Lo ingiuriavano, ora lo piangono

Società | 21 aprile 2025
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Ascoltare il panegirico di Francesco, a poche ore dalla sua scomparsa, da parte del Vice Presidente del Consiglio, Matteo Salvini, il viso compunto, tono sofferente e postura da guardia svizzera, è un cilicio che dovrebbe essere risparmiato a chiunque, specie a chi ha avuto, e continua ad avere, grande affetto per il Vescovo di Roma per le sue battaglie a favori degli “ultimi”, vittime di ingiustizie, prepotenze e persecuzioni.
So bene che è oltremodo sottile la linea che separa i fatti dalle figurazioni in ogni contesto e in ogni tempo e che ipocrisia e cinismo corrono di pari passo con gli eventi e le finzioni sono rappresentate dai potenti in tutti i teatri del pianeta, siano essi caporali di giornata che uomini delle istituzioni, investiti del destino dell’umanità, ma ascoltare l’insopportabile – è il caso di Salvini e quelli che gli stanno accanto – richiede una santa forza d’animo. Il vice capo del governo è colui che più di ogni altro, dal primo giorno in cui si è affacciato alla politica, ha ignorato, osteggiato, sistematicamente avversato, con parole opere e omissioni, le volontà, i moniti, gli appelli di Papa Francesco, in specie sulla accoglienza, soccorso, aiuto degli sventurati, che dalle periferie del mondo scappano dalla fame, dalle ingiustizie, dalle prepotenze
Matteo Salvini, e con lui il governo in carica, che in queste ore mostra cordoglio, stima e rispetto, ha tradito Francesco ed il “suo” Vangelo. Doppio tradimento, dunque, compiuto con sfrontatezza e, talvolta, con sprezzanti ed umilianti insinuazioni. Come non ricordare gli inviti ed il sarcasmo di uomini delle istituzioni, vicini a Salvini o all’area di governo, che sollecitavano ad accogliere i migranti scampati alle onde marine, in Vaticano addebitando al soglio pontificio una ipocrisia di sentimenti e volontà, che essi, in quanto cristiani o laici, pensosi delle altrui sventure, testimoniavano ogni giorno platealmente, senza stancarsi, né lasciarsi distrarre dagli affanni delle coscienze. Come ignorare le quotidiane ingiurie che nei giornali di “area” da anni vengono rivolte alla Chiesa di Roma, al Vaticano e al Pontefice.
Al di là delle appartenenze politiche, delle opinioni e delle idee, le loro afflizioni pubbliche rappresentano quel misto di goffaggine cinica e brutalità di sentimenti, che si ritrova oggi Oltreoceano, dove l’amico americano e la sua banda mostrano al mondo, facendosene vanto, uomini in ceppi deportati sulla base dei tatuaggi dipinti sul petto. Una contiguità affatto casuale.
Negare ciò che si è detto e commesso per ingraziarsi il consenso del popolo di Francesco, senza incrinature e ad ogni costo, ci fa apparire disperante la condizione del mondo. Ma è il lutto, il dispiacere, il dolore per la perdita di un uomo innamorato dell’umanità e di Dio, che ci prostra, lasciando un varco al pessimismo: troveremo ancora le volontà e i modi per dire ciò in cui crediamo, e ci impegneremo ancora affinché non si taccia, si cancelli, sopprima ciò che si è taciuto impunemente altre volte.

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 di Salvatore Parlagreco

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