Non solo Cosa nostra,
ecco le mappe
della mafia in Sicilia

Società | 2 dicembre 2024
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Mafia, ma non solo. Ecco cosa indica la Dia (Direzione investigativa antimafia) nella relazione semestrale che abbraccia gli ultimi sei mesi del 2023. Una relazione che disegna la mappa della criminalità organizzata in Sicilia ancora ancorata al dominio di Cosa nostra, ma che vede in alcune province frange legate alla Stidda, ad altre organizzazioni in stile camorristico e alla presenza e alla contiguità dei cosiddetti colletti bianchi. Rimane la droga l’affare più redditizio ma rimane ancora fortissimo il racket delle estorsioni. A tal proposito è stato scoperto che è stata avviata un’agenzia pubblicitaria che rilasciava fatture fittizie alle vittime del racket, così da consentire la detrazione dell’Iva e dunque un risparmio dei costi sostenuti per il pagamento del pizzo alle famiglie mafiose.
In Sicilia, secondo la relazione della Dia, coesistono organizzazioni criminali eterogenee e non solo di tipo mafioso. Nelle province di Palermo, Trapani e Agrigento opera in modo preponderante Cosa nostra. Al riguardo va innanzitutto riportata la morte di Matteo Messina Denaro avvenuta il 25 settembre 2023, evento che non si esclude possa essere in grado di generare ripercussioni nel panorama mafioso di questo territorio, con particolare riferimento – evidentemente – alla provincia di Trapani, segnando la fine di una stagione per Cosa nostra, che si troverà inevitabilmente ad attraversare una fase di transizione e di riorganizzazione. Grazie alle incessanti operazioni di polizia, Cosa nostra non riesce a ricostruire un organismo di vertice. “Al suo interno – dice la Dia – la matrice criminale si mostra comunque compatta, ed eventuali straripamenti di competenza tra territori limitrofi si concludono con la ricomposizione di convergenze interne guidate dai vertici delle rispettive articolazioni mafiose. “Accanto a Cosa nostra si conferma la presenza della Stidda e, in particolare nell’area di Agrigento, si registra la nuova presenza di esponenti della vecchia organizzazione criminale e di nuovi soggetti che si avvicinano al fenomeno stiddaro per ricostruire un’organizzazione in qualche modo dialogante con Cosa nostra”.
La criminalità organizzata operante sul territorio della Sicilia orientale, è storicamente caratterizzata dalla coesistenza di molteplici aggregati stanziali distinti a seconda della riconducibilità o meno a Cosa nostra ovvero delle aree geografiche di insistenza. In particolare, “nella città di Catania la peculiarità del fenomeno mafioso è dato dalla presenza contestuale di plurimi sodalizi quelle costituenti vere e proprie articolazioni di Cosa nostra che al suo modello fanno riferimento sotto l’aspetto strutturale, funzionale e motivazionale e altre, con la medesima connotazione mafiosa, ma distinte da Cosa nostra”. Evidente inoltre è la propensione dei catanesi ad espandere la loro zona di influenza nelle province vicine. In quelle di Siracusa e Ragusa, tangibili sono le influenze di Cosa nostra catanese e, in misura minore, della Stidda gelese nel solo territorio ibleo. L’assenza dunque di configurazioni rigidamente strutturate determina la presenza di organizzazioni diverse che coesistono, condividendo spesso i medesimi spazi territoriali, in funzione del perseguimento dei comuni scopi illeciti. Il settore criminale che costituisce la spina dorsale dell’azione criminale si conferma quello del traffico di droga. “Al riguardo – si legge ancora nella relazione – Cosa nostra mantiene aperto un canale preferenziale di negoziazione con le ‘ndrine calabresi, soprattutto per l’acquisto di cocaina. In considerazione della fondamentale importanza del settore degli stupefacenti, non può escludersi che Cosa nostra possa aspirare a riconquistare posizioni di leadership nella gestione dei canali di approvvigionamento della droga. Le organizzazioni mafiose siciliane prediligono forme di attività estorsiva organizzate in modo da garantire il pagamento generalizzato di piccole somme in maniera trasversale da parte di grandi e piccoli operatori economici”. Nell’ambito di tale atteggiamento meno violento emergono inoltre modus operandi alternativi in base ai quali le organizzazioni criminali tenderebbero a prediligere forme più subdole e più persuasive, limitandosi ad esempio all’imposizione di forniture di beni, servizi, anche a prezzi leggermente al di sopra di quelli di mercato, nonché ad assunzioni anche fittizie. Pertanto le organizzazioni criminali di tipo mafioso, nel loro incessante processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti, hanno implementato le capacità relazionali sostituendo all’uso della violenza, oramai residuale, strategie di silenziosa infiltrazione e azioni collusive e corruttive.
