La Comunità di Sant’Egidio merita il Nobel per la Pace

Società | 28 settembre 2023
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1.L’azione meritoria della storica Comunità trasteverina

Siamo sempre più convinti che sia giunta l’ora di candidare la Comunità di Sant’Egidio al Premio Nobel per la Pace. Di più: è il caso di chiedersi perché in tanti anni il Comitato per il Nobel non abbia preso in considerazione la Comunità di Trastevere e la sua opera encomiabile per la pace, l’accoglienza, l’integrazione.
A differenza degli altri premi Nobel, quello per la Pace viene assegnato in Norvegia e non in Svezia. La cerimonia di consegna si tiene a Oslo. All'epoca dell'istituzione dei Nobel nel 1901 la Norvegia era ancora unita alla Svezia. Il vincitore viene scelto dal Comitato per il Nobel norvegese, composto da cinque persone individuate dal Parlamento del Regno di Norvegia. L'annuncio della decisione viene effettuato a metà ottobre e la consegna del premio avviene nel Municipio di Oslo. Il Nobel per la Pace è l’unico che può essere assegnato non solo a persone ma anche a organizzazioni.
Appunto di una organizzazione parliamo. Ampia, strutturata, multifunzionale, radicata in numerosi paesi.
“La Comunità di Sant'Egidio nasce a Roma nel 1968 per iniziativa di Andrea Riccardi che, nel clima di rinnovamento del Concilio Vaticano II, comincia a riunire un gruppo di liceali, com'era lui stesso, per ascoltare e mettere in pratica il Vangelo. Nel giro di pochi anni la loro esperienza si diffonde in diversi ambienti studenteschi e si concretizza in attività a favore degli emarginati. Nei quartieri popolari della periferia romana inizia il lavoro di evangelizzazione che porta alla nascita di comunità di adulti.
Il primo dei servizi della comunità, quando ancora non aveva preso il nome di Sant'Egidio, fu la scuola popolare per i bambini emarginati delle baraccopoli romane, come il “Cinodromo”, lungo il Tevere, nella zona sud di Roma.
Dal 1973, nella chiesa di Sant'Egidio in Trastevere, la prima chiesa della Comunità, si dà il via alla consuetudine della preghiera comunitaria serale, che da allora accompagna la vita di tutte le comunità.
Nella seconda metà degli anni Settanta, la Comunità comincia a radicarsi anche in altre città italiane e poi, negli anni Ottanta, a diffondersi in Africa, America e Asia. Sin dalle origini, il servizio ai poveri e il sostegno ai diritti e alla dignità della persona caratterizza, assieme alla preghiera e alla comunicazione del Vangelo, la vita della Comunità che ha costruito forme di aiuto e di amicizia per fronteggiare diverse situazioni di povertà e disagio (anziani soli e non autosufficienti, immigrati e persone senza fissa dimora, malati terminali e malati di Aids, bambini a rischio di devianza e di emarginazione, nomadi e portatori di handicap, tossicodipendenti, vittime della guerra, carcerati e condannati a morte).
La familiarità con le situazioni di povertà e la constatazione delle deprivazioni prodotte dalle guerre hanno portato la comunità di Sant'Egidio a un impegno esplicito a favore della pace.
Il 18 maggio 1986 il Pontificio Consiglio per i Laici riconosce la Comunità di Sant'Egidio come associazione internazionale di fedeli di diritto pontificio.
La Comunità di Sant'Egidio è una famiglia di comunità radicate in differenti Chiese locali. Il termine “comunità” intende rispecchiare, in particolare, un'esigenza di fraternità, tanto più sentita in quanto i membri della Comunità vivono da laici nel mondo e ne sperimentano la dispersione. La collaborazione tra membri comunitari è, così, un tratto caratteristico di Sant'Egidio, sia al proprio interno, sia all'esterno, traducendosi in un atteggiamento di apertura e attenzione verso la società e altre esperienze ecclesiali.
Il governo della Comunità è affidato al Presidente, coadiuvato dal Consiglio di presidenza e da un Assistente ecclesiastico. Il Presidente e il Consiglio di presidenza sono eletti ogni cinque anni dall'assemblea generale dei rappresentanti di tutti i nuclei di comunità. Nei Paesi in cui esistono più comunità è spesso nominato anche un Presidente nazionale”. (Notizie, dati e date tratti da “Wikipedia”, voce “Comunità di Sant’Egidio”).

