I giovani e lo smartphone-droga: binomio letale

Società | 26 gennaio 2023
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1.Introduzione

Strano paese l’Italia. In una qualsiasi altra nazione civile il Documento che tra poco leggerete avrebbe suscitato un tambureggiante dibattito. A tutti i livelli: mediatico, medico, psicologico, pedagogico, educativo, scolastico, sociologico, politico. Invece da noi – dove su temi spesso marginali ci si accapiglia per mesi – il Documento Cangini è stato prima tenuto a lungo nel cassetto. Poi tirato fuori per costituire un allegato o, diciamola tutta, una giustificazione per una circolare tutt’altro che rivoluzionaria. A firma di Giuseppe Valditara, Ministro della “Pubblica Istruzione e del Merito” del Governo Meloni (cos’è il “Merito” in questa nuova definizione? qualcuno ce lo spieghi per favore). E infine è stato oggetto di una fiammata – nulla più di una modesta, passeggera fiammata mediatica – a seguito della diffusione “giustificativa”. Fiammata nella quale poco risalto ha assunto il vero nodo della questione. Ossia l’allarme che il Documento lancia alle famiglie e all’opinione pubblica. Non solo agli ambienti scolastici ed educativi. Se ne è fatta più che altro una sorta di esegesi. Una analisi grammaticale sul pezzo: è scritto bene, è scritto male, è esagerato, è apocalittico, è poco scientifico, chi l’ha ispirato. Con posizioni a partito preso e dietrologie che si sono guardate bene dall’andare alla radice del problema: il Documento della 7^ Commissione permanente del Senato lancia un allarme sul quale non ogni salotto televisivo o radiofonico o social dovrebbe interrogarsi. Ma ognuna delle famiglie italiane. Ognuna delle classi di ogni ordine e grado della scuola italiana. E tutti – famiglie, educatori, opinione pubblica, medici, esperti, decisori – dovrebbero proporre contromisure da adottare. Non in un indefinito futuro. Oggi. O meglio ieri. Perché è già tardi.
E allora addentriamoci in questa vicenda paradossale. Per molti versi di snobistica e supponente sottovalutazione. Una delle tante occasioni mancate della politica italiana.
Tutto ha inizio nella scorsa Legislatura, la XVIIIma, esattamente il 19 aprile 2019 quanto la 7^ Commissione permanente “Pubblica Istruzione e Cultura” del Senato della Repubblica decide e propone di condurre una “Indagine conoscitiva sull’impatto del digitale sugli studenti, con specifico riferimento ai processi di apprendimento”, ai sensi dell’articolo 48, comma 6, del Regolamento del Senato. L’indagine conoscitiva occupa numerose sedute della 7^ Commissione: nel 2019 il 9 maggio, l’11 giugno, il 2 e 24 ottobre, il 27 novembre; nel 2020 il 14 gennaio, il 22 settembre, il 29 ottobre, il 2 dicembre; nel 2021 il 7 aprile e, il 9 giugno, la seduta conclusiva. Il Documento finale approvato dalla Commissione viene comunicato alla Presidenza del Senato il 14 giugno 2021.
Relatore il senatore Andrea Cangini, capogruppo di Forza Italia nella 7^ Commissione. Cangini è stato un volto presente nei tanti – troppi e ripetitivi – talk politici che dal primo mattino a notte fonda inondano tutti i canali televisivi pubblici e privati. Giornalista, dall’ottobre 2014 al gennaio 2018 è stato direttore dei quotidiani “Il Resto del Carlino” e “QN-Quotidiano Nazionale”. Alle elezioni politiche del 2018 viene eletto al Senato come capolista di Forza Italia nella circoscrizione Marche.
Il 20 luglio 2022 voterà poi la fiducia al Governo Draghi, in dissenso dal suo gruppo parlamentare e partito. Il giorno dopo lascerà Forza Italia ed il 22 luglio aderirà ad Azione. Alle elezioni politiche anticipate del 25 settembre verrà poi candidato per il Senato in seconda posizione nel collegio plurinominale Emilia Romagna 01.
Comunque nel 2019, nel 2020 e nel 2021 è ancora senatore di Forza Italia.

2.Il contenuto del Documento della Commissione Pubblica Istruzione e Cultura del Senato

Cosa si sostiene nel Documento di cui è relatore-estensore Cangini? Ecco le tre fitte pagine che lo compongono. Vanno lette integralmente:
“I RISULTATI DELL’INDAGINE
Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo- scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica... Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche.
È quanto sostengono, ciascuno dal proprio punto di vista «scientifico», la maggior parte dei neurologi, degli psichiatri, degli psicologi, dei pedagogisti, dei grafologi, degli esponenti delle Forze dell’ordine auditi. Un quadro oggettivamente allarmante, anche perché evidentemente destinato a peggiorare.