Provincia di Palermo
La città di Palermo continua ad essere suddivisa in 8 mandamenti: Ciaculli già mandamento, Brancaccio, Noce, Cruillas, Porta Nuova, Pagliarelli, Passo di Rigano/ Bocca di Falco, Villagrazia, Santa Maria di Gesù, San Lorenzo/Tommaso Natale, Resuttana composti da 33 famiglie e la provincia strutturata in 7 mandamenti Misilmeri, Belmonte Mezzagno già mandamento di Misilmeri, Trabia già mandamento di Caccamo, Corleone, Partinico, San Giuseppe Jato, Bagheria, Villabate, San Mauro Castelverde composti da 49 famiglie. Le attività investigative confermano una organizzazione attiva perlopiù nei settori delle estorsioni e nella gestione del traffico di stupefacenti e relative piazze di spaccio, seguitando a evidenziare una compagine sempre attenta al sostentamento in carcere di capi e uomini d’onore detenuti, oltre che dei loro familiari. Il 10 luglio 2023, la polizia di Palermo, al termine dell’operazione “Resurrezione”, ha eseguito un’ordinanza custodiale nei confronti di 18 soggetti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa aggravata, estorsione, detenzione illegale di più armi comuni da sparo, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e altro. Nell’ambito dell’attività giudiziaria, che ha riguardato il mandamento di Resuttana, emergeva oltre alla riscossione dei proventi estorsivi versati da diversi commercianti, la volontà da parte di uno dei sodali di avviare un’agenzia pubblicitaria e di rilasciare fatture fittizie alle vittime del pizzo, così da consentire la detrazione dell’Iva e dunque un risparmio dei costi sostenuti. È emerso, inoltre, il controllo e la gestione di servizi funebri all’interno di un ospedale cittadino e di attività imprenditoriali operanti nel mondo dell’edilizia. Coinvolti nell’inchiesta anche soggetti che fanno parte della cosiddetta zona grigia, insospettabili professionisti che avrebbero intrattenuto rapporti con appartenenti alla criminalità organizzata.
Provincia di Trapani
Storicamente collegata a quella palermitana, Cosa nostra trapanese continua ad essere articolata nei 4 mandamenti di Trapani, Alcamo, Mazara del Vallo e Castelvetrano che a loro volta sarebbero suddivisi in 17 famiglie. Nel mandamento di Trapani le 4 famiglie di Trapani, Custonaci, Paceco e Valderice nel mandamento di Alcamo le 3 famiglie di Alcamo, Calatafimi e Castellammare del Golfo, nel mandamento di Mazara del Vallo le 4 famiglie di Mazara del Vallo, Marsala, Salemi e Vita, nel mandamento di Castelvetrano le 6 famiglie di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Gibellina, Partanna, Salaparuta, Poggioreale e Santa Ninfa. La fitta rete di protezione creatasi nel corso degli anni intorno alla figura del deceduto Matteo Messina Denaro ha portato recentemente all’arresto di innumerevoli fiancheggiatori che avrebbero agevolato la sua lunga latitanza.
