I prevaricatori, i sopraffatti, i cloroformizzati
Cultura | 15 marzo 2023
Nel nostro tempo gli esseri umani si dividono in tre categorie: i prevaricatori, i sopraffatti, i cloroformizzati.
Romanzi, saggi, commedie, drammi, raccolte di aforismi, soggetti cinematografici straripano di suddivisioni nelle quali incasellare gli esseri umani. A centinaia. Leonardo Sciascia (1921-1989) ne “Il giorno della civetta” (Einaudi, 1961) fa dire al boss mafioso don Mariano che egli divide l’umanità in cinque categorie: “uomini, mezz’uomini, ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà”. Secondo il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900) gli uomini si dividono in due categorie: “Quelli che inseguono i propri desideri e quelli che, invece, inseguono quelli degli altri”. Per uno dei più importanti cantautori italiani di sempre, Fabrizio De André (1940-1999), il mondo “è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti?”. Nel “Manifesto del Partito Comunista” di Karl Marx e Friedrich Engels (1848) era codificato che “la società si divide in due grandi campi opposti, in due classi nemiche: la Borghesia e il Proletariato”. Per lo scrittore Achille Campanile (1899-1977) “l’umanità si divide in due categorie: quelli che s’alzan tardi e quelli che s’alzan presto. I primi se ne stanno tranquilli e buoni. Gli altri, invece, sostengono a spada tratta tutta la necessità per tutti d’alzarsi presto”. Indimenticabile la dicotomia teorizzata da Totò (1898-1967) nel film del 1955 di Camillo Mastrocinque “Siamo uomini o caporali”: “L'umanità io l'ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali. La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza. Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza la minima soddisfazione, sempre nell'ombra grigia di un'esistenza grama. I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza avere l'autorità, l'abilità o l'intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque”.
Si direbbe tatuata simbolicamente sul suo corpo e sulle sue sofferenze la distinzione del conduttore televisivo Enzo Tortora (1928-1988), innocente buttato in galera per lo sconcertante pressappochismo dei magistrati inquirenti, poi morto prematuramente: “Io ormai divido la gente in due categorie molto semplici: quelli che conoscono sulla pelle l'infamia di una carcerazione [preventiva] in un regime cosiddetto democratico, protratta all'infinito, protratta per anni; e quelli che non hanno la jattura di conoscerla. E allora, se non la conoscono, dovrebbero quantomeno cercare di calarsi nei panni di chi vive questo tormento”.
Graffiante la definizione del regista americano Woody Allen: “Il mondo si divide in buoni e cattivi. I buoni dormono meglio ma i cattivi, da svegli, si divertono molto di più”. Per il matematico e filosofo Piergiorgio Odifreddi “il mondo è diviso in due, e ognuno fa la sua scelta di campo. Da una parte, i penitenti a testa bassa: come Galileo Galilei che accettò di abiurare in ginocchio di fronte al tribunale dell'Inquisizione, o Renato Cartesio, che preferì non pubblicare il suo trattato […]. Dall'altra parte, gli impenitenti a testa alta: come Giordano Bruno, al quale fu messo il morso sul rogo per impedirgli di continuare a bestemmiare fino all'ultimo, o Benedetto Spinoza, che fu maledetto e radiato dalla comunità ebraica”.
Secondo il sacerdote cattolico, teologo e filosofo austriaco Ivan Illich (1926-2002) “il mondo attuale è diviso in due: ci sono quelli che non hanno abbastanza e quelli che hanno troppo; quelli che le automobili cacciano dalla strada e quelli che guidano le automobili. I poveri sono frustrati e i ricchi sempre insoddisfatti”.
Andiamo avanti. Giacomo Leopardi, che non necessita di presentazioni, sostiene: “Il genere umano e, dal solo individuo in fuori, qualunque minima porzione di esso, si divide in due parti: gli uni usano prepotenza, e gli altri la soffrono”. Per il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012), un gigante della Chiesa del nostro tempo, “gli uomini si dividono in due grandi categorie: quelli che, ad esempio di fronte all'incertezza della strada da prendere, per nulla al mondo chiederebbero informazioni; e coloro invece che domandano con facilità”.
Altre distinzioni. Ancora Fabrizio De André: “Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare”.
Nella serie a fumetti “Dylan Dog”: “Gli uomini si dividono fondamentalmente in due categorie …quelli che detengono il potere, e quelli che lo subiscono. Un tempo i primi avevano diritto di vita e di morte sui secondi”.
Scrive il filosofo e matematico francese René Descartes (Cartesio) (1596-1650): “Il mondo è composto quasi esclusivamente di due specie di intelligenze [...]: cioè di coloro i quali, credendosi più abili che non siano, non possono far a meno di precipitare i loro giudizi, né avere abbastanza pazienza per condurre con ordine tutti i loro pensieri – onde deriva che, se si fossero una volta presa la libertà di dubitare dei principî che hanno accettato e di scostarsi dalla via comune, non potrebbero restare in quella che bisogna prendere per andar più diritto, e rimarrebbero fuor di strada tutta la loro vita. E poi, di coloro i quali, avendo sufficiente ragione, o modestia, per giudicare ch'essi sono meno capaci di distinguere il vero dal falso di altri da cui possono essere istruiti, debbono piuttosto contentarsi di seguire le opinioni di questi altri che cercarne essi stessi delle migliori”.
