Il canto della Casbah evoca la storia di Mazara che parla la lingua Sabir

Cultura | 16 febbraio 2024
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Il “Canto della Casbah” di Nicola Cristaldi e Giovanni Franco (Libridine 2023, euro 15) è un libro innovativo già nella forma. Si tratta infatti di due volumi uniti in una doppia copertina che possono essere letti “a specchio” a seconda che si scelga di cominciare dal testo del politico mazarese, già presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana e sindaco di Mazara del Vallo e Calatafimi-Segesta; oppure, ribaltando con un semplice gesto della mano la pubblicazione, dalle splendide foto di Giovanni Franco, giornalista dell’Ansa e fotoreporter di grande e riconosciuto valore.
In un momento storico nel quale sembrano venute meno le regole – a volte perfino le ragioni – della convivenza tra culture diverse, Mazara del Vallo – tra i principali porti pescherecci d’Italia e dell’intero Mediterraneo – segna la via della possibile convivenza ed integrazione “tra Oriente ed Occidente, tra Cristianesimo ed Islamismo”. Vivida è la descrizione che Franco propone nelle pagine che introducono le foto, dagli splendidi colori, che descrivono volti, strade, paesaggi urbani, angoli fioriti della Medina: “La voce dell’Islam giunge dalla moschea Ettakwa in via San Francesco... poi fai pochi passi… e ti imbatti nel vescovo della Diocesi con lo zucchetto in testa”.
E davvero dalle foto sarebbe difficile riconoscere dalle fattezze, dai visi o dal modo di vestire, quanti sono nati in Sicilia, e coloro invece che sono giunti dalle coste del Nord Africa e ormai da anni abitano nella città e sono in gran numero tra i quasi quattromila marinai che compongono gli equipaggi della flotta peschereccia. Nessuno si meraviglierebbe se il popolo che percorre le strette viuzze dell’antico centro storico si esprimesse in Sabir, la lingua franca barbaresca con cui interloquivano, dal XV a XVIII secolo, europei, arabi e turchi sulle diverse sponde del grande mare contornato da terre. C’è l’affetto radicato per il luogo di nascita e in cui conserva, profonde, le proprie radici nelle pagine che Cristaldi dedica alla storia e alla rinascita della città alla foce del fiume Mazaro dal quale prende il nome. La città ha avuto un ruolo antico nella storia della Sicilia, tanto che “vallo di Mazara” venne definito uno dei tre domini reali al di qua del Faro in cui fu divisa l'isola dalla fine della dominazione musulmana alla riforma amministrativa borbonica del 1818.
Centro della narrazione è l’antica Medina, lascito della lunga dominazione musulmana che da sempre i mazaresi definiscono casbah. “La Casbah è una calamita di lingue e religioni diverse dove si può vedere una comunità musulmana vivere in case dove i cristiani hanno affisso sui muri esterni le immagini della propria fede: “Le civiltà che hanno costituito il nerbo e il corpo di culture, tradizioni e credenze di questa nostra parte del mondo si incrociano in questa sorta di luogo fuori del tempo come “il vicolo dedicato al muro del pianto in uno spazio un tempo abitato da comunità ebraiche”. L’editto di Ferdinando il Cattolico che il 31 marzo 1492, qualche mese prima che Cristoforo Colombo avvistasse il “nuovo mondo”, condannò all’esilio la vasta e ricca presenza ebraica nell’isola provocò anche a Mazara conseguenze economiche negative con la scomparsa di attività, soprattutto artigianali e commerciali che ai cristiani erano interdette. Si è calcolato che, a seguito del bando, circa 40mila persone (su circa 500mila abitanti dell’isola) abbiano abbandonato la Sicilia che ne fu fortemente colpita nella sua vita economica e culturale. Sapida è la descrizione che Cristaldi ci propone della vita, sociale, civile e politica, di una città di provincia con i suoi circoli – nei quali si decidevano i sindaci e le sorti della comunità, con i suoi tic, con i personaggi insoliti, alcuni dei quali sembrano usciti da un film di Giuseppe Tornatore. Tommaso – l'uomo cane – su cui si interessarono Leonardo Sciascia e Paolo Borsellino perché si sospettò potesse trattarsi del fisico catanese Ettore Majorana misteriosamente scomparso sul traghetto in navigazione da Palermo a Napoli. Ai funerali di Tommaso partecipò tutta la città e fu perfino proclamato il lutto cittadino.
Tra le righe, tuttavia, si intravedono le passioni politiche dell’autore e un bilancio tutt’altro che enfatico ed autoreferenziale della vita pubblica, fatto – come per quasi ciascun uomo politico – di successi e qualche sconfitta. Divertente l’elenco delle “Nciurie” orbitanti nella casbah, spesso indispensabile per distinguere famiglie diverse e non imparentate, accomunate tuttavia dal medesimo cognome. Ma anche piccolo dizionario delle relazioni all’interno del complesso mondo della marineria. Notevole il progetto editoriale e stupende, come sempre, le fotografie di Giovanni Franco.
 di Franco Garufi

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