Provincia di Agrigento
Cosa nostra agrigentina, basata sulla storica suddivisione in 7 mandamenti – Agrigento, Burgio, Santa Margherita di Belice, Santa Elisabetta, Cianciana, Canicattì e Palma di Montechiaro – nel cui ambito opererebbero 42 famiglie e ancorata alle tradizionali regole mafiose, continua a rivestire un ruolo di supremazia sul territorio, in connessione con le omologhe articolazioni mafiose catanesi, nissene, palermitane, trapanesi e attive oltreoceano. Accanto a Cosa nostra si conferma la presenza della Stidda, due realtà mafiose storicamente radicate nel territorio, sempre pronte all’individuazione e spartizione delle attività criminali sul territorio. In merito alla Stidda “abbiamo riscontrato che alcuni storici appartenenti all’organizzazione sono ritornati a svolgere attività legate all’organizzazione stessa, ritornando ad agire sul territorio con i metodi già collaudati in passato e così hanno rivitalizzato in qualche misura la Stidda stessa”. In tale contesto criminale, inoltre, risulterebbero attivi altri gruppi organizzati su base familiare, quali le famigghiedde e i paracchi che, operano autonomamente rispetto a Cosa nostra e alle consorterie stiddare. Le attività di indagine hanno consentito di confermare il crescente interesse di Cosa nostra agrigentina nel remunerativo settore degli stupefacenti e delle scommesse on-line.
Le indagini, che hanno interessato i comuni di Licata, Campobello di Licata e Campobello di Mazara, hanno fatto luce su una capillare distribuzione e installazione di postazioni per il gioco d’azzardo, anche collegate in rete a siti internet esteri e riconducibili a società intestate a prestanome, tramite le quali ai giocatori era consentito di partecipare anche a scommesse su eventi sportivi, oltre ai giochi d’abilità videopoker e roulette. Il modus operandi dell’organizzazione criminosa ha rivelato la capacità di penetrazione all’interno delle strutture societarie del settore, tramite l’assunzione da parte degli imprenditori collusi di soggetti interni all’associazione i quali curavano, nel contempo, gli interessi delle società dedite all’attività economica e quelli delle famiglie mafiose. I proventi dell’attività di betting (scommesse) erano poi destinati sia a contribuire al sostentamento economico delle famiglie mafiose di Licata e di Campobello di Licata, sia a esponenti di vertice della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara. Si sono registrati numerosi, nel periodo esaminato, eventi di presumibile natura intimidatoria, nonché alcuni episodi di violenza ancora in corso di approfondimento. In particolare, si citano quelli ai danni di una cooperativa agricola locale, di un assessore comunale, di un dipendente comunale, di alcuni sindaci, del direttore di un ufficio di sorveglianza e di un medico ospedaliero.
Provincia di Caltanissetta
L’articolazione di Cosa nostra nissena, che continuerebbe a essere articolata in 4 mandamenti e 18 famiglie con una struttura improntata a schemi meno rigidi rispetto al passato per la ripartizione delle competenze territoriali, rimane invariata. Nella parte settentrionale della provincia si rilevano i mandamenti di Mussomeli e di Vallelunga, nel versante meridionale si registrano quelli di Riesi e Gela. Nell’ambito di quest’ultimo oltre alla famiglia di Niscemi operano le locali famiglie di Cosa nostra degli Emmanuello e dei Rinzivillo. In tale quadro si segnalano le scarcerazioni, avvenute nel 2023 di alcuni uomini d’onore delle famiglie di Gela, Campofranco e Mazzarino che potrebbero rivelarsi determinanti sulle dinamiche per la riorganizzazione interna a Cosa nostra. Accanto a Cosa nostra coesiste la Stidda che continua a conservare una forte influenza nei territori di Gela e Niscemi. Le due organizzazioni criminali, che mantengono tendenzialmente rapporti pacifici in ragione dei reciproci accordi intercorsi per una più remunerativa spartizione degli affari criminali, sono oggi costantemente tese alla propria riorganizzazione, con l’importante contributo degli scarcerati di ritorno sul territorio.
Provincia di Enna
La principale organizzazione mafiosa attiva nel territorio ennese permane Cosa nostra, naturale propagazione delle limitrofe espressioni criminali nissene e catanesi. Il territorio provinciale risulta suddiviso tra 5 famiglie di Cosa nostra (di Barrafranca, Pietraperzia, Calascibetta, Villarosa e Enna) che ha “competenza” anche per i paesi di Leonforte, Regalbuto, Agira, Assoro, Valguarnera Caropepe, Catenanuova, Piazza Armerina e Aidone.