E per un altro filosofo, matematico e fisico francese, il cattolico Blaise Pascal (1623-1662), “esistono tre categorie di individui: quelli che servono Dio dopo averlo cercato; quelli che si sforzano di cercarlo senza ancora trovarlo; quelli che vivono senza cercarlo e senza averlo trovato. I primi sono ragionevoli e felici, gli ultimi sono pazzi e infelici, quelli di mezzo sono infelici e ragionevoli”.
Si potrebbe continuare per pagine e pagine.
Torniamo alla nostra ripartizione: prevaricatori, sopraffatti, cloroformizzati.
Chi sono i prevaricatori? Gli autocrati. Tutti i dittatori che prima o poi - è matematico - portano il loro paese in guerra. I leader politici che pretendono di essere capi di stato o primi ministri a vita. I guerrafondai. Chi ritiene che i contrasti tra popoli e tra stati vadano risolti con le guerre. I fomentatori di discordie. Gli individui caratterialmente divisivi. Gli attizzatori di contrasti e conflitti. Gli Hitler d’ogni tempo. A cominciare dall’originale, inarrivabile per mostruosità. I suoi contemporanei esecutori di quell’abisso di aberrazione che sono stati i campi di sterminio e la Shoah. Proseguendo da Stalin ai Pol Pot, ai Kim Jong-il e Saddam Hussein dei decenni più vicini alla nostra epoca. I fascisti della storia e del presente, senza mai dimenticare o sottovalutare la responsabilità di cui si è macchiata l’Italia di aver dato i natali al fascismo mussoliniano. Chi ordina di erigere muri, cortine, barriere di filo spinato. Trump e i trumpiani. Bolsonaro e i bolsonaristi. Gli ideologi che li ammaestrano a cominciare dal famigerato, pericoloso Steve Bannon. I nazionalisti. I sovranisti. Gli sciovinisti. I populisti. I demagoghi. Gli uomini non “d’onore” ma “del disonore”: i mafiosi, i camorristi, gli ndranghetisti, i criminali e la gente di malaffare d’ogni sorta. I fiancheggiatori. Gli uomini del pizzo. Gli hacker. I costruttori di notizie false, di fake news. Chi gode ad essere dispensatore e frequentatore di chiacchiericcio. I corrotti e i corruttori. Chi si pappa tangenti, siano esse milionarie o, in base ai più modesti ruoli rivestiti, anche solo di pochi spiccioli. Gli amministratori e gli impiegati pubblici che non disdegnano la pratica della concussione. Coloro che appiccano incendi in estate. Gli sfruttatori. I supermiliardari perchè non si accumula ricchezza senza sfruttare il lavoro altrui. Gli idoli del calcio e di tante altre discipline sportive con i loro guadagni miliardari. Guadagni immorali, inaccettabili, contro i quali bisogna lottare. Con quanto incassa tra contratti d’ingaggio ed entrate pubblicitarie un celebrato campione sportivo in un anno si potrebbe mettere fine ai problemi quotidiani di nutrizione di centinaia di migliaia se non di milioni di abitanti in alcune delle aree più povere dell’Africa o più arretrate in altri continenti. E un discorso analogo si può fare per le più pagate star del cinema, dello spettacolo, della musica, del rock, delle tv. Prevaricatori sono i saccenti. I megalomani. I manipolatori. I padroni orgogliosi di essere padroni. Gli estortori. Gli spacciatori. Coloro che producono, raffinano, impacchettano droga: a partire dai miliardari boss dei grandi cartelli sudamericani fino ad arrivare al più misero coltivatore di oppio in Afghanistan, Pakistan, Iran, Myanmar, di cocaina in Colombia, Messico, Bolivia, Perù, di marijuana in Marocco. Perché a nessuno deve essere permesso, in nome della sua miseria o dell’obbligo di sfamare sua moglie e i suoi figli, di distruggere le vite degli altri. Coloro che picchiano, seviziano, terrorizzano debolissimi anziani e anziane per rubare loro i quattro soldi di pensione prelevati all’Ufficio Postale o li torturano massacrandoli di botte a domicilio in cerca di risparmi o gioielli che non hanno. Definirli rubagalline sarebbe già rendere loro onore. Perché - può sembrare paradossale scriverlo - bisogna avere dignità di uomini anche nell’essere ladri. Costoro invece sono niente altro che vigliacchi che se la prendono con gente indifesa. Meritano solo di essere sputati in faccia. Prevaricatori sono gli ultras delle tifoserie calcistiche – razzisti e sempre pronti a menare le mani – spesso militanti in formazioni dell’ultradestra politica. I prevaricatori sono coloro che non vogliono sia applicata la “patrimoniale” per i redditi superiori, facciamo, ai 3 milioni di euro l’anno. Gli evasori fiscali. Coloro che difendono gli interessi non di chi sta peggio ma di chi sta meglio. I pedofili con e senza tonaca. I persecutori. Gli stalker. Gli haters ossia - senza bisogno dell’immancabile ricorso al vocabolo inglese - gli odiatori, le persone che, di solito nascondendosi dietro l’anonimato, usano la rete, in particolare i social, per esprimere odio o incitare all’odio verso qualcuno o qualcosa. I cyberbullisti. Coloro che negli ambulatori e nei pronto soccorso prendono a pugni e calci medici, infermieri, portantini. I bulli. I minorenni violenti, i picchiatori del “branco” e delle bande giovanili. Gli uomini e le donne certi di essere i depositari della verità e del sapere. Coloro che non hanno il coraggio di perdonare. I rancorosi. I permalosi. Chi vive nelle faide e per le faide. Chi è imbevuto dell’obbligo delle vendette. I patiti delle armi da fuoco e dei coltelli a serramanico. I violenti. I violentatori. Gli stupratori, in tempo di guerra delle donne “nemiche” e in tempo di pace della prima preda che passa. In fin dei conti i prevaricatori sono il peggio che l‘umanità abbia espresso nel corso dei secoli, gli schiavisti del passato e del presente, gli scafisti, i libici che imprigionano, caricano, smistano, ingravidano le migranti. Gli antisemiti. I razzisti. Solitamente i razzisti sono quelli con la pelle più chiara nei confronti di coloro che hanno pelle più scura. I suprematisti bianchi. Gli ufficiali dei servizi segreti di certi paesi nei quali si torturano e massacrano innocenti universitari stranieri solo perché sospettati senza fondamento di essere sobillatori di rivolte o spie. I prevaricatori sono il clero scita iraniano, i talebani afghani, i gruppi jihadisti, i militanti dell’Isis, i fanatici, gli integralisti, i fondamentalisti. I mercenari. Il ricattatore nucleare seriale, criminale di guerra e massacratore di innocenti Vladimir Putin.
