guerra le stime fatte dalle autorità di Gaza si sono rivelate esagerate, almeno nelle loro versioni preliminari. Il caso più notevole è quello dell’ospedale al Ahli di Gaza (…). Le autorità di Gaza dissero che a provocare l’esplosione era stato un missile israeliano, mentre ormai c’è un certo accordo sul fatto che sia stato un razzo palestinese caduto per sbaglio nella Striscia.
Poco dopo l’esplosione Hamas fece sapere che i morti erano stati tra i 500 e gli 833. La stima dei 500 morti, in particolare, fu ripresa da quasi tutti i giornali del mondo. In seguito il ministero della Salute si corresse e parlò di 471 morti. Molti governi internazionali, però, ritengono che questa stima sia comunque esagerata. L’intelligence statunitense ha stimato che i morti siano stati tra i 100 e i 300, anche se ha ammesso che fare un conteggio preciso è estremamente difficile”.
Commenta Paolo Mossetti su “Wired Italia” il 4 novembre 2023 (“Ci si può fidare dei numeri di Hamas sulle vittime di Gaza?”): “(…) Alcuni sostengono che le cifre riflettono un lavoro accurato da parte dei medici sul campo, e altri invece li ritengono politicizzati o influenzati da Hamas. (…)
Due studiosi, Michael Spagat e Daniel Silverman, rispettivamente economista della Royal Holloway University di Londra e politologo della Carnegie Mellon University di Pittsburg, specializzati nel conteggio dei morti nelle guerre, hanno affrontato i dati per capire cosa dicono su chi è stato ucciso. Hanno ottenuto così dal ministero della Salute di Gaza, l'organo ufficiale responsabile di quei dati e di fatto emanazione di Hamas, un documento senza precedenti che elenca il nome, il numero di identificazione, il sesso e l'età di ciascuna delle vittime registrate fino a quel momento.
I due ricercatori li hanno trovati coerenti con quelli forniti da un progetto di censimento alternativo, condotto dall'organizzazione israeliana per i diritti umani B'tselem. (…) In poche parole i dati di Hamas nei conflitti precedenti con Israele si sono dimostrati affidabili, ed è probabile che lo siano anche stavolta. (…) Cruciale è anche la proporzione tra civili e combattenti. Se il ministero della Salute di Gaza non fa distinzione tra civili e militanti, B'tselem preferisce una categoria più specifica, ovvero “uccisi mentre combattevano”. Conducendo un'analisi dettagliata sui numeri pubblicati sia da Hamas che da B'tselem, i due ricercatori hanno riscontrando solo un caso di duplicazione e un altro con un errore nell'età della vittima”.
Continua Mossetti: “La gravità del conflitto in corso supera di gran lunga quelli combattuti nel 2008 e nel 2014, e si registra un vistoso aumento percentuale di ragazzi, ragazze e donne tra le vittime, accompagnato da una diminuzione della percentuale di uomini in età da combattimento. Crescono anche le vittime tra gli anziani.
La conclusione dei ricercatori è molto chiara: non ci sono validi motivi per dubitare della credibilità dei numeri ufficiali forniti da Gaza, e lo spesso malignato ministero della Salute costituisce una fonte affidabile (…)”. 

