Mafia, piaga economica e ambientale: è necessario esporsi per sconfiggerla

Junior | 31 marzo 2023
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“La mafia è un fenomeno umano e come tutti i fenomeni umani ha un principio, una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine”, scriveva il giudice Giovanni Falcone. Perché la nostra società tende a considerarla come un “cancro” impossibile da debellare?

La mafia è un’organizzazione responsabile di violenza, ma non per questo considerata “emergenza” nel senso proprio della parola. Si tratta infatti di un fenomeno strutturale e non congiunturale, i cui effetti non si limitano ai soli casi di cronaca nera che ci raccontano di persone uccise, ma si riversano anche nella vita pubblica in generale, dalla politica all’economia, dall’ambiente al nostro quotidiano.

Si tratta per l’appunto di un fenomeno da sempre vigente nella nostra società anche se, in riferimento ad anni recenti, gli esperti parlano di una “sindrome della caduta o dello snaturamento”. La mafia attuale spara “poco” ed evita di colpire uomini di potere; ragion per cui da molti viene considerata laddove non proprio inesistente, comunque non tale da rappresentare una vera e propria minaccia.

È questo che si intende quando si parla di snaturamento: la competizione per l’onore e il potere, che ha caratterizzato la mafia tradizionale, sarebbe stata sostituita nel corso degli anni Settanta da quella per la ricchezza. Ma quest’ultimo dato non è avvallato da nessuna evidenza oggettiva: la mafia infatti continua a svilupparsi intrecciando fra loro continuità e mutazione, attaccamento alle proprie radici e scaltra abilità nel sapersi inserire nei processi di modernizzazione della società.

Oggi, dunque, gli aspetti vecchi si allacciano perfettamente agli aspetti moderni e post-moderni grazie alla loro reciproca funzionalità. In realtà, le organizzazioni criminali stanno cercando di riposizionarsi nel nuovo contesto, mirando al business, alla cogestione del potere, evitando per quanto possibile il ricorso alla violenza. È proprio quest’ultima uno dei mali incurabili che compromettono la salute dell’essere umano, definita come “azione volontaria, esercitata da un soggetto su un altro, in modo da determinarlo ad agire contro la sua volontà” (Oxford Languages). L’individuo che commette violenza, oltre a far soffrire chi gli sta vicino e se ne prende cura, manifesta l’impressione, reale o supposta, che la sua sia una vita carente di affetti e relazioni.

Le cause di tale comportamento risultano, tuttavia, difficili da spiegare: come affermava Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi, un comportamento violento può derivare da una serie di forze oscure che albergano nell’intimo di ciascun uomo determinandone l’agire. “L’io non è padrone in casa propria”: si tratta della terza grande ferita narcisistica dell’essere umano, non più centro del proprio io, inteso come qualcosa di razionale. Quello che Freud definisce come Es, la parte nascosta della mente umana, sede dell’inconscio, sarebbe responsabile di pensieri e azioni impulsivi che non accettano compromessi.

Tuttavia, l’analisi della violenza mafiosa è qualcosa di più complesso. Essa si distingue in interna, cioè consumata nell’ambito dell’universo mafioso, ed esterna, cioè al di fuori del mondo delle organizzazioni criminali, e a sua volta articolata in violenza politico-mafiosa ed economico-mafiosa.
Qualsiasi tipo di potere, anche e soprattutto quello mafioso, ha nel controllo economico del territorio uno dei suoi cardini fondamentali, e opera attraverso le seguenti modalità:
tendenza all’allargamento del raggio d’azione anche oltre i confini nazionali pur rimanendo radicata nei territori di origine;
ricerca di profili organizzativi più flessibili volti alla mimetizzazione nella società, in cui la violenza quotidiana viene ad essere sostituita dalla ricerca di legami con il mondo politico e imprenditoriale;
massiccio inserimento nell’economia legale, nei diversi settori produttivi, da quelli più “tradizionali”, quali l’edilizia, gli appalti, il commercio, il contrabbando ecc., a quelli più “nuovi” (rifiuti, energie rinnovabili, investimenti finanziari, comparto immobiliare ecc.).

I profitti ricavati dalle attività illecite, in particolare dal traffico di droga, sono reinvestiti nell’economia legale, dando luogo ad intrecci sempre più stretti tra criminalità mafiosa, corruzione e criminalità economica.

