Dai paracadutati ai voltagabbana, la politica dei seggi sicuri che non pensa ai bisogni dei siciliani

Politica | 29 agosto 2022
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La prima, fondamentale, distinzione riguarda il sistema elettorale. I candidati alla Camera dei deputati ed al Senato della Repubblica parteciperanno alla campagna elettorale senza l'ansia di cercarsi le preferenze, a differenza dei loro colleghi che corrono per Sala d'Ercole che le preferenze dovranno cercarle e contarle una per una.
La coincidenza tra il rinnovo del Parlamento nazionale e dell'Assemblea regionale ha determinato diverse doppie candidature, anche di personaggi di primo piano, che corrono contemporaneamente per Roma e per Palermo. Poiché la trappola infernale denominata Rosatellum assicura nei fatti l'elezione ai candidati dei partiti maggiori collocati al primo posto nella lista, dopo il 25 settembre si realizzerà un gioco di opzioni che influenzerà gli equilibri interni ai partiti. Ci sono i casi limite, come quello della politica trapanese che si è trovata candidata in una lista alla Camera ed in una di un partito diverso all'Assemblea.
Camera e Senato vedono ai primi posti nei collegi proporzionali un rilevante numero di paracadutati, cioè di candidate e candidati scelti direttamente dai livelli centrali di direzione delle forze politiche. Al netto degli slogan, il meccanismo si è riproposto praticamente identico in tutte le liste: dalle candidature PD espressione del bilancino tra le varie componenti, ai quindici capolista individuati a priori dal presidente dei Cinque Stelle, alla “quasi moglie” di Silvio Berlusconi discesa dal cielo di Arcore direttamente sul collegio sicuro di Marsala.
Sempre per quanto riguarda il Parlamento nazionale l'altro distinguo è tra collegi plurinominali (proporzionali) e maggioritari. In ciascuno di questi ultimi si elegge un solo deputato o senatore ed il vincitore è colui che ha conseguito un voto in più degli altri. In Sicilia verranno eletti 48 parlamentari: 32 deputati e 18 senatori; un terzo di essi (12 deputati e 6 senatori) nei collegi uninominali. Va notato che, pur consentendolo la legge, nessuna delle teste di serie dei collegi proporzionali ha ritenuto di candidarsi in un collegio maggioritario: certamente per allargare l'ambito della partecipazione alle candidature, ma – a volere esser maliziosi- anche un modo per sottrarsi ad eventuali bocciature in competizioni dirette che, specie dal centro sinistra, sono considerate ad altissimo rischio. Le elezioni sono sempre foriere di sorprese, ma a rigor di numeri nei collegi maggioritari dell'isola non ci sarà trippa per i gatti del centrosinistra e dei Cinque Stelle.
Le capolistature dei collegi proporzionali segnano la presenza dei leaders nazionali: se Enrico Letta ha lasciato al suo vice Giuseppe Provenzano il compito di rappresentare i democratici in entrambi i collegi plurinominali della Sicilia Occidentale, Giorgia Meloni e Giuseppe Conte scenderanno in campo direttamente nell'isola. Ci sono poi le candidature calate dall'alto: per citare una delle situazioni che hanno determinato i maggiori mal di pancia, nel PD, entrambi i capolista al Senato nei due collegi plurinominali presenti nella regione sono esterni al partito siciliano. Anna Maria Furlan ex segretario generale della Cisl e Antonio Nicita, figlio dell'ex presidente della Regione Santi Nicita, ma cresciuto politicamente lontano dall'isola. Anche la capolistatura a Catania di Valentina Scialfa , ex assessore della giunta comunale di Enzo Bianco ma considerata lontana dal partito catanese, ha provocato risentite proteste, ma a Roma era già tutto deciso.
Le sorprese maggiori compaiono tuttavia nelle liste per il rinnovo dell'ARS e l'elezione del presidente della Regione che sostituirà Nello Musumeci, in procinto di approdare a palazzo Madama. Innanzitutto le ricadute siciliane della cosiddetta operazione terzo polo: Pino Firrarello, ex senatore berlusconiano e sindaco di Bronte ha dichiarato di non “voler morire putianiano”e per realizzare il nobile scopo si è trasferito armi e bagagli insieme all'ex sottosegretario Giuseppe Castiglione (che è anche suo genero) nelle file di Calenda-Renzi-Carfagna.