La “versione” israeliana 


A conclusioni del tutto diverse pervengono alcune fonti pro Israele. Si tratta per così dire della “versione” israeliana. La prima che riportiamo risale al 18 Adar 5784 ossia al 27 febbraio 2024, a firma di Ira Straus su “Israele.net” (“La tuffa dei media sui numeri delle vittime nella guerra di Israele”). Pezzo ripreso dal “Times of Israel” del 24 febbraio 2024. Il professore Ira Straus, laurea a Princeton e dottorato di ricerca all’università della Virginia, nel 2016 è diventato presidente del “Center for War/Peace Studies”. Scrive Straus: “(…) I media mentono ogni volta che affermano “Israele ha ucciso a Gaza il numero X di civili” (al momento circa 30.000). (…) Quel numero X è un imbroglio per almeno cinque motivi:
1. Non è il numero dei civili uccisi: in realtà mette insieme i combattenti di Hamas e i non combattenti. Hamas sostiene che siano 6.000 i suoi combattenti uccisi. Israele stima che i combattenti (di Hamas, Jihad Islamica e altri) siano più di 12.000. (…)
2. E’ un numero che mette insieme le persone uccise da Israele con quelle uccise dai razzi di Hamas e dell’alleata Jihad Islamica Palestinese che ricadono all’interno della striscia di Gaza. Si tratta di circa 2.000 e passa razzi (…). Qualsiasi media onesto calcolerebbe una stima del numero di vittime dei razzi di Hamas e sottrarrebbe anche questa cifra dal numero totale diffuso da Hamas.
3. È il numero diffuso da Hamas. I numeri stimati da Israele sono diversi. Netanyahu – quando gli è stato concesso un momento per presentare i numeri a “Meet the Press” (sulla Nbc) – ha parlato di 20.000 morti totali, di cui 8.000 civili e 12.000 combattenti. I media non riportano mai queste cifre.
Con telefonate, messaggi di testo, volantini le forze israeliane avvertono i civili di sgomberare da siti e aree dove si apprestano ad attaccare i terroristi, mettendo fra l’altro a rischio i propri stessi soldati: una pratica che non viene adottata praticamente da nessun altro esercito al mondo, conferma John Spencer del Modern War Institute di West Point.
4. I media informano ogni giorno la gente che dobbiamo tutti essere scioccati dal presunto numero di morti civili a Gaza definendolo “indiscriminato” e “sconsiderato” (…). L’hanno spesso definito, falsamente, il più grande numero di civili uccisi in qualsiasi guerra recente. Riescono a fare questa affermazione con espressione seria e convinta, nonostante il numero clamorosamente più elevato di morti civili in molte altre guerre come in Sudan, Congo, Siria, Yemen, Myanmar, Iraq…
5. I media non si prendono nemmeno la briga di menzionare quello che è il vero parametro per misurare le uccisioni “indiscriminate” in una guerra: vale a dire, un rapporto troppo alto tra morti non combattenti e morti combattenti (…).
Argomentazioni di Straus: “Prima si stima il numero di civili uccisi dalle Forze di Difesa israeliane effettuando le sottrazioni dei suddetti punti 1 e 2 (sottrarre dal totale i morti combattenti e le persone uccise dalla stessa Hamas & co.); poi si divide il risultato per il numero dei morti combattenti.
Usando i dati forniti da Hamas, il rapporto risulta 4:1 (4 civili per ogni combattente). Anche se fosse vero, è un rapporto considerato normale per una guerra urbana combattuta da un esercito occidentale professionale. Ed è estremamente più basso – frutto di azioni molto più attente e tutt’altro che indiscriminate – della media globale (…) che è di 10:1 cioè 10 civili per ogni combattente.
Se usiamo i dati forniti da Israele, il rapporto scende addirittura a 0,8:1 (meno di un civile per ogni combattente ucciso): un dato incredibilmente basso, così basso che confermerebbe Israele come eccezionalmente etico nella sua condotta di guerra. Cosa che potrebbe benissimo essere. (…) Si potrebbe presumere con ragionevole certezza che il rapporto effettivo morti civili/morti combattenti sia un valore intermedio, quindi probabilmente compreso tra 1:1 e 3:1. Un valore molto basso rispetto agli standard globali, e più basso anche degli standard professionali occidentali. Il che rende la condotta dell’esercito israeliano più etica e tutt’altro che indiscriminata rispetto a quella di altri eserciti occidentali, nientemeno”.
Abbiamo non poche riserve a considerare “etico” il comportamento dell’esercito israeliano a Gaza. Ad ogni modo proseguiamo nel riportare le argomentazioni di Straus: “Hamas cerca deliberatamente di far uccidere da Israele a Gaza il maggior numero possibile di civili. Ciò malgrado, Israele riesce eroicamente a mantenere bassi i numeri (eroicamente, perché farlo costa più morti e feriti di parte israeliana). Ha detto il capo di Hamas Ismail Haniyeh a Doha (Qatar): “L’ho già detto e lo ripeto: il sangue delle donne, dei bambini e degli anziani, siamo noi che abbiamo bisogno di questo sangue”. È una forma eccezionale di guerra postmoderna, dove una parte cerca di far uccidere quanti più civili possibile di entrambe le parti, mentre l’altra parte cerca di prevenire quante più vittime civili possibili di entrambe le parti.