Le mafie sono diventate, nonostante la repressione, protagoniste di una parte dell’economia italiana, uscita gravemente colpita dalla pandemia. La crescita, pur essendo finanziariamente sostenibile, non è inclusiva, aumentano le disuguaglianze e i danni ambientali in quella che viene ormai definita una vera e propria “violenza ambientale” che danneggia la salute dei nostri corpi e degli ecosistemi mediante pratiche di sfruttamento biocida. Violenza ambientale è anche quella che militarizza e occupa i territori per sfruttarne le risorse, negando loro la possibilità di autodeterminarsi e di esprimersi.

L’associazione ambientalista Legambiente ha coniato ad hoc un termine per definire tutte le attività illegali delle organizzazioni criminali a stampo mafioso che provocano danni all’ambiente: ecomafia. Traffico e smaltimento illegale di rifiuti (pericolosi e non), traffico di buste shoppers illegali, abusivismo edilizio su ampia scala, incendi boschivi e illegalità nel mercato agroalimentare sono solo alcune delle attività criminali compiute dalle ecomafie. Esse impattano negativamente anche sull’economia italiana, sebbene lo Stato faccia il possibile per contrastarle. La Legge 68/2015 ha avuto un rilievo primario nella lotta alla criminalità ambientale, sia dal punto di vista della repressione che da quello della prevenzione. Sono stati introdotti nuovi delitti a salvaguardia dell’ambiente nel Codice penale e aggiornato il quadro normativo previgente che affidava in modo pressoché esclusivo la sua tutela a contravvenzioni e sanzioni amministrative previste dal Codice dell’ambiente. Anche la Costituzione ha risentito di tale preoccupazione e ci sono stati alcuni significativi emendamenti in tal senso: nell’articolo 9, infatti, è stato aggiunto che la Repubblica “tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali”.

Si tratta dunque di sostenibilità, che deve partire da una rivoluzione nel campo dell’economia: con l'economia lineare si estraggono materie prime che vengono trasformate in un prodotto da gettare via dopo l’uso all’insegna del trinomio “Prendi - produci – smaltisci”. Tale approccio nel lungo periodo è deleterio ed è per questo che il sistema nazionale sta attuando una serie di provvedimenti che puntino al transito verso quella che viene definita economia circolare, evoluzione e superamento del vecchio modo di concepire la produzione. I suoi cardini sono la sostenibilità di impresa e l’allungamento della vita utile dei prodotti, da riciclare affinché le medesime materie prime siano riutilizzate in più cicli di produzione. Non a caso si parla di approccio delle 3R: Ridurre, Riutilizzare, Riciclare.

Se fin qui parliamo di provvedimenti che mirano a salvaguardare l’ambiente, quali sono, invece, le tutele per la nostra società? Nutriamo una profonda speranza nell’imminente fine dell’azione mafiosa. Ma l’ottimismo della volontà fa a pugni con il pessimismo della ragione. Parlare di cambiamento non basta, bisogna attuarlo. Che fare in concreto per provare a debellare questo male? Alle volte siamo soliti guardare alle azioni mafiose come la forma più accentuata ed evidente di violenza che, tuttavia, si manifesta in forme e metodi diversi. E nel momento in cui gettiamo la spugna e scegliamo di non agire rimanendo indifferenti, non siamo più solo vittime ma anche complici del meccanismo mafioso che necessita dell’omertà di tutti per perpetuare le sue trame oscure. Non a caso, perfino il Sommo Poeta Dante Alighieri condanna gli ignavi collocandoli nell’Antinferno poiché “indegni son sia dell’Inferno che del Paradiso”.

Ciascun uomo ha il dovere di schierarsi a favore della giustizia e della legalità, non calpestandone i valori. L’arma più potente a nostra disposizione è - sembra banale dirlo ma non è scontato - la parola. Perché ancora tanto silenzio? Siamo davvero lontani dal far sì che la nostra realtà somigli a quell’Inferno di cui parla Alessandro D’Avenia nel suo Ciò che inferno non è, presentandocelo come “il posto in cui lo spazio per i desideri è già tutto occupato”? Dobbiamo veramente rassegnarci all’idea che tutto sia tremendo e irrimediabile? La mafia è sì un fenomeno continuativo, strutturale e non congiunturale, ma per questo inestirpabile? 

 Giovanni Antonucci – Giovanni Curci - Silvia Ignomeriello
Classe 4 ^A Cambridge
Liceo Scientifico-artistico Galileo Galilei
Bitonto (BA)



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