2.Ambiti di intervento

“La Comunità di Sant'Egidio è costituita da una rete di piccole comunità di vita fraterna diffuse in 73 Paesi così distribuiti: Africa (29), Asia (7), Europa (23), Nordamerica (8), Sudamerica (5). I membri della comunità sono circa 60.000.
La comunità di Roma, dove ha avuto origine il movimento, ha un ruolo di riferimento per le realtà più nuove.
La Comunità di Sant'Egidio ha dato vita nei diversi Paesi a numerose opere di sostegno ai poveri. Oltre a mense, scuole di lingua per gli immigrati, centri in cui si distribuiscono aiuti, scuole pomeridiane per bambini, centri per portatori di handicap, centri per anziani, ambulatori medici e centri per persone con disagio psichico, la Comunità offre i suoi servizi in campi nomadi, gestisce una scuola di pittura per disabili, case famiglia per bambini e adolescenti, case alloggio per malati cronici e per senza fissa dimora, case per anziani non autosufficienti, case protette per anziani parzialmente autosufficienti.
A Sant'Egidio si devono la realizzazione di un ospedale per malati di tubercolosi in Guinea-Bissau e la realizzazione in Mozambico di un centro nazionale di prevenzione e cura dell'Aids. La Comunità porta inoltre avanti i programmi Bravo e Dream, entrambi sul continente africano.
Il programma Dream (acronimo di Drug Resource Enhancement against AIDS and Malnutrition) consiste in una serie di centri di analisi e cura per HIV sieropositivi e malati di AIDS, accompagnati da centri nutrizionali, dedicati alla popolazione denutrita ed ai pazienti in terapia nei centri di cura, e da laboratori di analisi. Il programma, presente in dieci paesi africani, comprende inoltre corsi di formazione per il personale locale. Vengono assistite circa 88.000 persone, di cui 52.000 in terapia antiretrovirale. Viene posta particolare attenzione nella prevenzione del contagio verticale (dalla madre al figlio durante il parto) e sono circa 10.000 i bambini nati sani da madre sieropositiva nell'ambito del programma.
Il programma Bravo (acronimo di Birth Registration for All Versus Oblivion) si pone l'obiettivo di contrastare il fenomeno crescente dei bambini privi di registrazione anagrafica. Il numero di bambini non registrati all'anagrafe è stimato dall'UNICEF intorno ai 51 milioni all'anno. La mancata registrazione anagrafica esclude da qualunque servizio pubblico, compresi quelli scolastici e sanitari, nonché l'intervento delle forze dell'ordine in caso di scomparsa o rapimento. L'estrema vulnerabilità di questa fascia della popolazione alimenta instabilità e conflitti. All'interno del programma viene praticata la registrazione anagrafica dei bambini che non siano registrati e che sarebbero altrimenti inesistenti dal punto di vista legale”. (Notizie, dati e date tratti da “Wikipedia”, voce “Comunità di Sant’Egidio”).
3.L’ “Ufficio Internazionale” della Comunità di Sant’Egidio
Ma è sul piano operativo delle attività che hanno come campo d’azione la pace e la mediazione internazionale che la Comunità dispone di una “specializzazione” ormai storica e di una peculiare marcia in più che la distingue dalle altre Ong, sia d’ispirazione cristiana, o comunque religiosa, che laica. La plancia di comando di questa “specializzazione” è costituita dall’ “Ufficio Internazionale della Comunità”.
“L'Ufficio Internazionale della Comunità ha l'obiettivo di perseguire la pace e la cooperazione tra i popoli. In varie occasioni è stato indicato come "diplomazia parallela" o "ONU di Trastevere". In particolare, la Comunità cerca di realizzare la solidarietà e l'aiuto umanitario alle popolazioni civili che soffrono a causa della guerra: i mezzi di questo servizio alla pace e alla riconciliazione sono quelli della preghiera, della condivisione, dell'incontro e del dialogo.