C’è stato un tempo in cui, per capire come saremmo diventati, noi italiani guardavamo alla Germania, poi alla Francia, poi, dal secondo dopoguerra, agli Stati Uniti. Ora, per la prima volta, il nostro sguardo abbandona le nazioni occidentali per volgersi ad Oriente. Corea del Sud, Cina, Giappone. Sono questi, oggi, i nostri modelli. Modelli avanzatissimi già da anni quanto a diffusione della tecnologia digitale, perciò anticipatori degli effetti che il crescente uso di smartphone e videogiochi produrrà fatalmente sui nostri figli, sui nostri nipoti, sui nostri amici, su di noi e di conseguenza sulla società in cui viviamo.
I numeri impressionano. In Corea del Sud il 30 per cento dei giovani tra i dieci e i diciannove anni è classificato come «troppo dipendente» dal proprio telefonino: vengono disintossicati in sedici centri nati apposta per curare le patologie da web. In Cina i giovani «malati» sono ventiquattro milioni. Quindici anni fa è sorto il primo centro di riabilitazione, naturalmente concepito con logica cinese: inquadramento militare, tute spersonalizzanti, lavori forzati, elettroshock, uso generoso di psicofarmaci. Un campo di concentramento. Da allora, di luoghi del genere ne sono sorti oltre quattrocento. Analoga situazione in Giappone, dove per i casi più estremi è stato coniato un nome, hikikomori. Significa «stare in disparte». Sono giovani tra i dodici e i venticinque anni che si sono completamente isolati dalla società. Non studiano, non lavorano, non socializzano. Vegetano chiusi nelle loro camerette perennemente connessi con qualcosa che non esiste nella realtà. Gli hikikomori in Giappone sono circa un milione. Un milione di zombi.
Tutte le ricerche internazionali citate nel corso del ciclo di audizioni giungono alla medesima conclusione: il cervello agisce come un muscolo, si sviluppa in base all’uso che se ne fa e l’uso di dispositivi digitali (social e videogiochi), così come la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, non sollecita il cervello. Il muscolo, dunque, si atrofizza. Detto in termini tecnici, si riduce la neuroplasticità, ovvero lo sviluppo di aree cerebrali responsabili di singole funzioni. Analogo effetto si registra nei bambini cui è stata limitata la «fisicità». Nei primi anni di vita, infatti, la conoscenza di sé e del mondo passa attraverso tutti e cinque i sensi: sollecitare prevalentemente la vista, sottoutilizzando gli altri quattro sensi, impedisce lo sviluppo armonico e completo della conoscenza. È quel che accade nei bambini che trascorrono troppo tempo davanti allo schermo di un iPad o simili. Per quest’insieme di ragioni, non è esagerato dire che il digitale sta decerebrando le nuove generazioni, fenomeno destinato a connotare la classe dirigente di domani.
Mai prima d’ora una rivoluzione tecnologica, quella digitale, aveva scatenato cambiamenti così profondi, su una scala così ampia e in così poco tempo. Il motivo è evidente, lo smartphone, ormai, non è più uno strumento, ma è diventato un’appendice del corpo. Soprattutto nei più giovani. Un’appendice da cui, oltre ad un’infinita gamma di funzioni, in larga parte dipendono la loro autostima e la loro identità. È per questo che risulta così difficile convincerli a farne a meno, a mettere da parte il telefonino almeno per un po’: per loro, privarsene è doloroso e assurdo quanto subire l’amputazione di un arto.
Usarlo incessantemente è dunque naturale. È naturale perché questo li inducono a fare le continue sollecitazioni di algoritmi programmati apposta per adescarli e tenerli connessi il più a lungo possibile. È naturale perché a disconnettersi percepiscono la sgradevole sensazione di essere «tagliati fuori», esclusi, emarginati. È naturale anche e soprattutto perché essere connessi è irresistibilmente piacevole, dal momento che l’uso del digitale che ne fanno i più giovani, prevalentemente social e videogiochi, favorisce il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore della sensazione di piacere.
Ma si tratta di un piacere effimero. Dal 2001, anno in cui le console per videogiochi irrompono nelle camerette dei ragazzi, e con un’accelerazione impressionante dal 2007, anno in cui debutta lo smartphone, depressioni e suicidi tra i giovanissimi hanno raggiunto percentuali mai viste prima. Sono quasi raddoppiati, e quel che preoccupa è che il trend appare in costante ed inesorabile ascesa. Stessa tendenza, in rapida crescita, riguarda i casi di autolesionismo, di anoressia, di bulimia. Manifestazioni di disagio giovanile sempre esistite, ma che oggi si autoalimentano sui social e nelle chat esaltando anziché scoraggiando i ragazzi e in modo particolare le ragazze dal metterli in pratica.
A tutto ciò vanno sommate le conseguenze sui più giovani dell’essere costantemente a contatto con chiunque e con qualsiasi cosa. Istigazione al suicidio, adescamento, sexting, bullismo, revenge porn: tutti reati in costante crescita. Reati facilitati dal fatto che nelle nuove piazze virtuali non trovano spazio le regole in vigore nelle vecchie piazze reali: vige l’anonimato, i controlli sono scarsi, i minori vi si avventurano senza alcuna sorveglianza da parte dei genitori. Dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento. Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario. Detta in sintesi: più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri.
