"Credimi tuo Sebastiano", le lettere che addolcirono la Grande guerra

Cultura | 27 aprile 2023
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La cifra dell'uomo è nelle due lettere che chiudono il volume: alla madre il 23 dicembre del 1918- la guerra è finita da un mese e mezzo ma lui è ancora mobilitato: “Cara madre, perfetta è la mia salute ...Auguri un Buon Natale a tutti e state allegri. Coraggio, che forse, per il Capodanno saremo insieme..” Ed alla moglie Peppina: “Il giorno di Natale è arrivato ed io, ti scrivo alla vigilia. Siamo ancora lontani e va bene, ma però dobbiamo essere contenti perchè siamo in perfetta salute. Coraggio che questi pochi giorni passeranno come son passati gli anni....”
Di anni dalla prima lettera da soldato chiamato alla non giovanissima età di 32 anni per combattere la prima guerra mondiale, datata 6 agosto 1916, ne son passati due e mezzo: Sebastiano Pappalardo, tipografo catanese ha atteso invano la licenza che gli consentisse di rivedere la famiglia ed il figlio Turiddu (Salvatore) che nel frattempo è cresciuto ed ha fatto anche la prima comunione. Nemmeno la malattia del padre, che ha subito un delicato intervento chirurgico, gli ha consentito di ottenere l'agognato permesso di tornare per qualche giorno a casa. Tuttavia, seppur ancora mobilitato, ha portato a casa la pelle ed è tutto intero alla fine di una guerra che contò 650.000 morti e 450.000 mutilati. Uno dei tre milioni di reduci che erano sopravvissuti ad anni di trincea, di sanguinosi quanto inutili attacchi di massa, ai gas, alla tragica rotta di Caporetto. Il modo più diretto per capire fino in fondo quale orrore sia la guerra è la lettura delle memorie e delle lettere di coloro che hanno vissuto in prima persona i grandi e distruttivi conflitti del Novecento.
Ho provato, leggendo le lettere del mitragliere Sebastiano Pappalardo una sensazione simile a quella provata con il Nuto Revelli de “La strada del Davai”: uomini semplici che dicono cose semplici, a volte ripetitive. Dentro la semplicità leggi tuttavia la tragedia enorme della guerra e la fragilità della dimensione individuale del coscritto, che del conflitto è vittima, sempre incolpevole e spesso inconsapevole. Sono gli uomini che hanno vissuto il “secolo breve” tra il 1914 e il 1991, come ricorda nella sua bella prefazione Salvo Di Stefano- storico di professione- e ne hanno patito le conseguenze: “Solo chi sta per morire viene portato all'ospedale...la lunghezza della guerra, la tristezza, la solitudine, la sofferenza.”
Nello Pappalardo, insegnante e giornalista catanese non nuovo nel cimentarsi con la scrittura e grande conoscitore della musica contemporanea, riscopre così il nonno di cui porta il nome. Sebastiano che chiude ogni lettera alla moglie con un “Credimi tuo Sebastiano”che dà il titolo al volume, ma che ad un uomo della sua generazione doveva suonare come una dichiarazione d'amore, sempre rinnovata e rinvigorita dalla lontananza. Forse la decisione dell'autore di cimentarsi col nonno, morto quando lui aveva appena tre anni e che poco o nulla ha conosciuto, è un atto di coraggio, a cavallo “tra la temerarietà e la codardia. Il coraggio del nonno tipografo; il coraggio la guerra la subisce e rifiuta l'idea, radice primigenia del fascismo, che essa sia “l'igiene del mondo”.
Nella sua postfazione Pinelda Garozzo pone giustamente in rilievo il carattere di epistolare unilaterale di una corrispondenza unidirezionale, notando che “la dimensione epistolare sembra sfumare per trasformarsi, a volte, in un diario dove le vicissitudini del protagonista diventano invocazioni articolate senza la risposta dei destinatari.” Lettere riprodotte nel volume con in evidenza i timbri della censura che testimoniano di un non detto che tuttavia tra le righe traspare. Il non detto della violenza, della fame, delle malattie, delle sofferenze fisiche e psicologiche di chi ogni giorno è costretto a confrontarsi con la morte. V'è poi, e su questo concludo, un filo biografico che mi lega all'autore del volume, ma in qualche modo anche a Salvo Di Stefano ed a Pinelda Garozzo. Il Liceo classico Mario Cutelli di Catania che ha- finalmente e con colpevole ritardo- assunto il nome di Cutelli - Salanitro per ricordare il professor Carmelo Salanitro, unico docente di quella scuola a non aver la tessera del partito fascista. Per aver distribuito biglietti manoscritti di propaganda antifascista fu arrestato e condannato dal Tribunale speciale per la difesa dell stato a 18 anni di carcere. Consegnato ai nazisti nel 1943, fu deportato a Mauthausen dove venne ucciso nella camera a gas il 23 o 24 aprile 1945. Il preside che lo aveva denunciato, Rosario Verde dopo la fine della guerra riuscì ad aggirare il procedimento di epurazione e tornò al suo mestiere di dirigente di istituti d'istruzione superiore. Andrebbe scritto anche questo sui libri di storia che i nostri giovani studiano, per evitare che la memoria si smarrisca.
 di Franco Garufi

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