E i sopraffatti? I sopraffatti sono l’umanità dolente. Gli ultimi dell’umanità. I nuovi ultimi. Gli sconfitti. Il quasi miliardo di esseri umani che non dispone di acqua potabile. I feriti dalla vita. Gli invisibili. Coloro che dormono coperti da cartone sotto i ponti o nelle aree delle stazioni ferroviarie. I migranti. Gli schiavi. Gli sfruttati nei campi per la raccolta dei prodotti agricoli e in tante altre posizioni di lavoro. Gli emarginati. I profughi. I rifugiati. I carcerati delle celle-pollaio. Sopraffatte sono le donne vittime di femminicidio indipendentemente dalla classe sociale alla quale appartengono. Gli operai morti sul lavoro. Sopraffatti sono interi territori e popolazioni di uno stato quando il divario con il resto del paese non solo non si attenua ma si accentua. Sopraffatti sono in Italia i meridionali. Ma questo non importa a nessuno. Forse neppure a loro stessi che ormai ritengono normale che i loro figli vadano a lavorare nel Nord’Italia e all’estero. Tutti cervelli in fuga? Possono definirsi cervelli in fuga giovani che vanno a fare i camerieri in un “bistrot” parigino o in un ristorante non della agognata Londra ma di qualche piccola cittadina inglese dell’interno? Sopraffatti sono i tanti che arrancano con il cosiddetto “lavoro povero”: pur lavorando non riescono a mantenere la famiglia per l’insufficienza colpevole della retribuzione. I licenziati. I disoccupati. I precari a vita. I vinti. Chi non ha mai vinto. Né mai vincerà. I deboli, fragili e malati cronici. Coloro, soprattutto anziani, che per ristrettezze finanziarie rinunciano anche ad analisi cliniche, del sangue, dell’urina, a visite specialistiche di cui avrebbero necessità. Mentre in un incessante bengodi tanta gente scialacqua allegramente euro a palate senza perdersi un solo appuntamento con vacanze estive, vacanze invernali, settimane bianche, fine settimana nella capitali estere, avvenimenti mondani d’ogni genere, navigazione in barca, mesi in crociera sul proprio superlussuoso yacht (rigorosamente intestato a qualche società di comodo). Sopraffatti sono i poveri veri e non solo quelli che lo diventano all’atto della compilazione della dichiarazione dei redditi. Sopraffatti sono i tartassati che pagano regolarmente le tasse anche per quelli che non le pagano mai (questi ultimi peraltro godono di molta “comprensione” da più d’una formazione partitica). I “Neet” cioè i giovani che non hanno né cercano un impiego e non frequentano una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale. E poltriscono. I senzatetto. I barboni. Coloro che devono molto alle Caritas ed alle comunità. Gli alcoldipendenti. Le vittime della ludopatia devastante che distrugge vite e famiglie. Chi muore di fame. I diseredati delle favelas delle metropoli, delle bidonville, delle baraccopoli, degli slums, dei campi profughi ossia tutti coloro che vivono quotidianamente nell’inferno terrestre. Le donne stuprate in guerra. Le donne iraniane. Le ragazze afghane alle quali viene preclusa la frequenza di scuole e università, alle quali si è tentato di precludere addirittura il lavoro nelle Ong, indispensabile per aiutare l’affamata popolazione afghana. Sopraffatte sono le minoranze cristiane in Medio Oriente e in Africa nelle quali uomini e donne inermi di tutte le età sono martiri, vittime di periodici sanguinosi attacchi terroristici. Sopraffatti siamo tutti noi quando siamo costretti ad un letto d’ospedale in una repubblica una volta elogiata per la sua sanità pubblica ed ora assurta a repubblica delle banane. Alle prese con spaventose carenze di organico di medici, infermieri, ostetriche a furia di “tagliare” reparti ospedalieri e medici di base nonché di perseverare nell’obbligo del numero chiuso nelle facoltà di Medicina. Sanità pubblica ora a corto di specialisti. Sventurato chi si ammala.
