Comuni in ordine sparso contro le povertà in Sicilia, Regione assente

Società | 4 maggio 2023
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Openpolis ha dedicata una recente analisi alle spese dei comuni italiani destinati ad affrontare le fragilità ed il rischio di emarginazione sociale. Sono spese dedicate a individui in situazioni molto diverse tra loro, da chi ha un reddito basso (o è indigente) a migranti, ex detenuti e persone con dipendenze. In questa voce sono considerate le uscite per vitto, alloggio e indennità di denaro per sostenere chi è in difficoltà. Sono anche incluse tutte le spese relative alla gestione di strutture e servizi per la riabilitazione e l’inclusione di chi è a rischio di esclusione sociale.

Dalla spesa è escluso il reddito di cittadinanza che è misura erogata direttamente dallo Stato; l'intervento sulla marginalità sociale è solo una parte, neanche la più consistente, delle risorse destinate al welfare dai comuni; come specifica Openpolis, le somme erogate non comportano un giudizio sulla qualità e sull'efficacia della spesa.

Questa tipologia di spesa impegna mediamente i comuni italiani con 17,33 euro procapite. A spendere di più sono le amministrazioni del Sud, in particolare quelle sarde (44,67), seguite da quelle lucane (41,41) e siciliane (40,14). Tutte le regioni del sud registrano mediamente degli importi superiori rispetto a quelle del nord. Al contrario, si riportano valori medi inferiori per i comuni del Piemonte (7,03 euro pro capite), della Valle d’Aosta (6,31) e della provincia autonoma di Bolzano (2,63). Tuttavia la città che spende di più è Bologna che registra 98,48 euro procapite, per ridurre il rischio di esclusione sociale. Tra le altre grandi città seguono Messina (68,72), Roma (63,11) e Venezia (56,95). Sono invece tre i comuni capoluogo che spendono meno di 20 euro pro capite. Si tratta di Trieste (17,67), Firenze (16,08) e Bari (3,82).

La situazione della Sicilia, riferita ai capoluoghi di provincia, quale viene descritta dalla ricerca, desta qualche perplessità. Innanzitutto mancano i dati relativi a Palermo, Agrigento e Trapani, pari a quasi un terzo della popolazione dell'isola. I dati sono quelli esposti nella tabella 1 dai quali, in assenza appunto di tre città su 9, risulta una spesa media di 39,3 euro da accogliere con cautela; essa tuttavia appare realistica perché distante meno di un punto percentuale da quella calcolata dalla ricerca su tutti i comuni siciliani, pari a 40,14. Altro dato da verificare è quella di Caltanissetta, la cui spesa procapite di 121,04 euro, risulterebbe addirittura superiore a quella di Bologna. Assolutamente significativo il dato di Messina dove dal 2016 la spesa è aumentata del 436,52%. Per avere un termine di paragone; Bologna la ha aumentata del 220,31%, Genova del 64,08%,Venezia del 51,78%, Roma del 10,21%. Vero è che l'emarginazione sociale è cresciuta dovunque, in special modo negli anni del Covid, ma il dato di Messina è straordinario: sarebbe perciò interessante capire da quale livello di spesa partiva quella città prima del 2016 e come l'impennata della spesa in questo settore si rapporti con le politiche delle amministrazioni che si sono nel frattempo succedute.
Per verificare la situazione dei comuni non capoluogo abbiamo scelto di operare un sondaggio selezionando tre grandi comuni non capoluogo, un piccolo comune delle aree interne, un comune della fascia costiera ionica con popolazione poco inferiore ai 10000 abitanti.

Ecco cosa è venuto fuori:
Marsala (79.800 abitanti) spesa totale 333.474,54 euro; spesa procapite 4,14 euro
Vittoria (63.300 abitanti) spesa totale 2.391.469,12 euro; spesa procapite 38,24 euro
Bagheria (52.900 abitanti) spesa totale 8.491.168,49; spesa procapite 46,81 euro
Santa Teresa di Riva (9350 abitanti) spesa totale 270.866,59 euro; spesa procapite 29,01 euro;l Petralia Soprana (2975 abitanti) spesa totale 20.951 euro; spesa procapite 7 euro.
Sono, come ben si nota, dati estremamente variabili che segnalano che ogni comune va per suo conto, in assenza di una linea politica di indirizzo tesa ad individuare standard unitari. Un ruolo di guida ed indirizzo che dovrebbe appartenere alla Regione, che sembrerebbe tuttavia non interessata ad esercitarlo.
 di Franco Garufi

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