Non è l'unico: Settembre andiamo, è tempo di migrare parrebbe il leit motiv di molte candidature, in special modo alle Regionali. Il vicepresidente della Regione, professor Gaetano Armao, per esempio, il quale dopo una lunga militanza nella parte di Forza Italia fieramente nemica di Gianfranco Micciché ha accettato di correre come candidato presidente per il terzo polo. Il campione delle transumanze è però Cateno De Luca, portatore di una proposta politica che si colloca tra una versione involgarita del populismo e la polemica antipartito che sta raccogliendo ceto politico della più varia provenienza. Personalità forte, notevoli capacità organizzative, tendenza alla volgarità che si è più volte manifestata nell'abitudine di insultare chiunque non condivida le sue affermazioni, specie i giornalisti, l'ex sindaco di Messina è portatore di una proposta che mira a scompaginare gli schieramenti esistenti. In sua compagnia personaggi delle più diverse provenienze: dall'ex Iena Ismaele La Vardera, all'ex consigliere comunale della Lega di Palermo Igor Gelarda, ad esponenti in bassa fortuna in FdI, a molti sindaci di diversi ambiti territoriali, al già segretario del PD di Catania, ultimo convertito al verbo del “catemoto”. Un mezzo endorsment è inaspettatamente arrivato anche dal redivivo Rosario Crocetta che ha dichiarato che il politico di Fiumedinisi “sta compiendo un miracolo”.
Tuttavia, per la verità, l'ex presidente della Regione ha ribadito il suo legame col PD. PD, Cento passi e + Europa sostengono Caterina Chinnici che aveva vinto le primarie dello scorso 23 luglio alle quali avevano partecipato anche i Cinque Stelle, che all'ultimo momento hanno poi ritirato il loro appoggio e messo in campo la candidatura del presidente del gruppo parlamentare dell'ARS Nuccio Di Paola. La composizione delle liste è stata faticosissima per il principale partner della coalizione di centrosinistra ed ha lasciato ferite che continueranno a sanguinare anche dopo il 25 settembre. Tuttavia le possibilità di vittoria dell'europarlamentare non appaiono compromesse: per la prima volta infatti sono in lizza cinque candidati potenzialmente al disopra del 10% con l'effetto probabile di una forte dispersione del voto. A meno di sorprese eclatanti, il vincitore non dovrebbe superare di molto il 30% con conseguenze tutte da scoprire sulla governabilità della futura Assemblea. Tali previsioni, perciò, lasciano pienamente in corsa Caterina Chinnici anche dopo il voltafaccia di Giuseppe Conte che in Sicilia con le candidature sua e di Roberto Scarpinato gioca una partita decisiva per il futuro del movimento.
Renato Schifani, candidato del centrodestra , è frutto di un compromesso raggiunto all'ultimo istante in una coalizione attraversata da divisioni profonde e difficilmente sanabili. Appare, anche in ragione della sua lontananza dalla politica isolana negli anni recenti, incapace di “sfondare” anche in un momento in cui le vele del centrodestra sembrano a livello nazionale gonfie del vento dei sondaggi (sarà poi tutto da vedere se i sondaggi si trasformeranno in consensi nelle urne). Determinante sarà anche la percentuale della partecipazione al voto. Dal punto di vista dei contenuti, la coincidenza con le elezioni nazionali sembra- con rare eccezioni- aver messo in ombra temi di capitale importanza per la Sicilia: dal futuro dell'autonomia speciale all'utilizzo razionale ed efficace, in un'ottica di lotta contro le diseguaglianze ed il disagio sociale dei circa 50 miliardi di euro di fondi europei (tra PNRR e fondi strutturali) che rappresentano per l'isola l'ultima possibilità di agganciarsi alla sponda dello sviluppo sostenibile. Manca poco meno di un mese alle urne: comincerà la campagna elettorale ad occuparsi di ciò che è decisivo per il destino delle siciliane e dei siciliani?
 di Franco Garufi

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