Abuso d’ufficio abolito, ora la corruzione in corsia preferenziale

L'analisi | 23 luglio 2024
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Sono tanti i casi tipici di corruttela – da Ciancimino in avanti – dei quali la magistratura si è dovuta occupare, ottenendo esemplari condanne per i colletti bianchi e per altri funzionari e dirigenti della cosa pubblica.
La questione ha fatto indignare deputati, senatori, altri politici in genere – e in maniera trasversale – tanto (secondo loro) da divenire insopportabile il comportamento della magistratura che sembra abbia preso di mira quella categoria di soggetti che nella pubblica amministrazione ci lavorano.
“Ma insomma – dicono i pubblici dipendenti – è mai possibile che dobbiamo aver paura a mettere una firma in calce a un documento senza la certezza di non venire posti sotto indagine per il reato dell’abuso d’ufficio?”
“Assolutamente no! Bisogna provvedere in maniera drastica. Tanto abbiamo in mano tutti i posti di potere, ci siamo piazzati bene sia in Parlamento che oltre le aule parlamentari; siamo ‘autoritari’ e quindi in condizioni di cancellare le norme cattive per sostituirle con altrettante buone (per noi); oppure non sostituirle del tutto”.
In effetti quello che vogliono i pubblici funzionari è poter firmare gli atti senza stare a guardare troppo i loro contenuti, perché tanto non ci sarà più un reato di abuso d’ufficio. Questa infatti è la più sicura delle immunità. O forse, anche con la riforma della giustizia, dovremmo parlare di impunità. ‘Impunità fattuale’ che vìola i principi costituzionali riguardanti l’uguaglianza dei cittadini innanzi alla legge.”
La legge è uguale per tutti, si dice.
Fu così che il ministro Nordio, sull’orlo dell’intenerimento per le difficoltà palesate dai pubblici ufficiali (non tutti per fortuna) si sedette a tavolino e, in men che non si dica, scrisse un disegno di legge che altrettanto velocemente fu approvato dalle due camere del Parlamento.
199 voti a favore a fronte di 301 deputati presenti, 102 voti contrari (quelli delle opposizioni). A favore hanno anche votato i deputati del centro: Italia Viva e Azione. In sostanza è stata una fotocopia della votazione al Senato che aveva approvato la legge nella stessa forma e sostanza.
Così, con buona pace dei pubblici amministratori, che adesso potranno firmare pure la carta straccia senza timore di iscrizioni nel registro degli indagati, il disegno di legge è divenuto legge.
Ma non è tutto. La legge in effetti assume anche valore retroattivo per via di quel principio della continuità normativa riconducibile al favor rei, cioè all’applicazione della norma più favorevole all’imputato.
Cosicché, tutti coloro che sono stati condannati per abuso d’ufficio, già giudicati definitivamente (magari sono anche detenuti), potranno produrre l’istanza all’Autorità giudiziaria competente per chiedere l’interruzione della carcerazione e la cancellazione del reato nella propria fedina penale.
Ebbene, questa legge è solo un piccolo iniziale esempio di come la destra radicale affronta il sistema delle riforme. Se una legge disturba il manovratore oppure coloro che siedono in posti strategici di potere, non occorre perder tempo per revisionare la legislazione corrente; quest’ultima basta cassarla completamente anche se si lascia un vuoto legislativo.
Ma, tant’è!
È meglio non averla una legge, piuttosto che averne una che disturba la “democratura” nella realizzazione di quel programma di autoritarismo sostanziale.
Adesso ci aspettiamo che tutti gli altri disegni di legge arrivino in Parlamento per l’approvazione. Ma il disegno di legge più strutturale è quello che riguarda la separazione delle carriere – fra giudici inquirenti e giudicanti – nella magistratura.
Nonostante i più autorevoli riferimenti in campo giuridico, si sgolino a dire che il reato di abuso di ufficio costituisce una spia per il sistema della corruzione e per le infiltrazioni mafiose, Nordio ha proseguito imperterrito nel suo percorso come un bulldozer non curante del fatto che la nuova legge stimola e favorisce l’illegalità del pubblico potere, protegge i colletti bianchi e i mediatori di corruzione e mette il bavaglio alla stampa e alla comunicazione in genere.