Il primo risultato ottenuto in ambito internazionale si ebbe nel 1990, quando tramite l'appoggio delle Nazioni Unite, il Sottosegretario agli Affari Esteri Mario Raffaelli, l'Ambasciatore d'Italia Manfredo Incisa di Camerana e la Comunità di Sant'Egidio aprirono un tavolo di trattative tra i contendenti della guerra civile in Mozambico, il FRELIMO e la RENAMO, che portò nel 1992 alla firma degli Accordi di pace di Roma. Gli accordi vengono considerati dai componenti della comunità "l'esempio di come una realtà non istituzionale, quale la Comunità di Sant'Egidio, possa portare a termine con successo una mediazione con una miscela e una sinergia di responsabilità tra entità governative e non".
L'“Ufficio Internazionale” ha partecipato a numerose altre trattative. Alcune con conclusione positiva, come l'Accordo di pace per il Guatemala nel 1996, l'Accordo di Garanzia con il quale i politici albanesi si impegnavano a rispettare il risultato delle elezioni che posero fine all'anarchia albanese del 1997 e la liberazione del leader kosovaro Ibrahim Rugova. Altre con esito negativo, come le trattative tra i leader algerini tra il 1994 e il 1999 o il tentativo di raggiungere un accordo per la pace nel nord dell'Uganda, fallito a causa del rifiuto all'ultimo momento da parte dell'LRA di Joseph Kony. Il 28 maggio 2010 è stata firmata una intesa per la democrazia in Guinea.
La Comunità organizza ogni anno dal 1986 un incontro internazionale tra i leader delle diverse religioni, allo scopo di favorire il dialogo interreligioso e di conseguenza il dialogo tra i popoli.
Più di recente è stata attivata una battaglia per una moratoria mondiale di tutte le esecuzioni capitali dall'anno 2000, che la comunità ha intrapreso a livello internazionale assieme ad altre organizzazioni. È un passaggio importante, che vede uno sforzo di particolare intensità di Sant'Egidio e dei suoi membri in ogni parte dei mondo in cui sono presenti, per l'affermazione del valore della vita senza eccezioni, a tutti i livelli.
Altre iniziative umanitarie sono state realizzate contro le mine anti uomo, per il concreto aiuto ai profughi e alle vittime di guerre e carestie, come in Sudan del Sud, Burundi, Albania e Kosovo, per il sostegno delle popolazioni colpite in Centro America dall'uragano “Mitch” o per la liberazione di schiavi, dove questa pratica inumana è ancora utilizzata.
L’attivismo diplomatico ha fatto sì che negli anni sono stati assegnati alla Comunità (o a persone ad essa appartenenti) alcuni riconoscimenti a livello internazionale. In particolare:
Premio Balzan per l'umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli: assegnato nel 2004 "per l'impegno della Comunità di Sant'Egidio nel rilanciare nel mondo la convivenza pacifica tra gruppi di etnia diversa e nel promuovere, indipendentemente dal credo religioso, l'azione umanitaria, di pace e di fratellanza fra i popoli, e in particolare per la realizzazione del suo programma DREAM di lotta all'AIDS e alla malnutrizione che si sta realizzando in Mozambico, modello concreto per altri paesi africani in difficoltà".
Premio Carlo Magno: assegnato nel 2009 ad Andrea Riccardi.
Premio della Fondazione Chirac per la prevenzione dei conflitti: assegnato nel 2010 a Mario Giro "per il suo lavoro con la Comunità di Sant'Egidio".
Premio Giornalistico Archivio Disarmo - Colombe d'oro per la Pace, assegnato nel 2016 nell'ambito della XXXII edizione dell'evento per il progetto Corridoi Umanitari”. (Notizie, dati e date tratti da “Wikipedia”, voce “Comunità di Sant’Egidio”).
Ma a Oslo e dintorni, insomma dove si decide a chi assegnare annualmente il Nobel per la Pace – malgrado i tanti frutti dell’azione spesso ecumenica e interreligiosa della Comunità di Sant’Egidio - non è che siano stati finora particolarmente impressionati da tutto questo rimboccarsi le maniche, da questo luminoso e pratico modo di intervenire nei conflitti così come di intervenire tra e con gli ultimi.

