I buchi di bilancio della Regione e l'incapacità di spendere i fondi Ue

Economia | 23 novembre 2022
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Le regole europee e nazionali prevedono in modo esplicito che le quote dei fondo sviluppo e coesione del ciclo 2014-2020 non giuridicamente impegnate vengono disimpegnate e ri-orientate ad altre destinazioni all'interno del medesimo territorio meridionale. La notizia dei 400 milioni che la Sicilia perderà alla fine dell'anno in corso non è perciò una novità. Non si tratta, com'è chiaro, di fondi strutturali europei, ma del fondo nazionale complementare che è destinato per l'80% al Mezzogiorno: ciò che rende ancor più facile per il governo nazionale prelevare le quote ancora disponibili. Nuova è invece la situazione che si è determinata in ambito nazionale, in special modo dopo la crisi energetica con le conseguenti e sempre più drammatiche difficoltà economiche e sociali. Una circostanza che si intreccia con il contenzioso aperto tra la Corte dei Conti e la Regione relativamente alla possibilità, definita in un accordo che la giunta Musumeci concluse con il governo nazionale allora in carica, di “spalmare”in dieci anni invece che su tre un miliardo di debito pubblico regionale.
Bisogna dire la verità ai siciliani: recuperare i 400 milioni non è finalizzato, come affermato da qualche deputato regionale, a “aiutare le famiglie” ma esclusivamente a contribuire al riequilibrio del bilancio regionale in evidente e grave sofferenza. Per altro verso la sezione siciliana della Corte dei Conti ha calendarizzato per il 3 dicembre l'udienza di parifica del bilancio regionale. Il nuovo assessore all'Economia Mario Falcone ha dichiarato di aver fornito alla Corte i chiarimenti e “le necessarie, articolate controdeduzioni”. Si tratta quindi di una vicenda squisitamente politica che riguarda direttamente il rapporto tra il Presidente Schifani ed il governo di destra centro che a Roma è impegnato nell'approvazione della manovra finanziaria.
Qui arrivano i guai: come da notizie di stampa, il ministro della Coesione Raffaele Fitto, sostanzialmente plenipotenziario del rapporto con l'Unione Europea del governo italiano, ben 21 miliardi su 35 della manovra, ingiusta e foriera di nuove diseguaglianze, approvata dal Consiglio dei ministri sono destinati ad affrontare la crisi delle bollette energetiche. E purtroppo è impressione diffusa che non basteranno. Fitto sta girando per l'Europa- a cominciare dalla Germania- per acquisire nuove risorse innanzitutto dal RePowerEU - il programma della Commissione per affrontare la crisi energetica - che attualmente garantisce all'Italia solo 2,5 miliardi di euro. Contemporaneamente sta pressando sulla commissaria europea per la coesione e le riforme, Elisa Ferreira, per liberare e destinare al caro bollette 5 miliardi di fondi residui del periodo di programmazione 2014-2020.
In tale complicatissimo contesto la Regione siciliana, che tra l'altro non sta certo brillando nell'attuazione dei progetti del PNRR, rischia di trovarsi stretta nella morsa tra le contestazioni della Corte dei Conti, l'assoluta necessità del governo nazionale di drenare risorse per far fronte ad esigenze urgenti e la tradizionale difficoltà di progettare e spendere dell'amministrazione regionale dell'isola. Tutto ciò al netto della contraddizioni presenti nella maggioranza di governo che hanno provocato pesanti ritardi nella costituzione della nuova Giunta e che hanno dubitare, fin dalle prime battute, dell'adeguatezza e dell'efficacia dell'azione del governo Schifani.
In conclusione, meraviglia che la notizia sui 400 milioni che la Sicilia rischia di perdere sia stata proposta in tono minore e con il solito atteggiamento tra il lamentoso ed il rivendicativo. In realtà, le quote di FSC in procinto di cambiare destinazione rappresentano solo la punta dell'iceberg di una crisi finanziaria della Regione che potrebbe riservare ai siciliani sorprese amarissime.
 di Franco Garufi

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