Raia, la prima vittima dell’attacco al movimento contadino siciliano

L'analisi | 1 agosto 2024
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Ottanta anni fa a Casteldaccia, nella notte tra il 5 e 6 agosto, fu ucciso dalla mafia la prima delle 47 vittime innocenti del movimento contadino siciliano del secondo dopoguerra: Andrea Raia, co-fondatore della locale sezione del Pci (maggio 1944), segretario della Camera del Lavoro e componente del Comitato comunale per l’ammasso obbligatorio del grano ordinato dal secondo governo Badoglio, ministro dell’agricoltura il comunista Fausto Gullo. Ammasso necessario per fronteggiare la fame prodotta dalla guerra ancora in corso nel centro-nord d’Italia, in Europa e nel mondo.
L’azione di garanzia del Comitato veniva osteggiata, gravando sui contadini, dai grandi agrari, sostenuti dalla mafia e dai proprietari dei mulini dediti al contrabbando. Ovviamente Raia difendeva gli interessi dei contadini denunciando pubblicamente mafiosi, agrari e speculatori che lo fecero uccidere.
Da bambino sentivo raccontare di quell’atroce delitto dalla mamma di Andrea, Rosalia Tomasello, che veniva a cercare conforto dalla mia nonna della cui famiglia socialista era noto l’antifascismo e l’antimafiosità. Mamma Rosalia aveva inseguito i killer di suo figlio che si erano rifugiati in una casa vicina di un noto mafioso e aveva coraggiosamente denunciato, quali mandanti dell’assassinio, il capomafia Francesco Tomasello e suo fratello, che dopo pochi minuti dell’assassinio si erano presentati a casa della vittima per accertarne la morte.
Ai funerali di Andrea partecipò la stragrande maggioranza dei casteldaccesi i quali, sconfessando le voci di depistaggio dei mafiosi, registrate dai carabinieri, mostrarono tutto il loro affetto nei suoi confronti e la stima per il suo lavoro di scalpellino, di pirotecnico e per la prestazione gratuita di guaritore. Nonostante la denuncia di mamma Rosalia, i mandanti furono prosciolti e gli esecutori non furono mai identificati.
Ricordare Andrea Raia assieme a tutte le altre vittime innocenti di mafia sia del movimento contadino che delle stragi (da Portella delle Ginestre a Ciaculli, alle guerre di mafia, ai delitti politico-mafiosi, alle vittime del terrorismo nero e rosso) dimostra quanto dura e complessa sia stata e sia la costruzione e la difesa del sistema democratico del Paese la cui democrazia parlamentare, la legislazione antimafia, i diritti fondamentali previsti dalla Costituzione nata dalla Resistenza e dalla sconfitta del nazi-fascismo, ancora oggi sono messi rimessi in discussione in modo brutale dalle vecchie e nuove destre.
I cittadini di Casteldaccia hanno dato il proprio contributo alla lotta antimafia e indirettamente a quella per una democrazia compiuta con il sostegno, nella seconda guerra di mafia (1978-1983). al primo Comitato popolare di lotta antimafia e alla Marcia antimafia Bagheria-Casteldaccia, ripetuta negli anni con l’adesione del mondo della scuola e anche delle amministrazioni comunali e della Chiesa. Tutto ciò ha trasformato, detto dagli studenti, il Triangolo della morte in Triangolo della vita, respingendo la vuota retorica e confermando che la lotta antimafia significa contrastare la corruzione, la collusione politica-mafia-affari, partecipare alla vita politica e sociale per rimuovere l’ingiustizia sociale, la povertà. E tutto questo per conquistare un nuovo sviluppo economico e sociale che affronti le urgenti trasformazioni imposte dal riscaldamento globale e dalle crisi mondiali del sistema economico e sociale anche per cancellare il sostegno di parte della classe dominante nazionale e internazionale alle mafie secondo l’etica civile, sociale e politica delle vittime innocenti di mafia come Andrea Raia.
 di Vito Lo Monaco

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