I cloroformizzati siamo tutti gli altri. Quelli di mezzo. Né troppo ricchi e potenti né troppo poveri e sofferenti. Ci vuole un niente però dalla posizione di cloroformizzati a scivolare nella categoria dei sopraffatti: la vita, si sa, si diverte a giocare brutti scherzi. Noi cloroformizzati più che altro finiamo per essere indifferenti. Non ci indigniamo più di niente e per niente. Non scendiamo più in piazza per le grandi battaglie civili e per le libertà. Nostre e a maggior ragione degli altri. Siamo i pavidi. Siamo i cultori ed i praticanti del: “Non è una faccenda che mi riguarda”. Siamo cloroformizzati dagli smartphone che nel giro di pochi anni sono assurti al rango di “essere” se non di “divinità” fondamentale della nostra esistenza. Sostituiscono amori giovanili, affetti, avventure. Sapremmo rinunciare al pane ma non allo smartphone. Che isola. Estranea. Abbiamo reso una droga, la “smartphone-dipendenza”, una accettata normalità. Con i nostri ragazzi diventati incapaci di sostenere uno straccio di discussione, immersi come sono nel loro isolamento e nella digitazione compulsiva. E anche noi adulti discutiamo sempre meno. Si arriva a patologie devastanti come quella che riguarda i “ragazzi hikikomori”. Oltre che dai “social” altre dosi di cloroformio da addormentamento o comunque da lavaggio del cervello ci vengono propinate da certa informazione televisiva privata (e, anche se in modo meno sfacciato, dalla pubblica privatizzata e lottizzata dai partiti). Da quasi un quarantennio informazione tutta lustrini, celebrazioni ed autocelebrazioni. Le menti si obnubilano talmente tanto da non riuscire più a riflettere su di una certezza: contrariamente al messaggio che quelle reti accreditano, i ricchi diventano sempre più ricchi mentre tutti gli altri retrocediamo ogni anno che passa in reddito e potere d’acquisto. Beninteso, i ricchi a partire dai proprietari e dagli araldi di quella informazione e di quei programmi televisivi, di quei talk show addomesticati con quattro invitati dalla parte della “Voce del padrone” e un solo malcapitato non allineato a replicare, tanto per fingere paritario ascolto di tutte le posizioni.
Noi cloroformizzati siamo gli “apatici” della tripartizione. Potremmo contare molto, scardinare assetti, risalire posizioni, rendere la società più giusta, meno squilibrata. Invece il cloroformio che ci viene propinato artatamente ci fa dormire, non ci fa indignare, non ci fa lottare, non ci fa andare oltre qualche isolato, personale brontolio. Roba di minuti, forse neppure di ore. Non capiamo, offuscati come siamo, che dopo i sopraffatti toccherà a noi essere nel mirino, essere attaccati. I nostri figli e i nostri nipoti non stanno comprendendo che se la passeranno peggio di genitori e nonni. Non se ne stanno rendendo conto impegnati come sono a digitare sullo smartphone, a mandare e ricevere messaggi, post e cinguettii nella quasi totalità dei casi futili. O, ad essere più precisi, a leggere scemenze scritte da altri (da persone per la verità di non eccelse basi culturali) che si considerano pienamente titolate a somministrarci, a distillarci il loro pensiero, il loro verbo, la loro visione del mondo. Mettono becco su tutto, non resistono al non dire la loro, sanno tutto di tutto. Finendo inevitabilmente per avventurarsi nella digitazione di frasi che non possiamo considerare niente altro che roba inutile o dannosa. Come pecore che vanno dietro al loro pastore, andiamo dietro a “social network” e a sedicenti, autonominatesi e autonominatisi “influencer” senza arte né parte. Nella maggior parte dei casi più ignoranti dell’ignoranza stessa.
I cloroformizzati sono coloro che se assistono ad un incidente non soccorrono i feriti ma li filmano con il telefonino. Coloro che su “social” e “chat”, se sono tra i destinatari di vigliacche foto di “body shaming” ai danni di malcapitate, piuttosto che stigmatizzare il comportamento di chi le ha messe in rete e spezzare la catena, le inoltrano ad amici e conoscenti. Possibilmente aggiungendo un commento superficiale, cretino, incosciente. “Body shaming”, lo ricordiamo, significa letteralmente “derisione del corpo” e consiste nell’atto di deridere e/o discriminare una persona (quasi sempre una donna, più raramente un uomo) per il suo aspetto fisico, in particolare perché è più in carne o non è bella e avvenente. Sono cloroformizzati le donne e gli uomini che guidano solo con la mano sinistra sul volante perché la destra serve per tenere in mano il telefonino con il quale conversano di ogni genere di stupidità con decine di persone al giorno. Le quali ovviamente replicano lo stesso comportamento.
