Letture in spiaggia, in memoria di libri e giornali
Un assassino – o più correttamente un serial killer – maramaldeggia nelle spiagge. Tutt’altro che sconosciuto, non si nasconde. Piuttosto si esibisce diffusamente. Imperversa. L’assassino si chiama smartphone. Le sue vittime? I libri – i vecchi, cari libri di carta che sfogliavi con l’indice della mano destra – e i giornali, la cosiddetta carta stampata.
Una indagine tanto empirica da potersi definire rudimentale, ma efficace, ha raccolto prove inconfutabili. Una battigia di un po’ meno di duecento metri, una spiaggia affollata nelle ore di punta e nei fine settimana anche da circa quattrocento bagnanti. Non avendo molto altro di cui occuparsi in spiaggia e volendo fare del moto, se si cammina sulla battigia a passo ora svelto ora lento in vari momenti della giornata balneare si ha modo di notare, e poi annotare, comportamenti nel complesso e nell’arco di otto giorni di oltre tre mila bagnanti. D’ogni condizione anagrafica e sociale. Persone e famiglie presenti tutti i giorni, volti nuovi, turisti mordi e fuggi, locali, turisti settentrionali, una certa percentuale di turisti stranieri, in prevalenza dell’Europa centro-orientale (polacchi, cechi). Un campionario variopinto e rappresentativo.
C’erano una volta i libri
Quanti libri credete che abbiamo visto leggere sotto l’ombrellone a questa composita utenza balneare? Numero tondo tondo: dieci. Compreso quello di chi firma questo articolo. Dieci a fronte di un numero incalcolabile di teste letteralmente infilate dentro lo smartphone di tutti i presenti, esclusi sì e no i neonati e i bambini più piccoli. Tutti avidi di lettura, tutti avidi di abbeverarsi alla conoscenza dispensata dal cellulare e in qualche caso dall’iPad. Nei quali, beninteso, è possibile leggere anche libri, i cosiddetti e-book. Ma i nostri oltre tremila bagnanti erano tutti presi dalla lettura di e-book, di centinaia di titoli immagazzinati nel loro prezioso aggeggio ormai compagno di vita ben più di coniuge e prole? Consentiteci di dubitarne. E di essere convinti che solo una sparuta minoranza leggeva libri sul display. Ben altra dedizione – ormai religiosa oltre che compulsiva – veniva dedicata a chat e social. Siamo tutti influencer, tutti commentatori ed esperti su ogni tema, tutti fotografi, videomaker, fotoreporter, tutti forsennatamente presi dal postare e/o inoltrare vagonate di selfie, immagini, video. Siamo tutti giudicanti, tutti dispensatori di profondissimo pensiero.
I giornali, questi sconosciuti
E questo è niente rispetto ai risultati dell’indagine sul secondo omicidio barbaramente commesso. Nel nostro andirivieni più volte al giorno con i piedi ora in acqua ora sulla sabbia finissima - con la piacevole sensazione che questa camminata sulla battigia produce - e con lo sguardo invece puntato su gente di tutte le età seduta sotto l’ombrellone o stesa al sole quanti giornali cartacei ritenete che abbiamo intercettato nelle loro mani? Zero. Neppure uno. Per caso. Per sbaglio. Nada de nada. Incredibile. Ora, non è da escludere che debba invocarsi nella fattispecie un condizionante concorso di colpa: la rarefazione delle edicole che ne ha falciato ovunque il numero. Probabilmente ha prodotto i suoi evidenti effetti anche nella nostra area di vacanze balneari. Con una edicola nelle vicinanze i risultati dell’indagine sarebbero stati meno disastrosi per la carta stampata.
Sì, sicuramente questo concorso di colpa avrà inciso. Una buona difesa nel dibattimento tuttavia smantellerebbe in quattro e quattr’otto il concorso di colpa con argomentazioni incontestabili. Ad esempio: se hai difficoltà a comprare tutti i giorni il quotidiano perché l’edicola non te la ritrovi vicinissima a dove hai affittato l’appartamento-vacanze niente ti vieta di comprarlo non tutte le mattine (troppa strada da percorrere…). Potresti comprarlo nell’edicola in paese ogni due-tre mattine e leggerlo in più giorni. Peraltro se non sei preso dall’assillo da “ultima notizia” la lettura diventa più sistematica, più approfondita. E dunque più fruttuosa ai fini della informazione. Non solo catturata dalla cronaca ma anche attenta ai commenti e alle riflessioni.
