Le coperture del boss latitante nel suo paese e le denunce del sindacato

L'analisi | 23 gennaio 2023
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Nell'imponente copertura mediatica che accompagna, dalla mattina del 16 gennaio, Sono fenomeni reali, che hanno fondamento nella paura ma anche in una subcultura radicata che ha consentito ai mafiosi di essere “invisibili” nel loro territorio, quasi pesci che nuotano in acque sicure e scure.
A volte si ha la sensazione che non esistano in quei centri urbani corpi intermedi, momenti associativi capaci di organizzare e gestire la rivolta contro il il giogo che la mafia impone su territori come quelli in cui il latitante ha passato almeno parte della sua sua vita criminale. Forse è la conseguenza della diffusione della cultura della disintermediazione, del singolo isolato rispetto al contesto sociale. Non è così.
In realtà il cambiamento si costruisce sulle gambe delle persone, delle donne e degli uomini che decidono di rompere con i silenzi e le subalternità, anche in situazioni complicate come quelle di Campobello di Mazara, Castelvetrano, Trapani. Siccome non è vero che tutti gatti sono bigi, a me fa specie che nessuno in questi giorni abbia ricordato che il primo convegno di denuncia sui rapporti tra alcuni ambienti della massoneria e la mafia lo tenne a Trapani la Cgil nazionale quasi trent'anni or sono. Basta consultare i giornali, anche a diffusione nazionale, dell'epoca per ricordare cha la prima battaglia contro l'industriale ritenuto vicino ai boss Carmelo Patti - quando gestiva gli appalti dell'indotto Fiat- la condussero la Fiom e la Cgil di Trapani; che la battaglia per la Calcestruzzi Ericina fu anche una lotta del sindacato; che nella grande distribuzione mafiosa gestita da Grigoli il sindacato cercò inutilmente per anni di entrare per organizzare lavoratori, trovandosi di fronte ad un muro di gomma e si fece promotore di tante denunce perché nessuno ignorava chi e cosa ci fosse dietro l'improvvisa ricchezza di un bottegaio divenuto in breve volgere di tempo potente imprenditore.
Ho letto le forti parole del vescovo emerito Mogavero. Questa è la strada giusta: dire la verità, anche denunciando limiti ed omertà ed organizzare la mobilitazione di massa contro la mafia e per la legalità. Il generale Governale, già comandante del ROS, ha scritto un libro dal titolo evocativo “Sapevamo già tutto”. Il sindacato – e la Cgil in primo luogo- non sapeva tutto, ma quello che sapeva lo ha denunciato con forza. E, soprattutto, non si è mai girata dall’altra parte. 

 Franco Garufi



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