4.I “Corridoi Umanitari” e la recente iniziativa “L’audacia della pace” a Berlino

In questo quadro si colloca una altra meritoria – ancora una volta concreta, con risultati verificabili e verificati – peculiarità della Comunità di Sant’Egidio: i “Corridoi Umanitari”. Così spiegati nel sito istituzionale della Comunità:
“Ci siamo chiesti: come evitare le morti in mare di migliaia di persone, tra cui molti bambini? La risposta è stata: creiamo dei … Corridoi Umanitari per i profughi. È un progetto-pilota, realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e la Cei-Caritas, completamente autofinanziato.
Ha come principali obiettivi evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini; impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre; concedere a persone in "condizioni di vulnerabilità" (ad esempio, oltre a vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo.
È un modo sicuro per tutti, perché il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane.
Arrivati in Italia, i profughi sono accolti a spese delle nostre associazioni in strutture o case. Insegniamo loro l'italiano, iscriviamo a scuola i loro bambini, per favorire l’integrazione nel nostro paese e aiutarli a cercare un lavoro. Da febbraio 2016 a oggi sono già arrivate 6.288 persone - siriani in fuga dalla guerra e rifugiati dal Corno d'Africa e dalla Grecia.
I corridoi umanitari sono frutto di un Protocollo d'intesa tra la Comunità di Sant'Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese, la Cei-Caritas e il governo italiano. Le associazioni inviano sul posto dei volontari, che prendono contatti diretti con i rifugiati nei paesi interessati dal progetto, predispongono una lista di potenziali beneficiari da trasmettere alle autorità consolari italiane, che dopo il controllo da parte del Ministero dell'Interno rilasciano dei visti umanitari con Validità Territoriale Limitata, validi dunque solo per l'Italia. Una volta arrivati in Italia legalmente e in sicurezza, i profughi potranno presentare domanda di asilo.
I corridoi umanitari sono totalmente autofinanziati dalle associazioni che li hanno promossi”.
L’iniziativa più recente della Comunità, di ampio risalto mediatico, è stata l’incontro del 10-12 settembre scorso a Berlino “The audacity of peace - International meeting for Peace, Religions and Cultures in Dialogue”, 37° incontro internazionale “nello Spirito di Assisi”. Al forum hanno preso parte esponenti religiosi di primo piano ed anche politici di primo piano come il Cancelliere federale di Germania Olaf Scholz che ha dialogato con il presidente della Comunità Marco Impagliazzo. Grazie alla Comunità trasteverina si è parlato concretamente di pace a Berlino, nel cuore dell’Europa insanguinata dalla barbara e antistorica aggressione russa all’Ucraina. Come ha detto Andrea Riccardi, “serve oggi l’audacia della pace, che ci porta oltre il muro dell’impossibile di fronte a cui ci siamo arrestati”.

