Lunaria, nella gioia luminosa dell’inganno: Consolo si svela a Catania

Cultura | 7 luglio 2023
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«L’idea di musicare Lunaria è nata nel 2009. Dopo una mia esibizione all’interno del parco archeologico di Selinunte, Vincenzo Consolo mi chiese di mettere in musica questa sua favola teatrale». Sono le parole di Etta Scollo, musicista, cantante, regista siciliana che da anni vive a Berlino. Domani a Catania va in scena uno straordinario spettacolo musicale, “Lunaria, nella gioia luminosa dell’inganno”. Questo il titolo della composizione di Etta Scollo. La rappresentazione è promossa dal teatro Bellini di Catania nell’ambito della rassegna “Bellezza Belcanto Bellini” 2023. Lo spettacolo andrà in scena (sabato 8 luglio), alle ore 21.00, all’interno della Corte Mariella Lo Giudice del Palazzo della cultura di Catania. Composizione che muove dall’omonima favola teatrale scritta da Vincenzo Consolo nel 1985. Sul palco la stessa Etta Scollo, voce e chitarra e Alessandra Costanzo, voce recitante. Il Quintetto d’archi Sykelikos sarà affiancato dal polistrumentista Fabio Tricomi e dal coro del teatro Massimo Bellini, direttore Luigi Petrozzillo.

Ci racconta della collaborazione con lo scrittore Vincenzo Consolo?
«È stata un’esperienza unica. Il progetto era vasto e articolato. Prevedeva una complessa scenografia, costumi raffinati. L’idea era quella di farne un’operetta barocca. Insieme lavorammo a lungo alla trasposizione musicale. A Berlino ho dunque letto e riletto il testo, fino a impararlo a memoria. Ho cominciato a scrivere musiche quasi di sottofondo, quasi a voler sottolineare un rispetto totale per le parole di Consolo, senza operare manipolazioni della struttura narrativa. Poi lo scrittore si ammalò gravemente. Decisi quindi di sottoporgli i provini con gli arrangiamenti. Partivo da Berlino con il primo volo all’alba, trascorrevo tutto il giorno con lui e la moglie a Milano e facevo ritorno in Germania con l’ultimo volo. Tutto questo fino alla sua scomparsa, il 21 gennaio del 2012. Con Caterina Pilenga, la moglie dello scrittore, decidemmo comunque di portare a compimento l’opera. Fu proprio lei a mettermi a disposizione la voce registrata di Consolo che recitava il testo di Lunaria. Con un gruppo di musicisti registrammo, per quattro giorni, proprio a casa dello scrittore. Volevo che quei suoni potessero avere in sottofondo il portato di quei luoghi dove lo scrittore aveva scritto e dato vita a questa meravigliosa favola teatrale. È stato quello un periodo tanto gioioso quanto doloroso».
Questa favola teatrale di Consolo è ormai diventata un classico del teatro italiano.
«Confesso che questo libro è stato una continua sorpresa. Quando Consolo me lo propose non avevo avuto ancora il piacere di leggerlo. È stato il pretesto per approfondire ulteriormente lo studio della lingua di questo scrittore unico. Il libro prende spunto da un frammento lirico di Giacomo Leopardi “Lo spavento notturno” e da “L’esequie della luna” di Lucio Piccolo. È ambientato in una Sicilia fantastica e magica. Il protagonista è un Vicerè malinconico e lunare. Il tema è quello della perdita della poesia, dell’identità, la paura del nuovo, dello straniero, la diffidenza del potere. Sono queste intuizioni che fanno del testo di Consolo un’opera ancora attuale. Sembra anticipare di decenni il tema dell’identità, centrale nel dibattito odierno. Nei paesi siciliani, la prima cosa che si chiedeva era quella di identificarsi, rendere noto a quale famiglia appartenevi. È un concetto ambiguo, persino mafioso. Sul testo di “Lunaria” ho lavorato anche con Roberta Torre. Un’esperienza meravigliosa con l’indescrivibile voce di Franco Scaldati. Uno spettacolo andato in scena in un luogo impareggiabile come Taormina. Ricordo l’incontro tra Roberta Torre e la moglie di Consolo, alla fine si abbracciarono e piansero di commozione».

Cosa significa il sottotitolo “Nella gioia luminosa dell’inganno”?
«È un estratto del testo di “Lunaria”, si trova alla fine del racconto. Una frase meravigliosa. L’umanità vive sospesa tra gioie e inganni. Come accade per i grandi innamoramenti. Ci si abbandona totalmente per poi sentirsi tremendamente ingannati dalla realtà. Nella favola c’è un momento scenico buffo e poetico allo stesso tempo. Uno dei protagonisti, il villano Mondo lacero, lercio e puzzolente si reca a palazzo e mostra il frammento di qualcosa di straordinario, ma gli astanti sono sconvolti dal suo fetore. Come in una sorta di controcampo, in un’altra scena il Vicerè si ritroverà nella stessa situazione, raggiungendo la Contrada senza nome, recando un frammento della luna e mettendo a nudo tutta la sua fragilità. Mostrare, senza riserve, le nostre fragilità è il senso della vera forza. Un messaggio per i nostri tempi pervasi da una risolutezza falsa, posticcia, ingannatrice. Ecco la gioia luminosa dell’inganno è lo stupore poetico che abbiamo smarrito».

Il testo di Consolo è il vero protagonista dello spettacolo.
«La struttura narrativa e la ricerca linguistica di Consolo sono impareggiabili. Ho scoperto, grazie alla moglie di Consolo, i segreti che si annidano nelle parole di questa favola teatrale. Come passaggi segreti di un’antica dimora. Si scopre quindi che un mah, non è solo un’interiezione ma un rimando al persiano antico che indica la luna. Un continuo gioco di composizione e ricomposizione che rende il testo attualissimo e moderno».

La Sicilia è al centro di tutte le sue composizione, a partire dal suo stesso nome.
«Non ho mai fatto pace con il mio nome, Concetta. Non lo accettavo. A Torino il mio fidanzato, musicista Blues, mi disse che se volevo fare parte della sua band, dovevo cambiarlo. Mi suggerì Etta, come Etta Jones e Etta James. Come Consolo, ho scoperto la mia sicilianità vivendo lontano dall’isola. La prima tappa è stata Torino, dove ho frequentato la facoltà di Architettura. Poi mi sono trasferita a Vienna per frequentare il conservatorio. La mia esperienza definitiva di musicista si è sviluppata in Germania, tra Amburgo e Berlino, dove vivo, una città che contiene mille città. Da qualche tempo ho comprato una casa a Catania. Ho ritrovato nel caos di questa città concitata le voci della mia infanzia, la voce di mia madre che cantava Casta Diva mentre puliva i vetri, e nei pomeriggi assolati, anche le struggenti sonorità jazz della chitarra di mio padre».
 di Concetto Prestifilippo

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