CONCLUSIONI
Rassegnarsi a quanto sta accadendo sarebbe colpevole. Fingere di non conoscere i danni che l’abuso di tecnologia digitale sta producendo sugli studenti e in generale sui più giovani sarebbe ipocrita. Come genitori, e ancor più come legislatori, avvertiamo il dovere di segnalare il problema, sollecitando Parlamento e Governo ad individuare i possibili correttivi.
Avanziamo alcune ipotesi:
-scoraggiare l’uso di smartphone e videogiochi per minori di quattordici anni;
-rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di tredici anni;
-prevedere l’obbligo dell’installazione di applicazioni per il controllo parentale e l’inibizione all’accesso a siti per adulti sui cellulari dei minori;
-favorire la riconoscibilità di chi frequenta il web;
-vietare l’accesso degli smartphone nelle classi;
-educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso di dispositivi digitali e alla navigazione sul web;
-interpretare con equilibrio e spirito critico la tendenza epocale a sopravvalutare i benefici del digitale applicato all’insegnamento;
-incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria.
Non si tratta di dichiarare guerra alla modernità, ma semplicemente di governare e regolamentare quel mondo virtuale nel quale, secondo le ultime stime, i più giovani trascorrono dalle quattro alle sei ore al giorno. Si tratta di evitare che si realizzi fino in fondo quella «dittatura perfetta» vaticinata da Aldous Huxley quando la televisione doveva ancora entrare in tutte le case e lo smartphone aveva la concretezza di un’astrazione fantascientifica:
«Una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù».
Giovani schiavi resi drogati e decerebrati: gli studenti italiani. I nostri figli, i nostri nipoti. In una parola, il nostro futuro”.

3.Commenti e reazioni

Come anticipato, nei restanti mesi del 2021 il Documento non viene pubblicizzato come si dovrebbe. Solo nel mese di marzo del 2022 suscitano un po’ di scalpore alcune dichiarazioni di Cangini in diretta su Rai 1 e sui suoi profili informatici riguardo all'impatto dei social, dei videogiochi e della tecnologia in generale sui giovani e sulla popolazione. In particolare quando afferma che i videogiochi sono "paragonabili alla cocaina" e per chi ne faccia uso "non può che degenerare in abuso".
Giungiamo così allo scorso dicembre. Quando – come scrive il 21 dicembre “Riparte l’Italia – Think Tank quotidiano – Osservatorio economico e sociale” in un articolo intitolato “ “Il telefonino come la cocaina”. L’indagine shock del Senato che il ministero ha inviato alle scuole” – “è stata diffusa alle scuole la circolare, firmata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara, contenente le indicazioni sull’utilizzo dei telefoni cellulari e di analoghi dispositivi elettronici nelle classi.
È confermato il divieto di utilizzare il cellulare durante le lezioni, trattandosi di un elemento di distrazione propria e altrui e di una mancanza di rispetto verso i docenti, come già stabilito dallo Statuto delle studentesse e degli studenti del 1998 e dalla circolare ministeriale n. 30 del 2007.
“L’interesse delle studentesse e degli studenti, che noi dobbiamo tutelare, è stare in classe per imparare – dichiara il Ministro Giuseppe Valditara -. Distrarsi con i cellulari non permette di seguire le lezioni in modo proficuo ed è inoltre una mancanza di rispetto verso la figura del docente, a cui è prioritario restituire autorevolezza. L’interesse comune che intendo perseguire è quello per una scuola seria, che rimetta al centro l’apprendimento e l’impegno. Una recente indagine conoscitiva della VII commissione del Senato ha anche evidenziato gli effetti dannosi che l’uso senza criterio dei dispositivi elettronici può avere su concentrazione, memoria, spirito critico dei ragazzi.
La scuola deve essere il luogo dove i talenti e la creatività dei giovani si esaltano, non vengono mortificati con un abuso reiterato dei telefonini. Con la circolare, non introduciamo sanzioni disciplinari, ci richiamiamo al senso di responsabilità. Invitiamo peraltro le scuole a garantire il rispetto delle norme in vigore e a promuovere, se necessario, più stringenti integrazioni dei regolamenti e dei Patti di corresponsabilità educativa, per impedire nei fatti l’utilizzo improprio di questi dispositivi”.
L’utilizzo dei cellulari e di altri dispositivi elettronici può essere ovviamente consentito, su autorizzazione del docente, e in conformità con i regolamenti di istituto, per finalità didattiche, inclusive e formative, anche nell’ambito degli obiettivi del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) e della “cittadinanza digitale”.