5.Il cardinale Zuppi e la sua missione di mediazione nel conflitto russo-ucraino

Ma, sempre a proposito di pace così sotto attacco in questa nostra epoca, c’è un aspetto che non è stato rimarcato con l’attenzione che merita. Assieme alla mediazione della Turchia sulla continuazione dell’esportazione del grano ucraino nel mondo - poi nel giro di pochi mesi rinnegata e affossata da Mosca - l’unico tentativo reale di mediazione tra Mosca e Kiev (quanto meno su aspetti circoscritti come la restituzione di bambini ucraini prelevati nelle zone occupate da russi e filorussi e trasferiti in Russia per indottrinarli) – è quello voluto da Papa Francesco. Il pontefice ha chiamato come suo plenipotenziario e mediatore il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Zuppi con un vero e proprio “tour de force” è stato nel giro di poche settimane prima a Kiev, poi a Mosca, Washington, Pechino.
Zuppi – che in tanti pronostichiamo come prossimo Pontefice quando Francesco purtroppo dovrà lasciare la vita terrena – altro non è che un esponente della prima ora della Comunità di Sant’Egidio. Nella quale ha esercitato e rafforzato nei decenni scorsi le sue doti diplomatiche e di mediatore.
Il 10 febbraio di quest’anno il cardinale Zuppi ha presieduto nella basilica di San Giovanni in Laterano la celebrazione eucaristica per il 55° anniversario della Comunità di Sant’Egidio.
“Il pensiero del porporato è andato alle comunità operative nei “piccoli e sperduti villaggi” in Africa segnati da anni di violenze e a quelle in Ucraina e in Russia che “nella tempesta della guerra non hanno smesso di aiutare i più deboli – le parole del presidente della Cei -, di rassicurare e sfamare gli anziani soli, chi vive per strada o i bambini delle scuole della pace”. Il cardinale ha voluto ringraziare i volontari per “l’esempio di umanità che offrono nelle loro situazioni, mostrando la vita cristiana e lo spirito della Comunità” e ha invitato a proseguire nell’incessante opera di “accendere luci di speranza e mostrare un mondo migliore quando intorno c’è il buio della violenza, della guerra, della solitudine, dell’insignificanza”. Zuppi ha esortato tutti i presenti a scegliere sempre di essere “operatori di pace, di conservare un cuore umano, di agnello, anche quando il mondo diventa lupo, crede solo nelle armi e non sa più trovare umanità e dialogo. Gettiamo semi di un mondo diverso – ha aggiunto -, per iniziare già oggi, dove siamo, il nostro cessate il fuoco, disarmando le mani e le menti, riempiendole di sentimenti e legami di amore”.
In questi 55 anni la Comunità, fondata il 7 febbraio 1968 per volontà di Andrea Riccardi e di un gruppo di studenti del liceo Virgilio di Roma, ha intessuto legami di amicizia con gli immigrati, i rifugiati giunti in Italia con i corridoi umanitari, i profughi fuggiti dalle guerre, con le centinaia di famiglie messe in ginocchio dalla crisi economica generata dalla pandemia. C’erano tutti ieri sera (…). (Roberta Pumpo “Comunità di Sant’Egidio: da 55 anni con gli ultimi del mondo” in “Agenzia di informazione SIR”, 10 febbraio 2023).

