Matteo Messina Denaro come Totò Riina: preso a fine carriera, malato e anziano
Gli abbracci tra i carabinieri, la loro esultanza, davanti al luogo della cattura, presso una clinica privata di Palermo, hanno sottolineato la storica caduta del superlatitante Matteo Messina Denaro, da parte dei carabinieri del Ros. Il padrino di Castelvetrano è stato portato via in una località protetta su un furgone bianco. "Cade l'ultimo baluardo della mafia, preso come Totò Riina a fine carriera, malato e anziano", sottolinea la presidente del Centro Pio La Torre, Loredana Introini, complimentandosi con le forze dell'ordine e gli investigatori che "con tenacia lo hanno braccato per tanti anni senza mai mollare la presa".
E' stato l’ultimo miracolo del missionario laico Biagio Conte, morto nei giorni scorsi a Palermo: la cattura dell’ultimo superlatitante di Cosa nostra arriva trent'anni e un giorno dopo l’arresto di Totò Riina da parte dei Ros, gli stessi protagonisti oggi. Riina era rimasto libero e ricercato 24 anni; per 43 era rimasto latitante Bernardo Provenzano, e non è arrivato a compiere trent'anni esatti Matteo Messina Denaro, che era in fuga da metà 1993 assieme al padre, Francesco.
Quest’ultimo morì il 30 novembre del 1998 in latitanza, nelle campagne di Castelvetrano (Trapani) paese di cui entrambi sono originari e Matteo lo fece trovare «conzato», pronto per la sepoltura con l’abito buono. Per anni nella ricorrenza ha fatto pubblicare necrologi sul Giornale di Sicilia, unico segno della sua esistenza in vita, messa in dubbio da più di un collaboratore di giustizia ma su cui gli inquirenti del pool che gli dava la caccia mai avevano concordato o abboccato ai tentativi di far diminuire la pressione. Morto Ciccio Messina Denaro, il testimone dell’ala corleonese della provincia di Trapani era stato raccolto da Matteo: in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita in fuga. Diabolik, u Siccu, un volto invisibile, un’esistenza messa in dubbio nonostante avesse avuto una figlia, oggi ventenne. Il boss stragista, condannato per Capaci, via D’Amelio e per gli eccidi del 1993 a Roma, Firenze e Milano, oltre che per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio del pentito. Di lui si trovarono lettere a Bernardo Provenzano, nel covo di Montagna dei Cavalli: «Qui a Marsala (Trapani, ndr) scriveva stanno arrestando pure le sedie». Motivo per cui si diede alla sommersione, facendo il vuoto attorno a sè e interrompendo qualsiasi collegamento.
Intercettazioni e biglietti su di lui sono di anni e anni fa. Non scriveva personalmente ma qualcuno che teneva i contatti per lui doveva pur esserci. Operato in Spagna all’inizio degli anni Duemila, gli investigatori erano riusciti a ricostruire quale fosse la clinica iberica e a prendere il Dna, in loro possesso e oggi potrebbe essere utilizzato come mezzo per riscontrarne l’identità. Decine gli omicidi per cui è stato condannato, fra questi Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo, che era incinta. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine, d tutte le forze di polizia.
Gli altri latitanti
Con l’arresto di Matteo Messina Denaro si assottiglia l’elenco dei latitanti di massima pericolosità facenti parte del «programma speciale di ricerca“ del gruppo Interforze.
Si tratta di Attilio Cubeddu (Cosa Nostra), nato il 2 marzo 1947 a Arzana (Nuoro) e ricercato dal 1997 per non aver fatto rientro, al termine di un permesso, nella Casa Circondariale di Badu è Carros (Nuoro), ove era ristretto, per sequestro di persona, omicidio e lesioni gravissime. Il 18 marzo 1998 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.
Giovanni Motisi (Anonima Sequestri), nato il primo gennaio 1959 a Palermo, ricercato dal 1998 per omicidi, dal 2001 per associazione di tipo mafioso ed altro, dal 2002 per strage ed altro; deve scontare la pena dell’ergastolo; il 10 dicembre 1999 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.
Renato Cinquegranella (Camorra), nato il 15 maggio 1949 a Napoli, ricercato dal 2002 per associazione per delinquere di tipo mafioso, concorso in omicidio, detenzione e porto illegale di armi, estorsione ed altro; il 7 dicembre 2018 sono state diramate le ricerche in campo internazionale, per arresto ai fini estradizionali.
Infine Pasquale Bonavota (’ndrangheta), nato il 10 gennaio 1974 a Vibo Valentia, ricercato dal 2018 per «associazione di tipo mafioso» e «omicidio aggravato in concorso».
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