In piazza la protesta contro
le manovre che pesano
sui lavoratori

Società | 28 novembre 2024
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In questi giorni, come da rito, abbiamo assistito al festival delle ovvietà. Ad ogni sciopero generale, infatti, c’è sempre qualcuno che dice: “È uno sciopero politico”. Ma certo che lo sciopero generale è uno sciopero politico, perché la natura delle rivendicazioni, riguardando il paese nel suo insieme, è politica. Se poi si svolge contro l’atto primario della politica di bilancio, questo è vero due volte. È lì, nelle pieghe di ogni legge di bilancio che c’è chi fa un passo avanti e chi, invece, indietro. Sempre…
È uno sciopero, questo, che tradisce una posizione “precostituita” del sindacato contro il Governo? Ne avrebbe ragione poiché oltre le misure previste, che non vanno certo incontro ad alcuno degli obiettivi proposti dal lavoro dipendente, il Governo sta mostrando una tale presunzione e una sindrome di autosufficienza smisurate. La novità di questa fase è infatti la convocazione dei sindacati a cose già fatte, mentre la manovra era già in Parlamento. Il ministro Salvini, come se non bastasse, aggirando la norma concertata con la Commissione sul diritto di sciopero sulla straordinarietà dello sciopero generale, ha deciso di precettare il settore dei trasporti. E' così che si è deciso, da parte del governo, di alzare deliberatamente il tono dello scontro.
E poi ci sono il merito della manovra da un lato, e le condizioni del paese dall’altro.
L’unica cosa certa è che questa manovra di bilancio, timida con i deboli, non permette a nessun esponente di Governo, tantomeno alla Presidente del Consiglio, di sventolarla quale esempio di cambio nella direzione del paese. Hanno dovuto ricorrere a un decreto-legge, chiamato “Bonus Natale”, per spruzzare 100 euro ai titolari di reddito sotto i 28.000 euro, sempre che abbiano prole. Siamo alla disperazione… Non manca all’appello il solito concordato preventivo, vera beffa a chi le tasse deve pagarle fino all’ultimo euro, mentre non si corregge il definanziamento progressivo del Sistema sanitario nazionale, che è il vero incubo per le famiglie italiane. Insomma, la solita finanziaria che, in attesa di occuparsi delle fasce più deboli, intanto consolida quelle più ricche!
Certo, verrebbe da dire, dall’opposizione tutto è tremendamente facile, ma dal governo tutto diventa tremendamente complicato.
Ma vediamo da vicino qualche numero che fa da sfondo all’azione di Governo. A questo punto è necessario.
Abbiamo accumulato negli scorsi tre anni il 17% di inflazione che è stata prodotta dai costi e non dalla domanda; una crescita che quest’anno sarà abbondantemente sotto l’1%; una campagna di rinnovi contrattuali o bloccata come nella pubblica amministrazione, oppure legata all’Ipca depurata, nel settore privato, dagli effetti dell’inflazione importata, ben sapendo che il caro energia di questi anni, e l’inflazione ad essa collegata, è totalmente legato a dinamiche internazionali. Si pensi solo al fatto che circa 7 milioni di lavoratrici e lavoratori pubblici hanno visto già il loro potere d’acquisto diminuire quasi del 20%! La prospettiva è quella di recuperarne solo un terzo.
Ciò significa che tutto il mondo del lavoro dipendente, e una parte del mondo del lavoro autonomo, è in forte sofferenza. Per non parlare dei pensionati. E per finire, il previsto passaggio dalla decontribuzione, norma varata dal governo Draghi,  alla fiscalizzazione del cosiddetto cuneo, ridurrà i benefici in busta paga rispetto agli ultimi tre anni. Con questa misura, a parte pochi fortunati, tutti i lavoratori dipendenti sotto i 35mila euro verranno penalizzati rispetto alla situazione precedente. I pensionati ed i lavoratori dipendenti, in estrema sintesi, pagheranno 17 mld in più di Irpef. Scusate se è poco, quasi un punto di Pil...
Anche sul versante del mercato del lavoro le cose non vanno meglio.
Diminuiscono le ore lavorate ed aumenta il popolo dei Neet, il che significa che i dati sull’occupazione della Presidente del Consiglio non sono, come al solito, veritieri. Certo, puoi contare quanto vuoi le singole teste, ma la verità è che a lavorare per quattro ore al giorno è un popolo non solo di giovani e ragazze, ma di persone che non sono più strutturate nel lavoro e che non hanno di che sfamarsi anche se formalmente lavorano. Sono milioni e sono poveri. E chiamarli occupati è innanzitutto un’offesa. Dove colpisce di più la disoccupazione è, dice l’ISTAT, la fascia tra i 35 e i 49 anni. Questo spiega come sia proprio il lavoro strutturato che viene a mancare, proprio nella sua fase di maturità lavorativa. E significa che qualcosa cede nel nostro sistema produttivo e nel nostro mercato del lavoro. Insomma, c’è un continuo travaso dal lavoro stabile a quello precario, sia sul piano della natura del rapporto di lavoro che su quello delle ore lavorate.
Del resto, come potrebbe essere diversamente se la produzione industriale cala ancora nell’ultimo trimestre dello 0,4% rispetto ai due mesi precedenti: è il 19° mese di calo consecutivo. A guardarci “dentro”, anche solo superficialmente, colpisce il calo del 15% della produzione di mezzi di trasporto ed il 10% del sistema moda. Stiamo parlando di grandi sistemi produttivi che hanno grandi reti di fornitori, sono decisive per l’export e dove ci lavorano centinaia di migliaia di persone! Per non parlare della crisi prodotta nei sistemi produttivi ad alta dipendenza energetica in fase di transizione. Eni ha annunciato un piano di dismissione pressoché totale dei suoi stabilimenti chimici che sostanzialmente mette la parola fine alla chimica italiana. E questo nel silenzio del Governo, anzi in piena complicità perché non potrebbe essere diversamente. Forse, lo dico sottovoce, il Governo regionale dovrebbe interrogarsi: la Sicilia ha un peso importante nella chimica italiana e rischia di pagare il prezzo più alto, insieme alla Puglia. Non è un caso che siano due regioni del Sud! Ma questo è un altro problema.
Le cose, quindi, non vanno bene. La crescita è bassa e l’occupazione reale non cresce. Del resto, la Cig aumenta di 7 mln di ore rispetto al 2023 mentre il calo del ricorso alla Naspi, di fronte al peggioramento degli indicatori fondamentali, ci dice che aumenta il lavoro irregolare e precario. E questa non è una buona notizia.
La migliore performance, per così dire, è dell’economia sommersa che, ci dice sempre l’Istat, raggiunge il 10% del Pil, circa 200 mld.
Ciò che rende particolare la legge di bilancio è che non consente bluff.
Per questo motivo lo sciopero è giusto: perché lavoratori e pensionati subiranno tagli mentre sul lavoro autonomo si decide di alleggerire il peso fiscale. Sono scelte fatte non a caso da parte del Governo. il resto è conseguenza!
 di Emilio Miceli

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