6.Zuppi e Comunità di Sant’Egidio: non è un semplice legame, è una origine

Un legame quello tra il porporato e la Comunità su cui l’11 gennaio 2020 era stato apposto un sigillo tanto significativo quanto prevedibile: la presa di possesso del cardinale Zuppi del titolo di Sant’Egidio. Scriveva a proposito il quotidiano “Avvenire” nell’edizione di Bologna (A.C. “Zuppi. La presa di possesso del titolo di Sant’Egidio”, 12 gennaio 2020):
“Il cardinale Zuppi ha preso possesso sabato sera del titolo cardinalizio di Sant'Egidio. Ogni Cardinale è infatti titolare di una chiesa nella città di Roma, come segno ideale della sua stretta partecipazione al ministero del Vescovo di Roma, il Papa, successore dell'Apostolo Pietro. Papa Francesco, in questa occasione, ha elevato a titolo cardinalizio, la piccola Chiesa di Sant'Egidio in Trastevere e l'ha attribuita appunto al Cardinale Zuppi. 
Sant'Egidio infatti è un luogo speciale nella biografia del porporato, perché in questa Chiesetta sono iniziate nel 1968 le attività della comunità che ha preso il nome dal santo abate eremita, vissuto in Liguadoca nel VII secolo a cui è intitolata la chiesetta. Una breve cerimonia, consistita fondamentalmente nella pubblica lettura della Bolla papale e nella redazione del verbale, un ideale ritorno a casa per il Cardinale, come ha affermato il fondatore della comunità Andrea Riccardi. Il Cardinale era accompagnato dai due vicari della diocesi e dal segretario generale.
Dopo la cerimonia che ha avuto luogo nella chiesa titolare, l'Arcivescovo si è spostato nella vicina e decisamente più capiente basilica di Santa Maria in Trastevere dove ha presieduto la Santa Messa nella festa del Battesimo di Gesù. Proprio in questa Chiesa, Zuppi aveva svolto il ministero di parroco dal 2000 al 2010, oltre che di assistente generale della comunità: un figlio della Chiesa di Roma, sono parole del Cardinale, al quale il Papa ha dato la gioia di legarsi di nuovo a un luogo significativo e pieno di grazia personale. 
Sant'Egidio è una chiesa «dalle porte sempre aperte - ha rimarcato il cardinale - dove si respira un clima familiare e dove tutti vengono accolti e aiutati nella preghiera». Nell'omelia il cardinale ha ricordato i cieli aperti sopra Cristo battezzato nel Giordano. «L'aprirsi dei cieli è segno della fine dei tempi dell'ira. Oggi i cieli sono chiusi, troppo chiusi, in tante parti del mondo - ha rimarcato il Cardinale. Tornano i tempi dell'ira e della guerra. Oggi si alza fiduciosa e insistente la nostra preghiera di pace al Signore, "luce delle nazioni" affinché si aprano i cieli di pace”. 
Ma quanto è stata rilevante per la formazione dell’arcivescovo di Bologna la Comunità di Sant’Egidio? Ce lo fa comprendere in modo particolarmente efficace il quotidiano “La Gazzetta di Reggio” in un articolo dell’1 agosto 2022 dall’eloquente titolo “Cresciuto con la Comunità di Sant’Egidio”:
“II cardinale Matteo Maria Zuppi è nato a Roma nell'ottobre del 1955: è quinto dei sei figli del giornalista Enrico e di Carla Fumagalli, nipote del cardinale Carlo Confalonieri. Dal 27 ottobre 2015 Zuppi è arcivescovo metropolita di Bologna e dal 24 maggio 2022 presidente della Conferenza Episcopale Italiana: Papa Francesco lo ha nominato scegliendolo da una terna di nomi, eletta il giorno stesso dall'assemblea della Cei, che c omprendeva anche il cardinale Augusto Paolo Lojudice e il vescovo Antonino Raspanti.
Nella sua formazione è stato fondamentale l'incontro avvenuto nel 1973 con Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant'Egidio: con l'associazione ha iniziato a collaborare prima nelle scuole popolari e poi con gli anziani soli o gli immigrati. Entrato nel seminario di Palestrina, ha conseguito il baccalaureato in teologia presso la Pontificia Università Lateranense, quindi si è laureato in lettere all'università degli Studi di Roma "La Sapienza", con una tesi in storia dei cristianesimo.
Il 9 maggio 1981 è stato ordinato sacerdote. Appena dopo l'ordinazione è stato nominato vicario parrocchiale della basilica di Santa Maria in Trastevere di Roma e ha ricoperto l'incarico per 19 anni. Il 15 novembre è incardinato nella diocesi di Roma.
Nel 1990 svolge il ruolo di mediatore nelle trattative tra il governo del Mozambico (all'epoca controllato dai socialisti del Fronte di Liberazione del Mozambico) e il partito di Resistenza Nazionale Mozambicana, impegnati sin dal 1975 in una guerra civile. Zuppi collabora nell'opera di mediazione con Andrea Riccardi, Jaime Pedro Goncalves e Mario Raffaelli: il 4 ottobre 1992, dopo 27 mesi di trattative, si raggiunge la firma degli Accordi di pace di Roma che sancirono la fine delle ostilità. Per il loro impegno Zuppi e Riccardi furono nominati cittadini onorari del Mozambico. (…)”.