I rischi per la salute dei ragazzi che possono derivare dall’uso perdurante dei cellulari sono evidenziati dalla relazione finale, diffusa in allegato alla circolare, dell’indagine conoscitiva realizzata nella scorsa legislatura dalla 7ª Commissione del Senato “Sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”.”
A questo punto dell’articolo “Ripartelitalia.it” apre la sua riflessione su quella che definisce “l’indagine shock del Senato”:
“E c’è proprio questo documento alla base della decisione. Una indagine shock che il ministro Valditara ha reso pubblica ieri inviandola a tutte le scuole.
«Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscolo-scheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica» si legge nella relazione conclusiva dell’indagine della commissione istruzione del Senato.
Un’indagine che paragona l’uso e abuso dello smartphone (chissà perché solo da parte dei giovani) alla tossicodipendenza. «Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche».
A sostegno di questa tesi vengono portate le opinioni raccolte da neurologi, psichiatri, psicologi, pedagogisti, grafologi ed esponenti delle Forze dell’ordine «auditi» nel corso dell’indagine conoscitiva portata avanti da Cangini. Si cita il caso limite della Corea del Sud dove «il 30 per cento dei giovani tra i dieci e i diciannove anni è classificato come «troppo dipendente» dal proprio telefonino: vengono disintossicati in sedici centri nati apposta per curare le patologie da web». In Cina, si legge ancora, «i giovani “malati” sono ventiquattro milioni. Quindici anni fa è sorto il primo centro di riabilitazione, naturalmente concepito con logica cinese: inquadramento militare, tute spersonalizzanti, lavori forzati, elettroshock, uso generoso di psicofarmaci. Un campo di concentramento. Da allora, di luoghi del genere ne sono sorti oltre quattrocento». Sempre per restare nell’Estremo Oriente si fa anche un riferimento en passant agli hikikomori giapponesi: ragazzi che «vegetano chiusi nelle loro camerette perennemente connessi con qualcosa che non esiste nella realtà. Un milione di zombi».
La conclusione non è meno apocalittica: lo smartphone atrofizza il cervello e «non è esagerato dire che decerebrando le nuove generazioni». «Tutte le ricerche internazionali citate nel corso del ciclo di audizioni – è scritto nella relazione – giungono alla medesima conclusione: il cervello agisce come un muscolo, si sviluppa in base all’uso che se ne fa e l’uso di dispositivi digitali (social e videogiochi), così come la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, non sollecita il cervello. Il muscolo, dunque, si atrofizza. Detto in termini tecnici, si riduce la neuroplasticità, ovvero lo sviluppo di aree cerebrali responsabili di singole funzioni». Pleonastico a questo punto anche scomodare Aldous Huxley come fa la relazione evocando la «dittatura perfetta» da lui vaticinata nei suoi libri di fantascienza: «Una prigione senza muri in cui i prigionieri non sognano di evadere. Un sistema di schiavitù nel quale, grazie al consumismo e al divertimento, gli schiavi amano la loro schiavitù». Quella dittatura, conclude la relazione, è già realtà. I nostri figli, i nostri nipoti, in una parola il nostro futuro sono già «giovani schiavi resi drogati e decerebrati». Questo sono gli studenti italiani”.

4.Altre reazioni

Evidente il tono tra il critico e il sarcastico del Think tank “Riparte l’Italia” nei confronti del documento Cangini.
Il dato di fatto è che con la Circolare Valditara del 19 dicembre 2022 l’Indagine della Commissione Pubblica Istruzione del Senato esce finalmente dal cassetto. Ma una volta uscita dal cassetto come viene letta dai non molti organi di stampa che approfondiscono i contenuti del Documento? La reazione appena riportata non plaude certo alle conclusioni della Commissione permanente.
Altre prese di posizione sugli organi di stampa. “Fanpage.it” cerca maggiori informazioni ed intervista Cangini. (“ “Il web è come la cocaina”, cosa dice la relazione con cui il governo Meloni ha vietato gli smartphone in classe”, a cura di Valerio Berra, in “Fanpage.it”, 21 dicembre 2022). Leggiamo l’articolo:
“Insieme alla circolare diffusa nelle scuole, il ministro Giuseppe Valditara ha allegato un documento firmato da Andrea Cangini, ex senatore di Forza Italia. Fanpage.it lo ha sentito per capire da dove sono nate le azioni del governo.
C’è una relazione che è stata allegata alla circolare con cui il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara ha vietato l’uso degli smartphone in classe. O meglio, ha ribadito un divieto già attivo dal 2007. Sono quattro pagine (le tre della relazione vera e propria e in più la copertina, n.d.r.) in cui sono scritte tutte le considerazioni finali di un’indagine conoscitiva portata avanti nella scorsa legislatura dalla Commissione sull’Istruzione pubblica del Senato.
Il titolo è “Indagine sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”. La firma è di Andrea Cangini, ex senatore di Forza Italia e ora segretario della Fondazione Luigi Einaudi. Nei risultati dell’indagine si legge: “A preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza”.
