Le busiate, luce
e colori sulle storie trapanesi
Cultura | 20 novembre 2024
Tra i mille e più modi possibili di raccontare Trapani, Giovanni Franco – giornalista dell'Ansa e fotografo di valore – ha scelto la luce: “percorrere una strada in penombra ed improvvisamente, come se avessero acceso mille fari, ritrovarsi nella luce” (Giovanni Franco Busiate, Libridine, 217 pagine, 20 euro). La città dei coralli e il territorio che la circonda sono stati spesso descritti – anche a ragione – con toni cupi: la mafia incistata nel tessuto economico e sociale, i circoli chiusi e misterici della massoneria intrecciata a doppio filo con una borghesia rapace che governava gli affari della città; il buio della notte in cui si consumarono gli omicidi del giudice Ciaccio Montalto e di Mauro Rostagno; la cecità collettiva di chi non vedeva Matteo Messina Denaro – latitante per trent’anni – muoversi per le strade di Campobello di Mazara; una cittadina di 11.229 abitanti, non una megalopoli! (viene alla mente “il mondo pieno di ciechi vivi” in Cecità di José Saramago).
Ai toni scuri di una certa rappresentazione, Franco contrappone l'esplosione dei colori, strumento principe di informazione per chi considera la realtà come “fatta di certi momenti” e sa che “i fotografi sono quei vedenti speciali che li sanno cogliere”. La fotografia che apre il volume dilata i sensi: una mano immersa nella salsa di pomodoro. L'antico gesto di donne e uomini che permette, col caldo ausilio del sole, di trasformare il rosso vivo del frutto in “astratto”. Cioè il concentrato di pomodoro, uno dei principali ingredienti della cucina siciliana indispensabile per trasformare le busiate (i maccheroni lunghi a forma elicoidale che danno il titolo al libro) in una leccornia da gustare accompagnata da un bicchiere del vino che quell'area della Sicilia ha saputo trasformare in uno dei prodotti più richiesti sui mercati internazionali.
In questo viaggio di immagini, di colori, di volti, di luoghi e monumenti, l'autore è accompagnato da amiche e amici che conferiscono al libro il tratto originale che deriva dalla commistione tra il fascino delle immagini e la forza della parola scritta. Fabrizio Carrera ricorda che “Il trapanese è un territorio tutto proiettato ad ovest, tra due mari, dolci colline ma con una storia ricca, ricchissima, di colori, odori e sapori. Trapani è una delle province dal territorio sufficientemente vasto per offrire tanti microclimi e paesaggi diversi ma anche tramonti suggestivi. Tutta la provincia è sempre più una destinazione turistica. Grazie anche al suo appeal gastronomico”. Chiarisce Gianfranco Marrone: “Cassatelle a Castellammare, genovesi a Erice, cannoli a Dattilo. Ecco il triangolo dolciario del trapanese”. Mariza D’Anna coglie l’essenza di Trapani: “Cosa c’è di più bello di una città sul mare, adagiata su una striscia di terra curvilinea dove l’Europa finisce, dove la strada ferrata si fa piccola e silenziosa e dove non si è mai di passaggio. Trapani è accomodata nel cuore di un Mediterraneo, avamposto proteso verso il Nord Africa, terra di mezzo tra due continenti, conquistata, dominata, complessa, assuefatta ma geograficamente fortunatissima”.
Questo lembo di Sicilia è anche ricco di tradizioni tra fede e storia. Come il festino molto sentito di San Vito a Mazara del Vallo la cui direzione artistica è di Giovanni Isgrò che così parla della sua esperienza: “Dall’inizio capii subito che bisognava alzare il livello culturale dell’evento, scavando nella memoria sei-settecentesca che lo aveva generato.” Territori che fanno nascere nei visitatori anche la voglia di immergersi con l’immaginazione in un mondo di misteri e di leggende. Ed è questo lo spunto per un racconto ambientato a Calatafimi Segesta scritto da Nicola Cristaldi che conosce bene quella cittadina essendone stato sindaco per 10 anni: “Arrivò un dio dalle penne bianche come la neve, con un potere straordinario: poteva trasformarsi in uccello a suo piacimento”. A completare la ricostruzione della vita culturale trapanese, Vito Orlando riscopre le antiche radici della stampa: “segno di una vivacità culturale diluitasi solo negli ultimi sessant’anni”. «Il primo foglio di cui si ha memoria risale addirittura al 1818, con Il giornale dell’intendenza di Trapani, mensile che fu pubblicato fino alla fine dell’epoca borbonica nel 1860, seppure il primo a pieno titolo fu nel febbraio 1858 il quindicinale L’Iniziatore, “foglio di scienze, lettere e arti” diretto da Giuseppe Cascio Cortese, docente del liceo Ximenes, e pubblicato fino al gennaio 1859, espressione di quella borghesia intellettuale fautrice, pochi mesi dopo, del sostegno popolare dei trapanesi all’impresa garibaldina». Buona lettura e “inchitivi l'occhi” dei colori di cui è ricca ciascuna pagina di questo bel libro.
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