7.Conclusioni

Intervenendo il 26 agosto 2023 a Padova, nella Basilica di Sant’Antonio, alla veglia di preghiera per la pace con circa mille giovani europei, tra cui 70 dell’Ucraina, promossa dalla Comunità di Sant’Egidio tramite il movimento Giovani per la Pace, Zuppi ha detto:
“(…) "La guerra è la madre di tutte le povertà e l'amore porta tutte le ricchezze e le paci. E debbo confessarvi una cosa: sono andato a Kiev per la missione che papa Francesco mi ha affidato per aiutare la pace. Sono andato a visitare il centro di accoglienza della Comunità. Sono orgoglioso, fiero dei nostri fratelli e sorelle della comunità in Ucraina, perché nel buio della guerra e della disperazione tengono accesa la luce dell'amore, parlando con rispetto, dando dignità, facendo sentire importanti e aiutati, offrendo risposte concrete che poi altri amici della comunità da tante parti in Europa hanno, avete, mandato a loro. Lì veramente ho sentito che erano fratelli tutti, che c'eravate anche voi e che l'inimicizia era sconfitta. Le città brillano alla scuola della pace o quando il buio della solitudine è sconfitto. Basta poca luce. Nel buio anche una piccolissima luce cambia tutto. Non pensare mai che quello che fai non conta. E' importante, molto più di quello che pensi. Siamo luminosi proprio quando diamo luce agli altri. E questo ci fa tenere acceso il nostro cuore (…). Ecco, a Kiev ho pensato che la pace è già iniziata.
La guerra, tutte le guerre, ci coinvolgono tutti. E’ una pandemia. La nostra amicizia è esattamente il contrario: è amicizia globale, cioè un bene senza confini. L’amicizia supera tutti i confini, rende normale che siamo diversi ma non per questo ostili.
La guerra “produce un’epidemia di inimicizia con i suoi frutti terribili: l’odio, la violenza, la morte, la tortura, il disprezzo, la distruzione, gli sfollati, la rabbia, i muri pensando così di stare sicuri o in pace”. (“Nel buio basta una piccola luce. A Kiev ho pensato che la pace è iniziata”: il card. Matteo Zuppi ai giovani del Global Friendship” in www.santegidio.org, 23 agosto 2023)
Ecco, don Matteo Zuppi incarna - portandola ai livelli più alti delle gerarchie ecclesiali – quello che potremmo definire il “Modello Sant’Egidio” o il “Protocollo Sant’Egidio”. O, più profondamente, lo “Spirito di Sant’Egidio”. Stupisce che coloro che assegnano il Nobel per la Pace finora non si siano accorti di questo approccio alla pace fatto di grandi aspirazioni costruite con passi ostinati, anche piccoli, e scarpe robuste per camminare andando avanti. E stupisce ancora di più se si pensa che in questi nostri tormentati giorni il globo è insanguinato da ben 58 conflitti tra guerre che vedono schierati paesi contro, guerre civili, lotte intestine, ribellioni varie, terrorismi endemizzati, scontri fra etnie e gruppi religiosi in lotta, rivoluzioni e pseudo-rivoluzioni.
 di Pino Scorciapino

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