I cloroformizzati costituiscono il ventre molle della società, quello con le maggiori potenzialità data anche la rilevanza numerica e (ma solo molto in generale) i livelli medi scolastico-culturali. Purtroppo però presenta una grave debolezza intrinseca: essere la categoria più malleabile, la più manipolabile.
di Pino Scorciapino
Romanzi, saggi, commedie, drammi, raccolte di aforismi, soggetti cinematografici straripano di suddivisioni nelle quali incasellare gli esseri umani. A centinaia. Leonardo Sciascia (1921-1989) ne “Il giorno della civetta” (Einaudi, 1961) fa dire al boss mafioso don Mariano che egli divide l’umanità in cinque categorie: “uomini, mezz’uomini, ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà”. Secondo il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (1844-1900) gli uomini si dividono in due categorie: “Quelli che inseguono i propri desideri e quelli che, invece, inseguono quelli degli altri”. Per uno dei più importanti cantautori italiani di sempre, Fabrizio De André (1940-1999), il mondo “è diviso in vincitori e vinti, dove i primi sono tre e i secondi tre miliardi. Come si può essere ottimisti?”. Nel “Manifesto del Partito Comunista” di Karl Marx e Friedrich Engels (1848) era codificato che “la società si divide in due grandi campi opposti, in due classi nemiche: la Borghesia e il Proletariato”. Per lo scrittore Achille Campanile (1899-1977) “l’umanità si divide in due categorie: quelli che s’alzan tardi e quelli che s’alzan presto. I primi se ne stanno tranquilli e buoni. Gli altri, invece, sostengono a spada tratta tutta la necessità per tutti d’alzarsi presto”. Indimenticabile la dicotomia teorizzata da Totò (1898-1967) nel film del 1955 di Camillo Mastrocinque “Siamo uomini o caporali”: “L'umanità io l'ho divisa in due categorie di persone: uomini e caporali. La categoria degli uomini è la maggioranza, quella dei caporali per fortuna è la minoranza. Gli uomini sono quegli esseri costretti a lavorare tutta la vita come bestie, senza vedere mai un raggio di sole, senza la minima soddisfazione, sempre nell'ombra grigia di un'esistenza grama. I caporali sono appunto coloro che sfruttano, che tiranneggiano, che maltrattano, che umiliano. Questi esseri invasati dalla loro bramosia di guadagno li troviamo sempre a galla, sempre al posto di comando, spesso senza avere l'autorità, l'abilità o l'intelligenza, ma con la sola bravura delle loro facce toste, della loro prepotenza, pronti a vessare il povero uomo qualunque”.
Si direbbe tatuata simbolicamente sul suo corpo e sulle sue sofferenze la distinzione del conduttore televisivo Enzo Tortora (1928-1988), innocente buttato in galera per lo sconcertante pressappochismo dei magistrati inquirenti, poi morto prematuramente: “Io ormai divido la gente in due categorie molto semplici: quelli che conoscono sulla pelle l'infamia di una carcerazione [preventiva] in un regime cosiddetto democratico, protratta all'infinito, protratta per anni; e quelli che non hanno la jattura di conoscerla. E allora, se non la conoscono, dovrebbero quantomeno cercare di calarsi nei panni di chi vive questo tormento”.
Graffiante la definizione del regista americano Woody Allen: “Il mondo si divide in buoni e cattivi. I buoni dormono meglio ma i cattivi, da svegli, si divertono molto di più”. Per il matematico e filosofo Piergiorgio Odifreddi “il mondo è diviso in due, e ognuno fa la sua scelta di campo. Da una parte, i penitenti a testa bassa: come Galileo Galilei che accettò di abiurare in ginocchio di fronte al tribunale dell'Inquisizione, o Renato Cartesio, che preferì non pubblicare il suo trattato […]. Dall'altra parte, gli impenitenti a testa alta: come Giordano Bruno, al quale fu messo il morso sul rogo per impedirgli di continuare a bestemmiare fino all'ultimo, o Benedetto Spinoza, che fu maledetto e radiato dalla comunità ebraica”.
Secondo il sacerdote cattolico, teologo e filosofo austriaco Ivan Illich (1926-2002) “il mondo attuale è diviso in due: ci sono quelli che non hanno abbastanza e quelli che hanno troppo; quelli che le automobili cacciano dalla strada e quelli che guidano le automobili. I poveri sono frustrati e i ricchi sempre insoddisfatti”.
Andiamo avanti. Giacomo Leopardi, che non necessita di presentazioni, sostiene: “Il genere umano e, dal solo individuo in fuori, qualunque minima porzione di esso, si divide in due parti: gli uni usano prepotenza, e gli altri la soffrono”. Per il cardinale Carlo Maria Martini (1927-2012), un gigante della Chiesa del nostro tempo, “gli uomini si dividono in due grandi categorie: quelli che, ad esempio di fronte all'incertezza della strada da prendere, per nulla al mondo chiederebbero informazioni; e coloro invece che domandano con facilità”.
Altre distinzioni. Ancora Fabrizio De André: “Gli uomini si dividono in due categorie: quelli che pensano e quelli che lasciano che siano gli altri a pensare”.
Nella serie a fumetti “Dylan Dog”: “Gli uomini si dividono fondamentalmente in due categorie …quelli che detengono il potere, e quelli che lo subiscono. Un tempo i primi avevano diritto di vita e di morte sui secondi”.
Scrive il filosofo e matematico francese René Descartes (Cartesio) (1596-1650): “Il mondo è composto quasi esclusivamente di due specie di intelligenze [...]: cioè di coloro i quali, credendosi più abili che non siano, non possono far a meno di precipitare i loro giudizi, né avere abbastanza pazienza per condurre con ordine tutti i loro pensieri – onde deriva che, se si fossero una volta presa la libertà di dubitare dei principî che hanno accettato e di scostarsi dalla via comune, non potrebbero restare in quella che bisogna prendere per andar più diritto, e rimarrebbero fuor di strada tutta la loro vita. E poi, di coloro i quali, avendo sufficiente ragione, o modestia, per giudicare ch'essi sono meno capaci di distinguere il vero dal falso di altri da cui possono essere istruiti, debbono piuttosto contentarsi di seguire le opinioni di questi altri che cercarne essi stessi delle migliori”.