La relazione firmata dal senatore Cangini e allegata alla circolare di Valditara è stato solo l’inizio di un progetto più ampio. Partendo da qui il senatore Cangini ha creato il progetto CocaWeb, un libro e poi una serie di incontri dal vivo dedicati al legame tra smartphone, social, videogiochi e le droghe. Il sottotitolo del portale di CocaWeb è “Salvare una generazione – Contenere un potere”.
Un legame che, secondo Cangini è sempre più stretto, come ha spiegato a Fanpage.it: “Dall’indagine conoscitiva che ho promosso in Parlamento è emerso un quadro allarmante. I meccanismi cerebrali posti in atto da uso di smartphone e videogiochi sono uguali a quelli innescati dalla cocaina, a partire dal rilascio di dopamina”.
Anche se Cangini non è più in Parlamento, sostiene che l’azione del governo stia seguendo la rotta giusta: “Preservare l’ambiente della scuola dall’abuso di smartphone è un modo per spingere i ragazzi a farne a meno”.
Un tema aperto sugli smartphone a scuola riguarda l’uso di questi dispositivi come strumenti per la didattica. Nella circolare di Valditara c’è una dispensa per lo smartphone in classe: gli studenti possono usarlo solo in caso di uso didattico. I ragazzi quindi possono usare i loro dispositivi in attività decise dai professori con fini legati all’apprendimento.
In alcune scuole è una prassi, come ci ha spiegato Sandro Marenco, professore e creator di TikTok: “Quando devo fare pezzi di letteratura mi piace pescare nelle emozioni dei ragazzi per analizzarle insieme, ma più sono profonde più sono private e magari qualcuno non se la sente di manifestare i propri pensieri davanti a tutti”.
Anche qui, per Cangini, qualche problema potrebbe esserci: "Non sono un reazionario, ho una cultura prettamente liberale. Però le cose vanno gestite con equilibrio. L’uso degli smartphone applicato all’insegnamento può aiutare ad appassionare i giovani. Allo stesso tempo c’è un’azione colossale di lobbying. Ricordiamoci poi che la scrittura permette di apprendere meglio di qualsiasi strumento digitale”.
“Repubblica”, sempre il 21 dicembre, pubblica un articolo di Corrado Zunino che per il quotidiano romano si occupa tra l’altro di problemi scolastici. Una analisi equilibrata e non preconcetta quella di Zunino. Ripercorre i punti salienti del Documento della Commissione Pubblica Istruzione del Senato. (Corrado Zunino “ “Smartphone come la cocaina”. L’allarme del Senato: “I nostri ragazzi si stanno decerebrando” in “Repubblica”, 21 dicembre 2022). Osserva il redattore del quotidiano diretto da Maurizio Molinari:
“Il documento approvato dalla settima commissione del Senato - Istruzione pubblica e Beni culturali - sull'impatto degli strumenti digitali sugli studenti, "con particolare riferimento ai processi dell'apprendimento", trae conclusioni forti e spaventanti. Costruito attraverso undici sedute svolte tra il 9 maggio 2019 e il 9 giugno 2021, il documento sostiene: il cellulare e gli altri device elettronici possono dare "miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscoloscheletrici, diabete". E danni psicologici: "Dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell'empatia". A preoccupare di più, dice ancora la relazione scritta da Andrea Cangini, ex direttore del Quotidiano nazionale, eletto in Parlamento con Forza Italia e ora con il Gruppo Misto, "è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l'adattabilità, la capacità dialettica. Sono gli effetti che l'uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche".
È quanto sostiene la maggior parte dei neurologi, degli psichiatri, degli psicologi, pedagogisti e grafologi, degli esponenti delle Forze dell'ordine auditi. "Un quadro oggettivamente allarmante, anche perché evidentemente destinato a peggiorare", scrive la commissione.
In Corea del Sud il 30 per cento dei giovani tra i dieci e i diciannove anni, spiega la relazione, è classificato come "troppo dipendente" dal proprio telefonino: questi adolescenti vengono disintossicati in sedici centri nati apposta per curare le patologie da web. In Cina i "giovani malati" sono ventiquattro milioni. Quindici anni fa è sorto il primo centro di riabilitazione: "Inquadramento militare, tute spersonalizzanti, lavori forzati, elettroshock, uso generoso di psicofarmaci". Da allora, di questi luoghi di cura ne sono sorti oltre quattrocento. In Giappone per i casi più estremi è stato coniato un nome, hikikomori. Significa "stare in disparte ". Sono giovani tra i dodici e i venticinque anni che si sono completamente isolati dalla società. Non studiano, non lavorano, non socializzano: "Vegetano chiusi nelle loro camerette perennemente connessi con qualcosa che non esiste nella realtà". Gli hikikomori in Giappone sono un milione.