E per dare ancora più forza alla nuova legge, Nordio ha pensato bene di presentarla da Bruno Vespa. Infatti, si è visto molto in giro un video pirata girato durante una cena del “Forum in masseria” organizzato proprio Bruno Vespa e Comin & Partners a Manduria. Il video è stato girato alla presenza del viceministro Matteo Salvini e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi. Senza tanti giri di parole e di insegne, si tratta della masseria di Bruno Vespa, in Puglia, dove viene prodotto un vino di cui si parla molto quanto meno perché si dice che venga offerto sulle linee ferroviarie delle “Frecce rosse”.
Ritornando alla riforma sulla Giustizia, bisogna sempre fare i conti con l’Unione europea che difficilmente accetterà la cancellazione di un reato – com’è l’abuso d’ufficio – da parte di un Paese membro. E allora si è fatto ricorso a un intervento riparatore inserendo nel decreto per le carceri il reato di “peculato per distrazione”.
Dunque il Governo afferma ancora una volta – come se ce ne fosse bisogno – la propria tendenza all’autoritarismo.
Questa occasione peraltro registra un fatto di rilevante importanza; è la circostanza che la nuova legge è passata alla Camera dei deputati senza concessione di spazi al dibattito parlamentare.
In più sono state introdotte modifiche peggiorative alle già esistenti limitazioni alla pubblicazione delle intercettazioni.
A questo proposito, non possiamo sottacere un’esternazione del ministro Nordio, a dir poco inquietante, che certamente non si addice ad un ministro che dovrebbe infondere serenità alla cittadinanza. Nordio dice testualmente: “Sulle intercettazioni siete tutti intercettabili e probabilmente intercettati”. Ebbene, questa non si può neanche interpretare come una semplice gaffe del ministro, anche se è stata resa fra il riso e il grave. Ha più il sapore dell’avvertimento.
Ma vediamo in che cosa consiste questa nuova legge, sia pure per sommi capi.
Il disegno di legge Nordio ridetermina in parte l’intero sistema giudiziario perché, in effetti, apporta modifiche al codice penale e al codice di procedura penale nonché all’ordinamento giudiziario e al codice dell’ordinamento militare.
Una delle nuove norme prevede l’introduzione dell’interrogatorio preventivo della persona indagata prima di decidere se applicare la misura cautelare della custodia in carcere nel corso delle indagini preliminari o no. Decisione che dovrà essere presa, non più da un giudice monocratico ma da un collegio di giudici.
Questa norma si ritorcerà come un boomerang perché verranno a galla molte difficoltà, tenuto conto dell’attuale carenza di organico nella magistratura.
Dunque immaginiamo un soggetto indagato del quale bisognerà decidere se applicare la misura cautelare o meno: il giudice, anzi un collegio di giudici dovrà avvertire l’indagato almeno cinque giorni prima dell’interrogatorio preventivo.
E allora: -scusi, sig. Pinco Pallino, si può presentare fra cinque giorni dal giudice per le indagini preliminari per essere interrogato, in quanto dobbiamo decidere se arrestarla o meno? Lascio al lettore ogni commento.
Su questo tema, Federico Giannasi del Pd, sostiene che “la legge creerà danni irreparabili, perché l’abolizione del reato di abuso d’ufficio prolifererà ulteriori reati con conseguente enorme squilibrio e destinazione verso un ancora più inammissibile autoritarismo”.
Come se non bastasse, un’altra norma prevede che il pubblico ministero non potrà più appellare le sentenze di proscioglimento per quanto riguarda i reati per i quali è prevista la citazione diretta a giudizio, cioè saltando l’udienza preliminare.
Insomma, mi pare che non ci sia dubbio alcuno che questa legge soccorra le posizioni giudiziarie di politici, mafiosi e colletti bianchi, lasciando che la magistratura si occupi di altro. Che si occupi di ladri di biciclette, di scippi, di rapine, di risse, per la sicurezza delle città chè tanto per combattere la mafia e la corruzione ci pensa la politica.
 di Elio Collovà

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