E per un altro filosofo, matematico e fisico francese, il cattolico Blaise Pascal (1623-1662), “esistono tre categorie di individui: quelli che servono Dio dopo averlo cercato; quelli che si sforzano di cercarlo senza ancora trovarlo; quelli che vivono senza cercarlo e senza averlo trovato. I primi sono ragionevoli e felici, gli ultimi sono pazzi e infelici, quelli di mezzo sono infelici e ragionevoli”.
Si potrebbe continuare per pagine e pagine.
Torniamo alla nostra ripartizione: prevaricatori, sopraffatti, cloroformizzati.
Chi sono i prevaricatori? Gli autocrati. Tutti i dittatori che prima o poi - è matematico - portano il loro paese in guerra. I leader politici che pretendono di essere capi di stato o primi ministri a vita. I guerrafondai. Chi ritiene che i contrasti tra popoli e tra stati vadano risolti con le guerre. I fomentatori di discordie. Gli individui caratterialmente divisivi. Gli attizzatori di contrasti e conflitti. Gli Hitler d’ogni tempo. A cominciare dall’originale, inarrivabile per mostruosità. I suoi contemporanei esecutori di quell’abisso di aberrazione che sono stati i campi di sterminio e la Shoah. Proseguendo da Stalin ai Pol Pot, ai Kim Jong-il e Saddam Hussein dei decenni più vicini alla nostra epoca. I fascisti della storia e del presente, senza mai dimenticare o sottovalutare la responsabilità di cui si è macchiata l’Italia di aver dato i natali al fascismo mussoliniano. Chi ordina di erigere muri, cortine, barriere di filo spinato. Trump e i trumpiani. Bolsonaro e i bolsonaristi. Gli ideologi che li ammaestrano a cominciare dal famigerato, pericoloso Steve Bannon. I nazionalisti. I sovranisti. Gli sciovinisti. I populisti. I demagoghi. Gli uomini non “d’onore” ma “del disonore”: i mafiosi, i camorristi, gli ndranghetisti, i criminali e la gente di malaffare d’ogni sorta. I fiancheggiatori. Gli uomini del pizzo. Gli hacker. I costruttori di notizie false, di fake news. Chi gode ad essere dispensatore e frequentatore di chiacchiericcio. I corrotti e i corruttori. Chi si pappa tangenti, siano esse milionarie o, in base ai più modesti ruoli rivestiti, anche solo di pochi spiccioli. Gli amministratori e gli impiegati pubblici che non disdegnano la pratica della concussione. Coloro che appiccano incendi in estate. Gli sfruttatori. I supermiliardari perchè non si accumula ricchezza senza sfruttare il lavoro altrui. Gli idoli del calcio e di tante altre discipline sportive con i loro guadagni miliardari. Guadagni immorali, inaccettabili, contro i quali bisogna lottare. Con quanto incassa tra contratti d’ingaggio ed entrate pubblicitarie un celebrato campione sportivo in un anno si potrebbe mettere fine ai problemi quotidiani di nutrizione di centinaia di migliaia se non di milioni di abitanti in alcune delle aree più povere dell’Africa o più arretrate in altri continenti. E un discorso analogo si può fare per le più pagate star del cinema, dello spettacolo, della musica, del rock, delle tv. Prevaricatori sono i saccenti. I megalomani. I manipolatori. I padroni orgogliosi di essere padroni. Gli estortori. Gli spacciatori. Coloro che producono, raffinano, impacchettano droga: a partire dai miliardari boss dei grandi cartelli sudamericani fino ad arrivare al più misero coltivatore di oppio in Afghanistan, Pakistan, Iran, Myanmar, di cocaina in Colombia, Messico, Bolivia, Perù, di marijuana in Marocco. Perché a nessuno deve essere permesso, in nome della sua miseria o dell’obbligo di sfamare sua moglie e i suoi figli, di distruggere le vite degli altri. Coloro che picchiano, seviziano, terrorizzano debolissimi anziani e anziane per rubare loro i quattro soldi di pensione prelevati all’Ufficio Postale o li torturano massacrandoli di botte a domicilio in cerca di risparmi o gioielli che non hanno. Definirli rubagalline sarebbe già rendere loro onore. Perché - può sembrare paradossale scriverlo - bisogna avere dignità di uomini anche nell’essere ladri. Costoro invece sono niente altro che vigliacchi che se la prendono con gente indifesa. Meritano solo di essere sputati in faccia. Prevaricatori sono gli ultras delle tifoserie calcistiche – razzisti e sempre pronti a menare le mani – spesso militanti in formazioni dell’ultradestra politica. I prevaricatori sono coloro che non vogliono sia applicata la “patrimoniale” per i redditi superiori, facciamo, ai 3 milioni di euro l’anno. Gli evasori fiscali. Coloro che difendono gli interessi non di chi sta peggio ma di chi sta meglio. I pedofili con e senza tonaca. I persecutori. Gli stalker. Gli haters ossia - senza bisogno dell’immancabile ricorso al vocabolo inglese - gli odiatori, le persone che, di solito nascondendosi dietro l’anonimato, usano la rete, in particolare i social, per esprimere odio o incitare all’odio verso qualcuno o qualcosa. I cyberbullisti. Coloro che negli ambulatori e nei pronto soccorso prendono a pugni e calci medici, infermieri, portantini. I bulli. I minorenni violenti, i picchiatori del “branco” e delle bande giovanili. Gli uomini e le donne certi di essere i depositari della