Tutte le ricerche internazionali citate nel corso del ciclo di audizioni giungono alla medesima conclusione: il cervello agisce come un muscolo, si sviluppa in base all’uso che se ne fa e l’utilizzo di dispositivi digitali (social e videogiochi), così come la scrittura su tastiera elettronica invece della scrittura a mano, "non sollecitano il cervello". Il muscolo si atrofizza, si riduce la sua neuroplasticità, ovvero lo sviluppo di aree cerebrali responsabili di singole funzioni. Analogo effetto si registra nei bambini cui è stata limitata la "fisicità". Nei primi anni di vita, infatti, la conoscenza di sé e del mondo passa attraverso tutti e cinque i sensi: sollecitare prevalentemente la vista, sottoutilizzando gli altri quattro, "impedisce lo sviluppo armonico e completo della conoscenza". È quel che accade nei bambini che trascorrono troppo tempo davanti allo schermo di un iPad.
"Per quest’insieme di ragioni, non è esagerato dire che il digitale sta decerebrando le nuove generazioni, fenomeno destinato a connotare la classe dirigente di domani. Lo smartphone, ormai, non è più uno strumento, ma è diventato un’appendice del corpo. Soprattutto nei più giovani. Un’appendice da cui, oltre a un’infinita gamma di funzioni, in larga parte dipendono la loro autostima e la loro identità".
È per questo che risulta così difficile convincere i giovani a farne a meno: usare incessantemente il telefonino è dunque naturale. "Sono continue le sollecitazioni di algoritmi programmati apposta per adescarli e tenerli connessi il più a lungo possibile. È naturale perché a disconnettersi percepiscono la sgradevole sensazione di essere tagliati fuori". Essere connessi è irresistibilmente piacevole, "dal momento che l’uso del digitale che ne fanno i più giovani, prevalentemente social e videogiochi, favorisce il rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore della sensazione del piacere".
Dal 2001, anno in cui le console per videogiochi irrompono nelle camerette dei ragazzi, chiude la relazione, e con un’accelerazione impressionante dal 2007, anno in cui debutta lo smartphone, depressioni e suicidi tra i giovanissimi sono quasi raddoppiati e il trend appare in costante e inesorabile ascesa. Così i casi di autolesionismo, anoressia, bulimia. "I più giovani sono costantemente istigati al suicidio, l'adescamento, il sexting, il bullismo, il revenge porn".
Infine, "dal ciclo delle audizioni svolte e dalle documentazioni acquisite, non sono emerse evidenze scientifiche sull’efficacia del digitale applicato all’insegnamento". Anzi, tutte le ricerche scientifiche internazionali citate dimostrano, numeri alla mano, il contrario: "Più la scuola e lo studio si digitalizzano, più calano sia le competenze degli studenti sia i loro redditi futuri".
Nelle conclusioni la commissione parlamentare suggerisce di: scoraggiare l’uso di smartphone e videogiochi per i minori di quattordici anni; rendere cogente il divieto di iscrizione ai social per i minori di tredici; prevedere l’obbligo dell’installazione di applicazioni per il controllo parentale e l’inibizione all’accesso a siti per adulti sui cellulari dei minori; vietare l’accesso degli smartphone nelle classi; educare gli studenti ai rischi connessi all’abuso di dispositivi digitali e alla navigazione sul web; incoraggiare, nelle scuole, la lettura su carta, la scrittura a mano e l’esercizio della memoria”.

5.Fuoco contro ad alzo zero

Chi invece spara ad alzo zero sul Documento Cangini è Gianluca Dotti il 4 gennaio 2023 su “WiredItalia.it”. In un articolo intitolato “Ecco come il Senato è arrivato a dire che digitale e smartphone rendono i giovani “decerebrati””, avanza una contestazione: “tra i danni citati dall'indagine ci sono obesità, diabete, perdita di facoltà mentali essenziali ed effetti identici alla cocaina: ma su quali basi scientifiche?”. Ecco cosa scrive il giornalista di “Wired Italia”:
“Dal punto di vista normativo, non è cambiato alcunché. La circolare con cui il 19 dicembre scorso il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara ha ribadito il divieto all’uso dei telefonini in classe non ha introdotto novità specifiche ulteriori (di fatto è in vigore già dal 2007), eppure ha fatto notizia perché indica una precisa presa di posizione politica nei confronti della tecnologia e dell’uso che ne fanno i più giovani, soprattutto per via del documento da cui prende le mosse.
Come specificato nella circolare stessa, infatti, alla base della comunicazione c’è la relazione finale dell’indagine conoscitiva della settima commissione permanente del Senato (ossia Istruzione pubblica e beni culturali) “sull’impatto del digitale sugli studenti, con particolare riferimento ai processi di apprendimento”. Tre pagine in tutto, aventi come relatore l’allora senatore di Forza Italia Andrea Cangini, datate 9 giugno 2021 e frutto di un lavoro lungo 11 sedute esteso dall’aprile del 2019 per poco più di due anni.
