Figli del Minotauro, storie di uomini e animali in viaggio da millenni
Cultura | 21 novembre 2022
"Una mitopoiesi del contemporaneo sulla figura degli allevatori che praticano la transumanza, antica forma di trasferimento di animali e uomini dal mare alla montagna. Ma la transumanza è anche una metafora del cammino dell’uomo e del bovino, iniziato diecimila anni fa con la domesticazione. Ancora prima però il toro veniva rappresentato dai primi artisti della storia sulle pareti delle grotte con significati ancora a noi sconosciuti”. Così recitano le didascalie dell’ultimo documentario etno-antropologico del regista-documentarista calabrese Eugenio Attanasio (Presidente della Cineteca della Calabria, operatore culturale e storico del cinema, già autore di altri lavori) introducendo i “Figli del Minotauro-Storie di uomini e animali” (2022), pedinamento “zavattiniano” di una famiglia di allevatori, immersa in una Calabria senza tempo tra gole pietrose, boschi, ruscelli, praterie, riprese nell’alternanza stagionale, dalla placida solarità delle campagne di Marcedusa, da cui gli armenti partono per il pascolo, ai grandi boschi silani, fino al nebbioso e innevato rientro. Alternando immagini contemporanee al ritorno ad un passato arcaico, il lavoro “…parte dalla preistoria per compiere una riflessione sul mito, sull’arte, sull’allevamento non industriale, sul rapporto dell’uomo con la natura e con il territorio”, riesumando quasi ieraticamente il mito del minotauro, con l’introduzione nel montaggio di misteriosi e antichissimi graffiti della perduta civiltà pastorale, il Bos Primigenius di Papasidero, grande erbivoro raffigurato con significati magici-rituali non ancora del tutto decrittati, sopravvivenza di una delle più antiche e impenetrabili incisioni del mondo. A più riprese il suggestivo racconto “scientifico” dell’etnomusicologo Antonello Ricci decifra le arcaiche ritualità della transumanza, chiarendo anche il significato delle diverse sonorità dei campanacci, vero e proprio paesaggio sonoro del pascolo, mentre la descrizione della dura quotidianità è affidata ad uno dei componenti della famiglia Mancuso, da generazioni “conservatrice” (si legge ancora nella sinossi) “ di una società pastorale della quale i mandriani sono gli ultimi esponenti, custodi emeriti di una cultura, anche sonora, unica nel suo genere”. Un’attività di cui Eugenio Attanasio, mostrando ancora sensibilità umana ed artistica, già chiaramente rivelata nelle opere precedenti, ha dato coinvolgente testimonianza visiva (la transumanza è stata dichiarata patrimonio immateriale dell’umanità) alternando alla contemporaneità, contraddistinta dall’uso di mezzi e strumenti tecnologici moderni, ancestrali ritualità che incessantemente si rinnovano nella quotidianità. “Così - prendendo ancora a prestito le didascalie dello stesso documentario - dal culto del toro, particolarmente attivo nel Mediterraneo si arriva a generare la figura mitica del Minotauro, sintesi dell’uomo, del divino e dell’animale, dal quale i mandriani calabresi magicamente discendono”. L’uso esperenziale della splendida fotografia, che si muove tra grandi spazi e lunghi sentieri seguendo il lento e sonoro movimento della mandria, pregio palese del documentario, della solenne colonna sonora, del montaggio, ne ricorda i lavori del grande Vittorio De Seta, di cui Attanasio può considerarsi allievo e appassionato prosecutore della sua opera, curatore recentemente del bel volume “Vittorio De Seta. Lettere dal Sud” (Stampa Sud, 2020-2021, Lamezia Terme), ricco di immagini, avvincente ed esaustiva ricostruzione dell’intera carriera artistica dell’ineguagliabile regista-documentarista siciliano, ma trapiantato in Calabria. Un testo che spazia dalla stagione dei primi documentari, al grande cinema (dall’indimenticabile “Banditi ad Orgoloso” a “Lettere dal Sahara”), giungendo fino agli ultimi lavori.
Una mostra dedicata a Vittorio De Seta, sempre curata da Attanasio, sarà presentata a Catania in occasione dell’imminente edizione del “Catania Film Fest” (23-28 novembre), mentre il documentario è stato presentato in concorso nella sezione lungometraggi “Catania Film Italiana”, dove verrà proiettato il 24 novembre alle ore 16,00 al Centro Zo.
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