Cresce la voglia di partecipazione giovanile

Giovani | 16 agosto 2022
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La partecipazione dei più giovani, negli ultimi anni, si è scontrata con i limiti imposti dalla pandemia per quanto concerne la possibilità di incontrarsi, di confrontarsi e di partecipare. Tali difficoltà hanno riguardato numerosi aspetti della vita quotidiana: a partire da quello sanitario, con l’impatto della pandemia sulla condizione di salute della popolazione e la pressione sul servizio sanitario nazionale. Così come quello sociale, con la necessità di distanziamento fisico per limitare il contagio che ha gravato sulla socialità delle persone, e l’impatto economico, con gli effetti della crisi su occupazione, redditi e capacità di spesa. La crisi ha infatti aumentato l’incidenza della povertà assoluta tra i minori di 18 anni, rafforzando una tendenza ormai decennale. Le restrizioni, in termini di socialità, hanno sicuramente gravato soprattutto sulle fasce d’età che attraversano una fase di crescita.
L’indagine Istat 2022 su comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri di bambini e ragazzi ha indicato quella che è la tendenza di fondo. Da un lato, una rarefazione nella frequenza con cui i giovani vedono amiche e amici (trend, anche in questo caso, già iniziato da ben prima della pandemia). Dall’altro, l’aumento - per oltre i 2/3 degli studenti delle scuole superiori - nell’utilizzo di chat e di social network. Uno degli aspetti più penalizzanti, secondo quanto emerso dall’indagine Istat, è stata considerata la didattica a distanza che tuttavia ha reso possibile la frequenza telematica della scuola anche nei momenti più difficili della pandemia. I 2/3 degli studenti (67,7%) dichiara di preferire comunque le lezioni in presenza.
Come ribadito da Openpolis, ai ragazzi sono mancati i rapporti sociali e i momenti di condivisione: la grande maggioranza degli studenti delle scuole secondarie indica come fattore negativo l’aver sentito la mancanza dei compagni (86,7% tra i ragazzi di nazionalità italiana, 79,8% tra gli stranieri) e dei docenti (70% tra gli italiani, 65,4% tra gli stranieri). Tra le esperienze e i momenti formativi che sono mancati di più vengono citate le gite scolastiche (il 55% degli studenti ne ha sentito la mancanza). Inoltre anche altri momenti di condivisione, come la ricreazione e i lavori di gruppo vengono segnalati come aspetti che sono venuti meno. Di contro è cresciuto in tutte le fasce d’età giovanili e in particolare in quella tra 18 e 19 anni l’attivismo in associazioni ecologiche, per i diritti civili e per la pace. Si tratta di una tendenza di lungo periodo, con pochissime eccezioni negli anni presi in esame. A fronte di una popolazione media in cui la partecipazione ad associazioni di questo tipo appare stabile (1,5% nel 2018, 1,7% nel 2020), la crescita negli ultimi anni è stata molto più marcata nelle classi più giovani. Tra i 14 e i 17 anni si è passati dall’1,8% a circa il 3%, tra i 20 e i 24 si passa dalla stessa quota al 2,6%. Tra i 18 e i 19 addirittura la crescita è di quasi 2 punti: dal 2,5% del 2018 al 4,4% nel 2020. Già negli ultimi anni si era registrata una crescente volontà di partecipazione di ragazze e di ragazzi alle scelte che riguardano il loro futuro. A partire dalla mobilitazione dei più giovani sui temi ambientali, nei mesi immediatamente precedenti l’emergenza.
Manifestazioni come i Fridays for future hanno segnalato l’esistenza di una nuova generazione pronta a muoversi per sensibilizzare governi e opinioni pubbliche. E ciononostante la progressiva marginalità demografica dei giovani. Si tratta di ragazze e di ragazzi che nei 12 mesi precedenti l’intervista hanno dichiarato di aver partecipato a delle riunioni in associazioni di questo tipo. Quindi non solo un’adesione formale a dei principi, ma una vera e propria mobilitazione per promuoverli e sostenerli, attraverso l’organizzazione nella società civile. Si tratta di una distinzione fondamentale perché delinea la differenza tra l’adesione individuale a una causa e un impegno di natura strutturale e organizzato. E che, come tale, è indice non solo di una convinzione personale, ma anche di un maggiore coinvolgimento nel corpo sociale, come membro attivo della comunità.
Il tema della partecipazione attiva dei giovani alla vita pubblica, del resto, si collega direttamente alla loro centralità nella società su cui anche le tendenze demografiche potranno avere un impatto. In riferimento alla centralità dei giovani su alcuni temi del dibattito pubblico, gli studi mettono in luce come gli adolescenti - e i giovani in generale - vedranno una progressiva diminuzione nei prossimi anni. Le statistiche sperimentali di Istat stimano che il numero di persone tra i 10 e i 19 anni - nel 2020 pari a 5,7milioni - potrebbe scendere sotto quota 5milioni nel 2030. Oggi in Italia vivono 1,7milioni di preadolescenti (età compresa tra 11 e 13 anni) e 2,3milioni di minori adolescenti (14-17 anni). Questi ultimi rappresentano il 3,86% della popolazione residente in Italia, con percentuali variabili dal 4,51% della Campania al 3,36% della Liguria. A livello provinciale, invece, Napoli, Caserta e Crotone sono le aree del paese con la maggiore concentrazione di minori adolescenti, che sono rispettivamente il 4,77%, il 4,63% e il 4,50% dei residenti totali. Mentre i livelli più bassi si registrano nelle province al Sud della Sardegna (3,18%), Ferrara e Rovigo (entrambe al 3,17%).
Lo studio di Openpolis mette in luce altresì come si trovano più minori adolescenti nei comuni tra Napoli e Caserta. Tra le grandi città, spiccano invece i dati di Napoli, Palermo e Catania, tutte al di sopra del 4%. Nello specifico a Palermo su 637.885 residenti, 27.172 (4,26%) sono tra i 14 e i 17 anni; a Catania invece su 300.356 residenti, 12262 (4,08%) sono tra i 14 e i 17 anni. Nel capoluogo partenopeo raggiungono addirittura il 4,51% della popolazione a fronte del 3,9% medio nazionale. Si collocano sotto tale quota tutte gli altri comuni più popolosi. Nell’ordine Bari (3,79%), Roma (3,72%), Milano (3,45%), Firenze (3,41%), Genova (3,36%), Torino (3,32%) e Bologna (3,07%).
 di Melania Federico

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