Aumentano le donne medico, ma i vertici restano maschi

Società | 27 gennaio 2023
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Il numero di donne medico in Italia sotto i 70 anni ha superato quello degli uomini nel 2022, con
una percentuale pari al 50,9%. Un valore che cresce al diminuire dell’età tant’è che il dato
raggiunge il 64% se si considera la fascia tra i 40 e i 44 anni dei camici bianchi e degli odontoiatri
iscritti all’albo professionale. Le cifre fornite dall’ordine dei medici e degli odontoiatri, tuttavia,
non hanno il sapore di una vera rivoluzione culturale. Vanno lette con cauto ottimismo se si
guarda - come ha fatto Openpolis mediante il monitoraggio dei siti di Asl e Ao - alle posizioni di
vertice delle aziende sanitarie e ospedaliere: sono occupate per lo più da professionisti uomini. Il
potere nella sanità, dunque, è ancora “maschio”. Solo una donna su tre (31,5%) ricopre funzioni
chiave nella sanità, con riferimento ai ruoli di direttore generale, direttore sanitario e direttore
amministrativo. Indicativo del poco spazio lasciato alle donne nelle posizioni dirigenziali della
sanità è il brusco arresto subito dalle nuove nomine di vertice delle donne nell’anno che si è da
poco concluso (33,3%) rispetto al 2021 (37,3%).
Uno sguardo a livello regionale restituisce in maniera più puntuale la fotografia della distribuzione
di potere tra i sessi nei vertici sanitari aziendali, cogliendo quelle differenze tra i territori
determinate anche dal diverso numero di aziende sanitarie attive e, quindi, di posizioni dirigenziali
da ricoprire. La “maglia rosa” spetta solo alla Toscana e al Lazio, regioni dove le donne che
occupano un incarico di vertice sono rispettivamente il 52,4% e il 50%. Emilia-Romagna (45,7%),
Piemonte (41,2%) e Liguria (40%) superano la soglia del 40%, mentre la Lombardia si colloca sotto
al 30% (28,7%). La “maglia nera” o comunque “blu”, invece, va alla Sicilia (16%), Puglia (13%),
Friuli-Venezia Giulia (11,1%).
Tuttavia, se l’attenzione si sofferma sui singoli ruoli apicali nelle aziende sanitarie, la distribuzione
delle “maglie” cambia. Con riferimento alla posizione di direttore generale (o da commissario
straordinario, laddove presente), carica più elevata di un’azienda sanitaria o ospedaliera, solo 1
donna su 5 ricopre un simile ruolo nel panorama nazionale (20,47%). A livello regionale, sono
Basilicata, Sardegna ed Emilia-Romagna a vantare una percentuale più alta di donne (pari al 50% in
tutte e tre le regioni) che ha ottenuto questo incarico. Fanalino di coda sono Sicilia (8,33%),
Campania (12,5%) e Puglia (16,67%). Maggiore è, invece, la quota di donne che svolge la funzione
di direttore sanitario in Italia (32,34%). In Toscana, le donne direttrici sanitarie sono 5 su 7 (71,4%).
In Molise, è una donna il direttore sanitario dell’unica azienda sanitaria del territorio. Cinque sono
le regioni in cui nessuna donna ricopre un simile incarico. La percentuale di “quote rosa” cresce,
comunque, con riferimento al ruolo di direttore amministrativo di un’azienda sanitaria o
ospedaliera (41,76%). Si tratta di un fenomeno che accomuna pressoché tutte le regioni, sebbene
con percentuali diverse. Solo in Molise e Valle d’Aosta, regioni in cui esiste solo un’azienda
sanitaria, non vi sono donne che ricoprono tale ruolo.
Il minor peso delle donne nei ruoli dirigenziali non riguarda soltanto il mondo manageriale
sanitario. Cartina di tornasole del gap di potere tra i sessi in Italia è anche la distribuzione delle
cariche all’interno del Parlamento uscito fuori dalle ultime consultazioni elettorali. Nessuna donna
è stata eletta alla guida di una delle due Camere, così come solo 2 commissioni parlamentari su 24
sono guidate da presidenti donne.
 di Alida Federico

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