Significative, nel documento, sono anzitutto le scelte lessicali e i toni, molto forti. Senza mezzi termini, già all’inizio si parla di danni fisici tra cui obesità, ipertensione e diabete, e psicologici tra cui dipendenza, depressione e aggressività, arrivando a sostenere che l’uso di smartphone e del digitale sia “niente di diverso dalla cocaina, con le stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche”, tanto che “non è esagerato dire che il digitale sta decerebrando le nuove generazioni”. Con una conclusione altrettanto radicale, secondo cui gli studenti italiani sarebbero “giovani schiavi resi drogati e decerebrati”.
Il rapporto finale stilato dalla commissione non contiene – come immaginabile – specifici riferimenti bibliografici alla letteratura scientifica, ma si limita a indicare in modo generico un presunto ampio consenso della comunità scientifica sui punti riportati. “È quanto sostengono, ciascuno dal proprio punto di vista scientifico, la maggior parte dei neurologi, degli psichiatri, degli psicologi, dei pedagogisti, dei grafologi, degli esponenti delle Forze dell’ordine auditi”, è scritto, e ancora si parla di “ricerche internazionali citate nel corso del ciclo di audizioni” di “documentazioni acquisite” e di “evidenze scientifiche”, senza però alcuna indicazione puntuale e verificabile.
Dal resoconto seduta per seduta dell’attività svolta è comunque disponibile l’elenco delle persone invitate a relazionare sul tema. Primo fra tutti, nonché unico scienziato non italiano interpellato, è stato nella seduta inaugurale il neuropsichiatra Manfred Spitzer, noto a livello internazionale soprattutto per le sue posizioni controverse sull’utilizzo degli smartphone, pubblicate in una lunga serie di libri divulgativi fra cui il più celebre è l’eloquente Demenza digitale, uscito in Italia proprio pochi mesi prima dell’audizione in Senato. Tra gli altri il neurobiologo Lamberto Maffei, già direttore dell’Istituto di neuroscienze del Cnr e presidente dell’Accademia nazionale dei Lincei, nonché autore di Elogio della lentezza, la grafologa Alessandra Venturelli, il pedagogista Raffaele Mantegazza, la psicoterapeuta Mariangela Treglia e rappresentanti di istituzioni come la Polizia postale e l’Associazione italiana editori”. 
Una lettura inopportunamente politica quella appena riportata che – lo dichiariamo con franchezza – ci convince poco.
Concludiamo con un commento, molto schierato, che ancora su “Repubblica” il 23 dicembre firma Riccardo Luna (“Facciamo un’indagine sull’indagine del Senato sugli smartphone e i giovani?”). Scrive Luna:
“C’è un documento di una commissione del Senato della Repubblica che dice che i giovani italiani (ma il discorso vale per tutti), sono (cito testualmente) “schiavi, resi drogati e decerebrati" per colpa degli smartphone, che sarebbero “come la cocaina”.
Questa indagine clamorosa è stata approvata a giugno 2021 ma non ha fermato il mondo, come la gravità delle conclusioni imponeva, non ha cambiato l'agenda del governo, non ha indotto il capo dello Stato a rivolgere un monito alle famiglie italiane tipo "levate i telefonini ai vostri figli". No: è rimasta in un cassetto ed è tornata alla ribalta adesso. L'indagine è sconcertante per i toni apocalittici usati. Sconcertante eppure ripete uno schema già visto: quando arrivò la scrittura si disse che danneggiava la memoria, l’invenzione della stampa per molti avrebbe aiutato la diffusione di false notizie, il treno era uno strumento del demonio, la televisione ci avrebbe trasformato in una massa inebetita. Il futuro fa paura.
Con questo non minimizzo certo l’impatto degli smartphone nelle nostre vite, non solo in quelle dei giovani: ogni tanto lo spengo, la modalità non disturbare è diventata una pratica quotidiana, con i figli ho negoziato orari di utilizzo, tempi, applicazioni in un dialogo continuo ma necessario perché è evidente che lasciarli da soli con uno schermo sempre connesso non li farà crescere bene. Ma da qui a definire gli smartphone il male del mondo ce ne corre.
Davvero quel rapporto è stato approvato all’unanimità? Chi sono gli esperti che hanno fornito ai senatori il materiale per un allarme così definitivo? Quali sono le ricerche scientifiche? Parliamone. Resto convinto che i giovani italiani non siano né schiavi né drogati, né decerebrati a causa degli smartphone. Le parole sono importanti. Non possiamo usarle così solo perché non li capiamo”. Più che un articolo di commento quello di Luna sembra una filippica contro il Documento della Commissione Pubblica Istruzione del Senato. Abbiamo più volte riportato in nostri articoli e approfondimenti le opinioni sempre interessanti di Riccardo Luna – brillante esperto di “futuro”, nuove tecnologie, digitale - ma stavolta dissentiamo al cento per cento dalle sue considerazioni. Ci sia consentito esternare a questo punto le “nostre” considerazioni. Ovvero dire la nostra sul Documento Cangini.