I media rispondono a questo fenomeno applicando un’etica capovolta: attribuiscono colpa grave e perseguibile per le morti alla parte che cerca di prevenire le morti, assolvendo di fatto la parte che cerca di provocarle”.
Le conclusioni a cui perviene il ricercatore sono polemiche nei confronti dei media. Accusati di atteggiamento acritico e preconcetto: “I nostri media cascano quotidianamente in questa definizione in tre modi. Pretendono di fatto che Israele rispetti uno standard etico-militare radicalmente più elevato rispetto a chiunque altro, altrimenti viene condannato. In secondo luogo, aggravano la cosa denigrando Israele come un male quasi unico nella storia per questa – presunta – incapacità di essere radicalmente migliore di chiunque altro. Terzo, aggravano la cosa travisando prove e cifre in modo da dare l’impressione che Israele sia davvero radicalmente peggiore della norma: falsificano prove e cifre a tal punto che la gente accusa convintamente Israele di commettere un genocidio, e questa accusa diventa lo slogan corrente dalle università, ai social, alle piazze.
È una forma di teoria demonizzante sugli ebrei e sul loro potere come fonte del Male. Non si tratta del solito antisemitismo da salotto inteso come snobismo sociale contro gli ebrei. Si tratta di una replica dell’antica Grande Menzogna sugli ebrei e ricalca le antiche “calunnie del sangue”. (…) Ecco perché l’antisemitismo continua a peggiorare. Ecco perché diventa sempre più “normale” nelle nostre principali istituzioni. Ecco perché viene sempre più legittimato. Ecco perché gli ebrei nei campus universitari, come in molti altri ambienti, si sentono sempre più spaventati e messi alle corde”.
Sulla stessa lunghezza d’onda un articolo di Abraham Wyner, professore di statistica e scienza dei dati alla Wharton School dell’Università della Pensilvanya, pubblicato su “Tablet Magazine” e poi ripreso dal blog “Zuppa di Porro” del giornalista Nicola Porro (“Il vero numero dei morti a Gaza. La fake news di Hamas che inganna il mondo”, 18 marzo 2014). Cerca di “assolvere” Israele o comunque manifesta comprensione sulla sua azione a Gaza. Lo riportiamo per completezza di analisi ma, ancora una volta, non nascondiamo le nostre riserve. Le argomentazioni statistiche sono diverse rispetto a Strauss. Sostiene Wyner: “(…) Ecco il problema con questi dati: i numeri non sono reali. Questo è ovvio per chiunque capisca come funzionano i numeri naturalmente. Le vittime non sono prevalentemente donne e bambini, e la maggior parte potrebbe essere combattenti di Hamas. (…) Il primo posto dove guardare è il “totale” segnalato del numero di morti. Il grafico del numero totale di morti per data aumenta con una linearità quasi metronomica. Questa regolarità è quasi sicuramente non reale. Ci si aspetterebbe una notevole variazione di giorno in giorno. In effetti, il conteggio quotidiano delle vittime segnalate in questo periodo è in media di 270 più o meno il 15%. Variazione sorprendentemente piccola. Ci dovrebbero essere giorni con il doppio della media o più e altri con la metà o meno. Forse ciò che sta accadendo è che il ministero di Gaza sta rilasciando numeri giornalieri falsi che variano troppo poco perché non hanno una chiara comprensione del comportamento dei numeri naturalmente o che i dettagli dei conteggi giornalieri rendono i numeri sospetti.
Analogamente, dovremmo vedere una variazione nel numero di vittime minori che segue la variazione nel numero di donne. La variazione giornaliera nel conteggio delle morti è causata dalla variazione nel numero di attacchi su edifici residenziali e tunnel che dovrebbe risultare in una notevole variabilità nei totali ma meno variazione nella percentuale di morti tra i gruppi. Questo è un fatto statistico fondamentale circa la variabilità casuale. Di conseguenza, nei giorni con molte vittime femminili dovrebbero esserci un grande numero di vittime minori, e nei giorni in cui solo poche donne sono segnalate come uccise, dovrebbero essere segnalati solo pochi bambini. (…)”.
Il ministero della salute di Gaza ha sostenuto costantemente che circa il 70% delle vittime sono donne o bambini. Questo totale è molto più alto dei numeri segnalati nei precedenti conflitti con Israele. Un altro segnale di allarme, sollevato da Salo Aizenberg e scritto in modo esteso, è che se il 70% delle vittime sono donne e bambini e il 25% della popolazione è maschile adulta, allora o Israele non sta eliminando con successo i combattenti di Hamas o il conteggio delle vittime maschili adulte è estremamente basso. (…)
La verità – conclude lo statistico statunitense - non può ancora essere conosciuta e probabilmente non lo sarà mai. Il conteggio totale delle vittime civili è probabilmente molto sovrastimato. Israele stima che siano stati uccisi almeno 12.000 combattenti (…)”. 

