La giustizia italiana e i pericoli delle annunciate riforme

Politica | 21 gennaio 2023
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Rileggendo attentamente le pagine dei giornali e riascoltando le dichiarazioni rilasciate in questo scorcio di legislatura dai vari membri dei due rami del Parlamento … e non solo, non ci si può non rendere conto della gravità del momento politico che sta vivendo il nostro Paese e, necessariamente, ogni cittadino italiano.
L’attuale Governo mostra assoluta incapacità. Si, è vero, la Meloni si è formata, fin dalla sua giovane età, alla scuola politica del Movimento Sociale Italiano (ed è quanto dire!). Ma è assai chiaro a tutti quanto oggi le sue idee politiche siano fortemente influenzate da uomini come La Russa, Crosetto e Nordio. Politici dalla struttura mentale ben lontana dallo spirito e dai principi democratici di cui c’è tanto bisogno.
Chi avrebbe potuto mai immaginare che Ignazio La Russa, nostalgico fascista, abbia potuto occupare – senza particolari difficoltà– la poltrona della seconda carica dello Stato. La Russa sostituisce legittimamente Sergio Mattarella in tutte le sue funzioni durante le assenze del Capo dello Stato. Chi potrà mai dimenticare quell’amaro momento in cui il neo presidente del Senato ha occupato la poltrona dalla quale si era appena levata Liliana Segre ? La riforma Cartabia sulla Giustizia fa il paio con le scelte politiche dell’attuale Governo, in materia di Giustizia.
La corrente maggioranza parlamentare e l’attuale esecutivo sono nelle mani delle destre più populiste e conservatrici presenti nel Paese che mai prima d’ora avevamo conosciuto e che non garantirà nulla di buono alla comunità se non una stretta dei principi di libertà dei cittadini.
Mi riferisco alla riforma della Giustizia che porta il nome della Cartabia e che tanto sta facendo discutere per tutti quegli effetti distorsivi della legge di riforma della Giustizia, attualmente all’attenzione particolare dell’attuale maggioranza che brama di riuscire a portare a casa, in questa legislatura, quelle riforme da sempre volute dal tanto inossidabile Silvio Berlusconi e dai suoi accoliti.
Il Presidente del Tribunale di Palermo, Antonio Balsamo si pronuncia in particolare su quella scellerata “norma che introduce la querela della persona offesa per la punibilità del delitto di sequestro di persona in alcune realtà come quella del contrasto alle mafie.” […] “La riforma ha introdotto molte innovazioni importanti alcune delle quali potrebbero produrre effetti pericolosi per la sicurezza dei cittadini e per la tutela dei diritti dei più deboli”.
Tale norma è peraltro assolutamente insignificante perché, pur avendo lo scopo di ridurre il numero dei processi, invero non raggiunge l’obiettivo tenuto conto dell’esiguo numero di processi per sequestro di persona rispetto alla totalità dei processi celebrati anno per anno.
Dunque per evitare futuri pericoli, basterebbe modificare la norma in questione prevedendo che con riferimento al sequestro di persona si possa procedere d’ufficio e non per querela di parte.
Obbligatorietà dell’azione penale. E’ uno dei dispositivi della nostra Carta Costituzionale che all’art. 112 recita che il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale. La ratio della legge intende, per un verso, garantire l’autonomia del P.M. che appartiene alla magistratura requirente e, per altro verso, garantire i diritti dei cittadini che devono essere tutti uguali innanzi alla legge.
Dunque il P.M., appresa la notitia criminis, qualunque sia la fonte di provenienza, ha l’obbligo di intervenire autonomamente aprendo, se è il caso, le indagini.
Ebbene, pare che il Governo, per mano del Ministro Carlo Nordio voglia abolire questa norma costituzionale riducendo il P.M. ad un semplice Notaio che dunque non avrà più l’obbligo di perseguire autonomamente i reati penali che resteranno impuniti. Piuttosto con molta probabilità potrà indagare sui reati facenti parte di apposite liste di priorità (le quali molto prevedibilmente non conterranno i reati di mafia, di terrorismo, la corruzione e quant’altro) che il Ministero sottoporrà alle Procure tanto da lasciare le mani libere ai politici corrotti ed ai boss mafiosi. Questa futura norma determinerà inevitabilmente la fine dell’autonomia della magistratura e, pertanto la fine della separazione dei poteri – legislativo, esecutivo e giudiziario – adottata dall’Italia e ispirata ai principi e modelli di Montesquieu.
Il progetto politico di questo Governo è ben chiaro; l’obiettivo è quello di riformare la magistratura nel senso di sottometterla al potere esecutivo attraverso l’emanazione di indirizzi politici ben precisi.
Abuso d’ufficio Sempre nel campo della Giustizia si potrebbero fare tanti altri esempi: la riforma dello “abuso d’ufficio”. Quel reato apparentemente lieve e impalpabile – dettato dall’art. 323 c.p. – che, proprio ieri in buona sostanza è stato derubricato a reato minore -. Invero, più che derubricato è stato reso ininfluente, secondo la proposta presentata da Nordio, che consentirà ai vari funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione – a cominciare dai sindaci – di potere firmare gli atti amministrativi senza dovere temere azioni di responsabilità alcuna.
Sembra però che in particolare i Sindaci abbiano voluto fare pressione su Nordio per la riforma in argomento, non solo perché presi dalla “sindrome della firma” e della conseguente eventuale condanna, ma anche e soprattutto per lo spettro della fine della propria carriera politica.
Senza volere entrare in tecnicismi giuridici, possiamo solo accennare che l’abuso d’ufficio è un reato proprio nel senso che il soggetto attivo è solamente il pubblico ufficiale che, nello svolgimento delle proprie funzioni commette condotte illecite procurando per sé o per altri un ingiusto profitto patrimoniale o recando un ingiusto danno a terzi. Sulla questione è intervenuta la Cassazione che ha puntualizzato che con la riforma dell’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio) si concretizza una sorta di “abolitio criminis” con riguardo ai reati commessi prima dell’entrata in vigore della nuova legge di riforma. Ciò a valere sul principio del “favor rei” secondo cui, nel caso in cui si succedono diverse leggi penali – per i processi in corso – si applica la legge che prevede pene più favorevoli al reo. Ciò vuol dire che molti imputati con processi in corso di celebrazione, saranno prosciolti perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
E così usciranno dalle galere – impuniti – molti imputati.
Ma che non si preoccupino i signori deputati e senatori perché il Ministro ha provveduto a presentare due proposte di legge: la prima prevede l’abolizione completa del reato ma spero che non si arrivi a tanto. La seconda invece prevede un ammorbidimento tanto da farla apparire una legge ininfluente che raramente verrà utilizzata. Infatti probabilmente la proposta di legge prevede che il reato, per essere considerato tale deve essere commesso “colpevolmente” e arrecando direttamente ad altri un danno ingiusto.
Ebbene la lista delle riforme sulla Giustizia è lunga; potremmo parlare dell’ergastolo ostativo (è stato comunque argomento che ho già trattato in un precedente articolo) o dell’inappellabilità del verdetto di assoluzione in giudizio di primo grado.
Non so cosa ci riserverà il futuro. Sembra tuttavia che le prospettive politiche vedranno mettere legittimamente in campo tutti gli strumenti necessari per realizzare un’imprudente politica di destra iperpopulista. E probabilmente, come al solito, nessuno se ne accorgerà.
 di Elio Collovà

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