verità e del sapere. Coloro che non hanno il coraggio di perdonare. I rancorosi. I permalosi. Chi vive nelle faide e per le faide. Chi è imbevuto dell’obbligo delle vendette. I patiti delle armi da fuoco e dei coltelli a serramanico. I violenti. I violentatori. Gli stupratori, in tempo di guerra delle donne “nemiche” e in tempo di pace della prima preda che passa. In fin dei conti i prevaricatori sono il peggio che l‘umanità abbia espresso nel corso dei secoli, gli schiavisti del passato e del presente, gli scafisti, i libici che imprigionano, caricano, smistano, ingravidano le migranti. Gli antisemiti. I razzisti. Solitamente i razzisti sono quelli con la pelle più chiara nei confronti di coloro che hanno pelle più scura. I suprematisti bianchi. Gli ufficiali dei servizi segreti di certi paesi nei quali si torturano e massacrano innocenti universitari stranieri solo perché sospettati senza fondamento di essere sobillatori di rivolte o spie. I prevaricatori sono il clero scita iraniano, i talebani afghani, i gruppi jihadisti, i militanti dell’Isis, i fanatici, gli integralisti, i fondamentalisti. I mercenari. Il ricattatore nucleare seriale, criminale di guerra e massacratore di innocenti Vladimir Putin.
E i sopraffatti? I sopraffatti sono l’umanità dolente. Gli ultimi dell’umanità. I nuovi ultimi. Gli sconfitti. Il quasi miliardo di esseri umani che non dispone di acqua potabile. I feriti dalla vita. Gli invisibili. Coloro che dormono coperti da cartone sotto i ponti o nelle aree delle stazioni ferroviarie. I migranti. Gli schiavi. Gli sfruttati nei campi per la raccolta dei prodotti agricoli e in tante altre posizioni di lavoro. Gli emarginati. I profughi. I rifugiati. I carcerati delle celle-pollaio. Sopraffatte sono le donne vittime di femminicidio indipendentemente dalla classe sociale alla quale appartengono. Gli operai morti sul lavoro. Sopraffatti sono interi territori e popolazioni di uno stato quando il divario con il resto del paese non solo non si attenua ma si accentua. Sopraffatti sono in Italia i meridionali. Ma questo non importa a nessuno. Forse neppure a loro stessi che ormai ritengono normale che i loro figli vadano a lavorare nel Nord’Italia e all’estero. Tutti cervelli in fuga? Possono definirsi cervelli in fuga giovani che vanno a fare i camerieri in un “bistrot” parigino o in un ristorante non della agognata Londra ma di qualche piccola cittadina inglese dell’interno? Sopraffatti sono i tanti che arrancano con il cosiddetto “lavoro povero”: pur lavorando non riescono a mantenere la famiglia per l’insufficienza colpevole della retribuzione. I licenziati. I disoccupati. I precari a vita. I vinti. Chi non ha mai vinto. Né mai vincerà. I deboli, fragili e malati cronici. Coloro, soprattutto anziani, che per ristrettezze finanziarie rinunciano anche ad analisi cliniche, del sangue, dell’urina, a visite specialistiche di cui avrebbero necessità. Mentre in un incessante bengodi tanta gente scialacqua allegramente euro a palate senza perdersi un solo appuntamento con vacanze estive, vacanze invernali, settimane bianche, fine settimana nella capitali estere, avvenimenti mondani d’ogni genere, navigazione in barca, mesi in crociera sul proprio superlussuoso yacht (rigorosamente intestato a qualche società di comodo). Sopraffatti sono i poveri veri e non solo quelli che lo diventano all’atto della compilazione della dichiarazione dei redditi. Sopraffatti sono i tartassati che pagano regolarmente le tasse anche per quelli che non le pagano mai (questi ultimi peraltro godono di molta “comprensione” da più d’una formazione partitica). I “Neet” cioè i giovani che non hanno né cercano un impiego e non frequentano una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale. E poltriscono. I senzatetto. I barboni. Coloro che devono molto alle Caritas ed alle comunità. Gli alcoldipendenti. Le vittime della ludopatia devastante che distrugge vite e famiglie. Chi muore di fame. I diseredati delle favelas delle metropoli, delle bidonville, delle baraccopoli, degli slums, dei campi profughi ossia tutti coloro che vivono quotidianamente nell’inferno terrestre. Le donne stuprate in guerra. Le donne iraniane. Le ragazze afghane alle quali viene preclusa la frequenza di scuole e università, alle quali si è tentato di precludere addirittura il lavoro nelle Ong, indispensabile per aiutare l’affamata popolazione afghana. Sopraffatte sono le minoranze cristiane in Medio Oriente e in Africa nelle quali uomini e donne inermi di tutte le età sono martiri, vittime di periodici sanguinosi attacchi terroristici. Sopraffatti siamo tutti noi quando siamo costretti ad un letto d’ospedale in una repubblica una volta elogiata per la sua sanità pubblica ed ora assurta a repubblica delle banane. Alle prese con spaventose carenze di organico di medici, infermieri, ostetriche a furia di “tagliare” reparti ospedalieri e medici di base nonché di perseverare nell’obbligo del numero chiuso nelle facoltà di Medicina. Sanità pubblica ora a corto di specialisti. Sventurato chi si ammala.