Il surplus di assurdità della guerra-paradosso 

Osserva al contrario Lucia Capuzzi (“A Gaza. Superata la soglia dei 30mila morti. Il Pentagono accusa e poi frena”, in “Avvenire”, 29 febbraio 2024): “È solo un numero. Un altro. Uno dei tanti che abbiamo letto e udito in 146 giorni di bollettini di guerra. Eppure quelle cinque cifre, una accanto all’altra, suscitano una certa impressione. O forse no. I morti a Gaza hanno oltrepassato quota 30.000: un abitante su 75. (…) La guerra ¬– e relativi “danni collaterali” – vanno avanti implacabili. Tra questi danni ci sono 134 ostaggi, catturati da Hamas il 7 ottobre, e tenuti prigionieri nella Striscia. Almeno quanti sono ancora vivi: non c’è un numero ufficiale di quanti siano morti in cattività. (…) Paradossi di una guerra-paradosso. Tutti i conflitti, in fondo, lo sono. Eppure quello israelo-palestinese ha un surplus di assurdità. Forse perché entrambe le parti hanno trasformato il giusto reclamo di esistenza in uno scontro sempre più cruento per l’inesistenza dell’altro. Forse perché quando uno scontro armato dura da troppo tempo le ragioni singole si trasformano in torti collettivi. Forse perché le sorti di questi due popoli senza due Stati sono un intreccio che non si può sciogliere. Forse perché sono numeri e parole a rendere israeliani e palestinesi tanto distanti mentre la realtà della geografia, della storia, della cultura, perfino dei dolori subiti, li rendono inesorabilmente prossimi. (…)”.
Concludiamo con l’analisi di Matteo Lanzetta del 14 aprile scorso su “The Post internazionale” (“La strage degli innocenti: i numeri a Gaza non tornano”): “Lo sterminio di intere famiglie non è una novità per le operazioni militari israeliane a Gaza, anche se durante i sei mesi dell’attuale conflitto il numero di vittime collaterali è più alto che in passato. Basta guardare alle statistiche delle Nazioni Unite: su 14.800 morti registrati dal 7 ottobre al 23 novembre scorso almeno 1.400 famiglie palestinesi avevano perso più di tre parenti in un unico raid. Durante lo stesso periodo del conflitto di dieci anni fa, su 2.133 persone uccise nella Striscia tra il 7 luglio e il 28 agosto 2014, il dato si fermava a “sole” 142 famiglie. (…) Secondo gli ultimi dati disponibili del ministero della Salute di Gaza (…), al 7 aprile erano 3.017 le famiglie con più di tre parenti deceduti su 33.207 morti complessivi.
In quei 51 giorni del 2014, le Idf (l’esercito israeliano, ndr) colpirono circa 5.260 obiettivi con una media di 103 ogni 24 ore. Oggi, secondo i dati forniti dai militari israeliani e riportati dall’Institute for National Security Studies (Inss), siamo a circa 32mila obiettivi colpiti, oltre 177 ogni giorno. Tutto merito dell’intelligenza artificiale”. 