Questo ragionamento si dimostra ancor più calzante per il giornale dei cruciverba e per i settimanali, concepiti con la precisa impostazione di essere infilati nella borsa da mare ed essere sfogliati nell’arco della settimana. Da mamma, papà, figli, nonni. Invece niente, nessuna traccia. Il dato è inquietante. Lo zero rilevato lascia di stucco. Sotto il sole ma di stucco. Si dirà: che problema c’è? Ormai i giornali li leggiamo tutti nel nostro inseparabile, famigerato aggeggino-killer! Giusto. Ma quali e quanti articoli leggiamo sul display se solo una sparuta minoranza del nostro variopinto campione statistico è abbonata alla lettura di uno o più quotidiani sullo smartphone? Conseguenza: per i principali quotidiani italiani (ad esempio “Corriere della Sera” e “Repubblica”) per bene che vada sul display leggi solo titolo e sommario e non una parola dell’articolo (o degli editoriali o della pagina “Commenti”) oppure nella migliore delle ipotesi leggi solo le tre-quattro righe dell’attacco iniziale. Altrimenti ti devi abbonare. A costi contenuti ma ti devi abbonare. Ora, non ci pare che la lettura dei soli titoli possa forgiare una informazione approfondita e meno che meno esaustiva.
Questo per quanto riguarda i quotidiani. Colpisce ancora di più la totale sparizione delle tante riviste di cruciverba ed enigmistica che si pubblicano nel nostro paese. Per non parlare della sparizione dei numerosi settimanali di gossip “balnear-vacanziero” e di vip in costume da bagno che fino a pochi anni fa vedevano moltiplicare le vendite giusto nei mesi caldi più vacanzaioli. Niente. Desaparecidos. L’abitudine di occuparsi con curiosità dei fatti degli altri, meglio se in queste settimane fotografati in vacanza e in costume da bagno – gente dello spettacolo, politiche e politici, attrici, stelline, veline, famosi, presunti famosi e via discorrendo, delle loro complicate vicissitudini familiar-sentimentali – non si è estinta, sia ben chiaro. Ora però corre massicciamente sulla versione on line del settimanale. Dunque sul monopolio escludente dello smartphone. Ovvero del soppressore e soppiantatore seriale della carta stampata. Lo abbiamo sempre con noi sotto l’ombrellone, lo stringiamo e accarezziamo con le mani ben sudate, lo impreziosiamo con inevitabili granelli di sabbia. Lo riprenderemo in mano a tavola, lercio com’è, nel pranzo e nella cena che la nostra “faticosa” (si fa per dire) giornata a mare esige per compensazione. Per recuperare le energie di cui il caldo ci priva.
“Primum chattare, deinde servare”
Potremmo concludere il quadro della nostra indagine con una domanda che ci siamo posti nel corso della infruttuosa spola a caccia di libri, quotidiani e settimanali di carta. Siamo passati almeno quattro volte al giorno, anche più (quasi sempre in solitudine, talvolta tenendo per mano il nipotino di meno di due anni) davanti alla postazione dei due giovani bagnini in servizio nella spiaggia. Non una sola volta li abbiamo visti guardare davanti a loro per vigilare. Per controllare se qualcuno – bambini, ragazzini, adulti – si fosse spinto troppo in alto mare. Entrambi alle prese con impegni più pressanti, sprofondati come erano dentro i loro smartphone. Ora, è vero che in quel tratto di costa siciliana puoi sguazzare nell’acqua per decine e decine di metri verso l’orizzonte e ti arriva sempre non più in alto della cintola. Situazione ottimale. Non comporta particolari affanni per il servizio di salvataggio. Meglio così. Tuttavia nel raro caso di emergenze i nostri due aitanti giovani così presi dal cellulare da essere concentrati h24 sui loro smartphone sarebbero in allerta, tempestivamente pronti a lanciarsi in acqua per il salvataggio? Boh, chi lo sa.
Ma questa è un’altra storia.
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