I cloroformizzati siamo tutti gli altri. Quelli di mezzo. Né troppo ricchi e potenti né troppo poveri e sofferenti. Ci vuole un niente però dalla posizione di cloroformizzati a scivolare nella categoria dei sopraffatti: la vita, si sa, si diverte a giocare brutti scherzi. Noi cloroformizzati più che altro finiamo per essere indifferenti. Non ci indigniamo più di niente e per niente. Non scendiamo più in piazza per le grandi battaglie civili e per le libertà. Nostre e a maggior ragione degli altri. Siamo i pavidi. Siamo i cultori ed i praticanti del: “Non è una faccenda che mi riguarda”. Siamo cloroformizzati dagli smartphone che nel giro di pochi anni sono assurti al rango di “essere” se non di “divinità” fondamentale della nostra esistenza. Sostituiscono amori giovanili, affetti, avventure. Sapremmo rinunciare al pane ma non allo smartphone. Che isola. Estranea. Abbiamo reso una droga, la “smartphone-dipendenza”, una accettata normalità. Con i nostri ragazzi diventati incapaci di sostenere uno straccio di discussione, immersi come sono nel loro isolamento e nella digitazione compulsiva. E anche noi adulti discutiamo sempre meno. Si arriva a patologie devastanti come quella che riguarda i “ragazzi hikikomori”. Oltre che dai “social” altre dosi di cloroformio da addormentamento o comunque da lavaggio del cervello ci vengono propinate da certa informazione televisiva privata (e, anche se in modo meno sfacciato, dalla pubblica privatizzata e lottizzata dai partiti). Da quasi un quarantennio informazione tutta lustrini, celebrazioni ed autocelebrazioni. Le menti si obnubilano talmente tanto da non riuscire più a riflettere su di una certezza: contrariamente al messaggio che quelle reti accreditano, i ricchi diventano sempre più ricchi mentre tutti gli altri retrocediamo ogni anno che passa in reddito e potere d’acquisto. Beninteso, i ricchi a partire dai proprietari e dagli araldi di quella informazione e di quei programmi televisivi, di quei talk show addomesticati con quattro invitati dalla parte della “Voce del padrone” e un solo malcapitato non allineato a replicare, tanto per fingere paritario ascolto di tutte le posizioni.
Noi cloroformizzati siamo gli “apatici” della tripartizione. Potremmo contare molto, scardinare assetti, risalire posizioni, rendere la società più giusta, meno squilibrata. Invece il cloroformio che ci viene propinato artatamente ci fa dormire, non ci fa indignare, non ci fa lottare, non ci fa andare oltre qualche isolato, personale brontolio. Roba di minuti, forse neppure di ore. Non capiamo, offuscati come siamo, che dopo i sopraffatti toccherà a noi essere nel mirino, essere attaccati. I nostri figli e i nostri nipoti non stanno comprendendo che se la passeranno peggio di genitori e nonni. Non se ne stanno rendendo conto impegnati come sono a digitare sullo smartphone, a mandare e ricevere messaggi, post e cinguettii nella quasi totalità dei casi futili. O, ad essere più precisi, a leggere scemenze scritte da altri (da persone per la verità di non eccelse basi culturali) che si considerano pienamente titolate a somministrarci, a distillarci il loro pensiero, il loro verbo, la loro visione del mondo. Mettono becco su tutto, non resistono al non dire la loro, sanno tutto di tutto. Finendo inevitabilmente per avventurarsi nella digitazione di frasi che non possiamo considerare niente altro che roba inutile o dannosa. Come pecore che vanno dietro al loro pastore, andiamo dietro a “social network” e a sedicenti, autonominatesi e autonominatisi “influencer” senza arte né parte. Nella maggior parte dei casi più ignoranti dell’ignoranza stessa.
I cloroformizzati sono coloro che se assistono ad un incidente non soccorrono i feriti ma li filmano con il telefonino. Coloro che su “social” e “chat”, se sono tra i destinatari di vigliacche foto di “body shaming” ai danni di malcapitate, piuttosto che stigmatizzare il comportamento di chi le ha messe in rete e spezzare la catena, le inoltrano ad amici e conoscenti. Possibilmente aggiungendo un commento superficiale, cretino, incosciente. “Body shaming”, lo ricordiamo, significa letteralmente “derisione del corpo” e consiste nell’atto di deridere e/o discriminare una persona (quasi sempre una donna, più raramente un uomo) per il suo aspetto fisico, in particolare perché è più in carne o non è bella e avvenente. Sono cloroformizzati le donne e gli uomini che guidano solo con la mano sinistra sul volante perché la destra serve per tenere in mano il telefonino con il quale conversano di ogni genere di stupidità con decine di persone al giorno. Le quali ovviamente replicano lo stesso comportamento.
I cloroformizzati costituiscono il ventre molle della società, quello con le maggiori potenzialità data anche la rilevanza numerica e (ma solo molto in generale) i livelli medi scolastico-culturali. Purtroppo però presenta una grave debolezza intrinseca: essere la categoria più malleabile, la più manipolabile.
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