L’Intelligenza Artificiale applicata alla guerra 

“Le Idf si avvalgono infatti di un sistema intelligente denominato Habsora (letteralmente “Vangelo”), che aiuta i militari dello Stato ebraico a identificare molti più obiettivi rispetto al passato: dai 50 bersagli all’anno del 2021 si è arrivati ai quasi 100 al giorno di ottobre, di cui la metà attaccata nel giro di poche ore. Il programma consente infatti di selezionare i cosiddetti “power targets”, obiettivi di natura non strettamente militare come abitazioni private, edifici pubblici, infrastrutture e grattacieli, il cui abbattimento ha lo scopo di choccare la popolazione che, teoricamente, dovrebbe essere avvisata prima del bombardamento. (…) Le Idf usano anche un altro programma, denominato Lavender (letteralmente “Lavanda”), che identifica invece i “bersagli umani”, una lista di circa 37mila persone considerate legate a Hamas e alla Jihad Islamica e potenzialmente da uccidere. Il software assegna loro un punteggio in base ai dati raccolti dai sistemi di sorveglianza israeliani sulla Striscia e li classifica a seconda della loro importanza nell’organizzazione.
L’affidabilità del programma però è limitata al 90 per cento, il che significa che uno su dieci dei potenziali obiettivi non ha nulla a che fare con i gruppi armati. In più, per ogni target, esiste un numero inevitabile di vittime collaterali. (…) A differenza delle altre operazioni nella Striscia, le Idf hanno cominciato a perseguire anche obiettivi di più basso profilo: non solo esponenti significativi ma anche combattenti e fiancheggiatori delle organizzazioni terroristiche. Su questi bersagli però, decine di migliaia, la verifica dell’intelligence sugli indirizzi di residenza e persino sull’effettivo livello di affiliazione è molto limitata se non, a volte, del tutto assente, il che provoca raid dallo scarso valore militare costati la vita a decine di civili. Anche perché, per obiettivi di così poca utilità non vengono certo usate munizioni «intelligenti»”.
L’impressionante densità abitativa e il numero elevatissimo di bambini e ragazzi a Gaza fanno il resto. Nella lettura di Lanzetta – lontanissima dalle argomentazioni di Straus e Wyner - trovano spiegazione i numeri forniti dalle fonti palestinesi di Gaza e la loro corretta interpretazione. Argomenta Lanzetta: “In sei mesi sono morte oltre 33mila persone e più di 75mila sono state ferite. Per l’Onu quasi 14mila erano minori e 9mila donne, mentre le Idf rivendicano l’uccisione di 13mila terroristi. Il problema è mettersi d’accordo su questa definizione: secondo fonti militari in servizio a Gaza citate dal quotidiano israeliano Haaretz, «in pratica, un terrorista è chiunque sia stato ucciso dopo essere entrato nella zona di combattimento dell’Idf». D’altra parte, ha spiegato un’altra fonte, «non ci mettiamo a inventariare i corpi: nessuno può determinare con certezza chi sia un terrorista»”. 

Il conto dei morti per sbaglio 

“Così nel conto dei morti per sbaglio – conclude Lanzetta - possono finirci anche un centinaio di giornalisti, almeno 203 operatori umanitari e 685 operatori sanitari. Secondo i vertici politici e delle forze armate di Israele, non si tratta certo di uccisioni intenzionali. Come ha spiegato il premier Netanyahu dopo la strage di sette operatori umanitari della no-profit statunitense “World Central Kitchen”, «succede in guerra».”
Già, succede nelle guerre moderne che sempre più prediligono vampiristicamente di nutrirsi del sangue dei civili innocenti. Più debole e indifeso sei più ti uccido. Efferatezze vigliacche. Tipiche dei secoli più bui dell’umanità. E che l’uomo inventore dell’Intelligenza Artificiale applicata alla guerra si guarda bene dal bandire.

 di Pino Scorciapino

Ultimi articoli

« Articoli precedenti