Lettera aperta di Anne-Cécile Mailfert alla madre di Nahel, ucciso da un poliziotto

Società | 7 luglio 2023
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Pubblichiamo la lettera aperta dell'autrice francese Anne-Cécile Mailfert dopo i fatti di Nanterre e la manifestazione convocata dalla madre, che poi è degenerata in scontri. Ieri il ministro dell'interno ha annunciato sanzioni pecuniarie (30mila euro) e due anni di carcere per i genitori che non tengono i figli chiusi a casa. La proposta era stata messa avanti dai gruppi di facinorosi dentro la polizia


Cara Munia, 

 ti ho visto ieri, durante la manifestazione a Nanterre, in piedi sul tetto del camion, vestita di bianco, col pugno alzato, il viso fiero. Ho visto la determinazione a grugno duro, di fronte ad una folla di popolo scandire con dignità ‘Giustizia per Nahel’. La scena sorprendente farà chiedere a qualcuno come sia possibile che una madre che ha appena perso suo figlio non sia annichilita.
Tu ne sei già cosciente, il tuo dolore non ti appartiene più. Hai già deciso : il tuo dolore sarà pubblico, collettivo, politico.
Senza nasconderti, e forse senza neppure capire del tutto quello che succede, hai deciso di sollevare la testa, e niente più può fermarti.
Qui ci sei nata, è qui che lavori. Sei la madre sola di un ragazzo discriminato in un quartiere difficile. Un ragazzo che un poliziotto ti ha sottratto, con un pallottola diretta al cuore.
A 44 anni fai parte di quella generazione di donne precarie, ma moderne, forti e determinate. Da quando è nato, sei tu che ti sei occupata di Nahel e della casa. E non è affatto semplice far quadrare i conti e pagare l’affitto. Hai messo la tua vita come fra due parentesi per lui, per augurargli il buongiorno la mattina, e sentirgli rispondere ‘ti voglio bene, mamma’.

Gli hai voluto offrire quanto di meglio si possa trovare in un territorio dove i servizi non funzionano, e la scuola è disastrosa. Non basta dire che questo non è un quartiere che offre condizioni favorevoli alla crescita. Hai saputo, dai primi giorni in cui ha cominciato a balbettare, che sarebbe stata dura. Ma quando la vita ti metteva i bastoni tra le ruote, era Nahel che ti dava la ragione di andare avanti.
Quello che gli è successo martedì mattina, tutte le madri del quartiere ne hanno il terrore. Quante volte tu, come tutte le altre, ti sei svegliata nel cuore della notte per andarlo a cercare dall’altra parte della città?

Quante volte lo hai sgridato e sgridato per le sue sciocchezze, sapendo che la società qui non perdona?
Altrove si tende a minimizzare l’importanza degli sbagli di gioventù. Non quando si è nati in quartieri come questo, dove i bambini non hanno il diritto alla loro infanzia, e devono rigare dritto, o sono guai. Tocca alle madri il compito ingrato di insegnare ai propri figli a tenere lo sguardo basso. Non è la stessa cosa che insegnare l’educazione o il rispetto della vita in comune. Tutto il contrario. Alle madri dei bambini discriminati viente insegnato a tenerli dentro casa, a controllarli, di assicurarsi che non contesteranno mai e poi mai il potere o la polizia, e le loro ingiustizie.

Le madri nei quartieri difficili sono tormentate perchè si accorgono che per proteggere i loro figli, per poter passare tra le pozzanghere e gli spari, devono insegnarli a mettere un freno alla loro voglia di esistere.
Il tuo dolore è appena cominciato, ma hai già deciso che non dirai mai più ad un ragazzo di tenere basso lo sguardo. Mai più accetterai il ruolo di madre che fa sfogare la collera di tuo figlio. Basta con la guerra. Tu hai scelto la pace, Munia, ma guardando la società dritto negli occhi, tu esigi giustizia. Perchè senza giustizia, come si può sperare nella pace?



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