5.Le nostre conclusioni

Al contrario di esperti e commentatori dei quali sono state appena riportate le opinioni, chi firma questo contributo condivide del Documento della Commissione Pubblica Istruzione e Cultura del Senato non solo ogni parola ma persino ogni virgola. Ritiene colpevolmente riprovevole che non ne sia stata veicolata da ogni tipo di media una diffusione capillare. Che non ne sia stata colta l’occasione non per qualche sporadico dibattito ma per migliaia e migliaia di confronti in tutte le sedi possibili e immaginabili. Interrogarsi, interrogarsi e sempre interrogarsi. E chi firma questo pezzo (che, come evidente, non è un articolo ma una riflessione, un approfondimento) tiene a sottolineare che non si pronuncia con l’aureola sul capo di esperto o studioso del settore o dell’argomento. No. Interviene da semplice osservatore. Da nonno alla soglia dei 68 anni che segue con attenzione i comportamenti di due dei suoi tre nipoti. Troppo piccolo – tre mesi – l’ultimo arrivato, osservati speciali sono il più grande, sedicenne, e la sorellina che ha appena compiuto 5 anni. Il primo studente del terzo anno delle superiori. Trascorre gran parte del suo tempo con il telefonino o il tablet immancabilmente in mano nella sua cameretta, alle prese con messaggi, post, chat, giochi elettronici. Esce raramente, più che altro solo il sabato sera per la rituale pizza, ha solo un paio di amici con i quali uscire. Con il passare degli anni il suo rendimento scolastico, in precedenza elevato, è in flessione, per fortuna solo in alcune materie. Logico se si studia sempre meno e sempre più aumenta la smartphone-dipendenza. La piccola - vivace, intelligente, capace di un linguaggio e di una proprietà di vocaboli di una bambina di ben più di 4 anni – trascorre ore con il telefonino o il tablet. A selezionare video con l’indice, con consumata maestria, oppure a destreggiarsi con una disinvoltura digitale ormai connaturata tra pupazzetti e figure dei giochi elettronici. Uscita nel pomeriggio dalla scuola dell’infanzia, o recupera qualche ora di sonno oppure cerca insistentemente di riprendere in mano tablet o smartphone. A parte i danni fisici – il fratello porta già da anni gli occhiali, la piccola li porterà – colpiscono il progressivo isolamento e l’attaccamento che diventa sempre più irrinunciabile al telefonino. Appunto lo smartphone come una droga, saldatura sulla quale insiste il Documento Cangini. Spesso la piccola mangia a tavola guardando il telefonino. Eccezioni? Esagerazioni? Era lecito presumerlo. Per poi ricredersi man mano che si va avanti ad interrogare, a chiedere agli altri, a cercare di capire. Anche se per diversi aspetti nei due casi “in famiglia” si eccede, la triste valutazione che emerge, o meglio si afferma in modo incontrovertibile, è che piuttosto che essere di fronte ad eccezioni siamo in presenza della regola. Siamo in presenza cioè di comportamenti sempre più generalizzati, addirittura uniformati, tra i ragazzi ed i bambini.
Alla relazione Cangini sono stati rimproverati un approccio e un linguaggio poco tecnico. Poco professorale. Poco scientifico. Si direbbe che venga rimproverato un linguaggio giornalistico. Tante grazie. L’ha redatta un giornalista e, come logico, ha usato gli arnesi del suo mestiere. Non dei mestieri degli altri. Quello che ad altri che la sanno lunga, ai saccenti, appare un demerito per il sottoscritto è un merito. Sono sempre un merito la chiarezza, la comprensibilità, la franchezza. Dire pane al pane e vino al vino. Come nel caso del Documento della Commissione Pubblica Istruzione del Senato.
Continuiamo a non renderci conto della trappola - comportamentale, psicologica, sociale, relazionale - nella quale il digitale con il suo mondo parallelo virtuale sta facendo precipitare i nostri figli. E, ancor più, i nostri nipoti. Per le vitali, indispensabili, urgentissime contromisure da adottare siamo ancora a carissimo amico. E se qualche volta qualcuno ha il coraggio di allertare sui danni irreversibili che si stanno diffondendo in nome del progresso, della tecnologia, dell’“impero del digitale”, ecco che non solo ci guardiamo bene dall’interrogarci ma non perdiamo tempo a dare il via al fuoco di fila delle contestazioni. Delle opposizioni. Del rifiuto di ragionare ed approfondire niente altro che la evidenza. Si smontano quegli allarmi pezzo per pezzo.
Continuiamo così – incastrati tra indifferenza e trasporto messianico che nutriamo nei confronti della tecnologia e del digitale – e vedremo presto a quali drammatiche conseguenze si è andati incontro. Pur di non azzardare la benchè minima riflessione sul fenomeno. Pur di non azzardare la benchè minima critica al “Dio smartphone”. Come se sostenere queste tesi, avanzare riserve, introdurre “alert” fosse la più blasfema delle bestemmie. La più eretica.


 di Pino Scorciapino

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