Provincia di Catania
Nella provincia catanese sono presenti famiglie mafiose riconducibili a Cosa nostra: i Santapaola-Ercolano e i Mazzei a Catania, La Rocca a Caltagirone nel comprensorio “Calatino-Sud Simeto”, mentre a Ramacca l’omonima famiglia. Unitamente a queste famiglie, risultano attive organizzazioni di tipo mafioso, ma non appartenenti a Cosa nostra, rappresentate dai clan Cappello-Bonaccorsi, Laudani, Pillera-Di Mauro, Sciuto, Cursoti, Piacenti e Nicotra. In provincia – laddove non vige una gestione diretta – la famiglia Santapaola-Ercolano si impone sul territorio grazie ad altri gruppi locali quali il clan Assinnata e il clan Alleruzzo operanti nel territorio del comune di Paternò, il clan Santangelo-Taccuni nel territorio del comune di Adrano e il clan Tomasello-Toscamo-Mazzaglia nel territorio del comune di Biancavilla il clan Puglisi-Pulvirenti nei territori dei comuni di Maniace, Mascalucia, Belpasso e su quello di Lineri e San Pietro Clarenza frazioni del comune di Misterbianco, il clan Brunetto nei comuni della zona ionica etnea di Giarre, Mascali e Fiumefreddo di Sicilia.
Provincia di Siracusa
A Siracusa sono operative due storiche organizzazioni criminali, il gruppo Bottaro-Attanasio, legato al clan etneo dei Cappello ed il gruppo Santa Panagia, che prende il nome dall’omonimo quartiere in cui vive la maggior parte degli affiliati, collegato alla compagine Nardo-Aparo-Triglia, il quale fa capo al clan etneo Santapaola-Ercolano. Altre compagini minori risultano comporre il cosiddetto gruppo della Borgata, collegato ai Bottaro-Attanasio ed il cosiddetto gruppo della via Italia strettamente collegato al clan Santa Panagia.
Provincia di Ragusa
Nella provincia di Ragusa sono presenti due distinte organizzazioni mafiose: la Stidda radicata nei territori di Vittoria, Comiso, Acate e Scicli e Cosa nostra che, influenzata dalle consorterie catanesi, è attiva nel restante ambito provinciale. Nel comune di Vittoria, ove coesistono le famiglie mafiose Piscopo di Cosa nostra gelese e Dominante-Carbonaro della Stidda, riveste particolare rilevanza il mercato ortofrutticolo, hub principale per la raccolta e lo smistamento della produzione agricola in buona parte della Sicilia. È proprio in tale contesto che le consorterie mafiose continuano ad infiltrarsi.
Provincia di Messina
Lo scenario criminale in questa provincia permane caratterizzato dalla suddivisione in quattro differenti aree geografiche, nell’ambito delle quali sono andate nel tempo a radicarsi diverse strutture criminali, ciascuna delle quali, con proprie specificità. Nella zona nebroidea, in cui ricadono i Monti Nebrodi, risultano operare la famiglia di Mistretta organica al mandamento mafioso palermitano di San Mauro Castelverde che svolge la propria funzione di “cerniera” tra la criminalità della provincia di Messina e le organizzazioni operanti nel palermitano e nel catanese, con influenza anche nel comprensorio confinante della provincia di Enna, i clan tortoriciani, nelle loro articolazioni del gruppo dei Bontempo Scavo e del gruppo dei Batanesi operante nell’area del Comune di Cesarò, confinante con quello di Bronte. Lungo la fascia tirrenica, permane egemone la famiglia dei barcellonesi. La criminalità organizzata presente nella città di Messina risulta articolata in una molteplicità di gruppi criminali operanti su base rionale, a cui si è sovrapposta con caratteristiche di sovraordinazione una cellula di Cosa nostra catanese.
Attualmente tra questi sodalizi cittadini si rilevano il clan Giostra, il clan Mangialupi, il clan Lo Duca e il clan Spartà. Si rileva, nel contempo, la presenza sul territorio della città di Messina, di cittadini di nazionalità nigeriana riconducibili a forme di criminalità organizzata. Nella zona jonica si denota la presenza del clan Cintorino, costituente una articolazione locale della famiglia Cappello di Catania.
 di Giusseppe Martorana

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