Sette milioni di italiani a casa senza un lavoro
Economia | 6 giugno 2015
L'occupazione è tornata a crescere lievemente nel primo trimestre 2015 ma la strada da
percorrere è ancora lunga per agganciare l'Europa e tornare ai livelli pre crisi: lo confermano
le statistiche dell'Istat secondo le quali nel primo trimestre 2015 c'erano ancora quasi sette
milioni di persone disponibili a lavorare (ai 3,3 milioni di disoccupati vanno aggiunti 3,5 mln di
persone che pur essendo disponibili all'impiego non cercano attivamente e quindi rientrano
tra gli inattivi) ma senza occupazione. Sulla necessità di investire sul lavoro come primo
obiettivo della politica si è espresso il premier, Matteo Renzi definendo il reddito di
cittadinanza «incostituzionale» e «la cosa meno di sinistra che esista.
Compito della politica - ha detto - è creare le condizioni perche ci sia lavoro per tutti e non
assistenzialismo».
La prossima settimana il Consiglio dei ministri dovrebbe dare il via libera agli ultimi decreti
attuativi del Jobs act, tra i quali la riforma degli ammortizzatori sociali con l'estensione della
cassa integrazione anche alle imprese più piccole (con un contributo variabile a seconda
delle dimensioni tra lo 0,45% e lo 0,65% della retribuzione) e la stretta sulla durata
dell'indennità.
L'Italia ha ancora un tasso di disoccupazione superiore alla media Ue (nella media 2014
12,7% contro il 10,2% dell'Ue a 28 e l'11,6% dell'area euro) ma soprattutto ha un tasso di
attività (occupazione più disoccupazione) di quasi 10 punti inferiore alla media Ue. Tra i 15 e
i 64 anni nel 2014 solo il 63,9% delle persone era nel mercato del lavoro, il livello più basso
in Europa (72,3% l'Ue a 28). L'Italia in questi 10 anni ha fatto passi avanti inferiori alla media.
La responsabilità del divario con l'Ue è soprattutto del basso tasso di attività femminile
(54,4%), di oltre 12 punti inferiore alla media Ue e di circa 25 punti rispetto alla Svezia
(79,3%).
Oltre tre milioni su sette di coloro che sono senza lavoro pur essendo disponibili a
lavorare, sono persone con meno di 35 anni. Sono, infatti, in questa fascia di età (15-34
anni) 1.663.000 disoccupati e 1.347.000 tra coloro che si dicono disponibili a un impiego
ma non hanno fatto azioni di ricerca attiva nelle settimane precedenti la rilevazione. Una parte
consistente sono 'scoraggiatì, ovvero persone che non cercano attivamente impiego perchè
ritengono di non poterlo trovare. E un segnale di questa difficoltà è in un'altra statistica
Eurostat sulla percentuale dei giovani che lavorano entro tre anni dalla laurea: l'Italia è la
peggiore dopo la Grecia con appena il 49,6% dei laureati tra i 20 e i 34 anni che lavora a
meno di tre anni dalla laurea. Una percentuale di quasi 30 punti inferiore alla media Ue a 28
(78,3%) e in netto peggioramento rispetto al 2008 (quasi 18 punti dato che era al 67%).
Nello stesso periodo la media dell'Ue a 28 ha perso meno di sette punti. Le differenze con
gli altri Paesi sono significative, a partire dalla Germania che registra un tasso di laureati
occupati a tre anni dal titolo del 92,4%, in crescita dall'89,6% del 2008. Solo nell'ultimo anno
in Italia si sono persi oltre 5 punti (dal 54,7% al 49,6%) mentre la Francia si manteneva vicina
all'80% (dal 79,5% al 78,2%) e il Regno Unito viaggiava sull'83% (dall'84,7%).
Le percentuali sono ancora più drammatiche si si guarda a chi ha un lavoro entro tre anni
dal termine del periodo formativo avendo ottenuto solo il diploma: tra i 20 e i 34 anni -
segnala l'Eurostat nelle sue tabelle - l'Italia si piazza all'ultimo posto con appena il 36,9% di
occupati, facendo peggio della Grecia (38,4%). Tra coloro che hanno solo un diploma la
percentuale di coloro che hanno un lavoro a tre anni dalla maturità è crollata dal 2008 al 2014
di oltre 20 punti passando dal 59% al 36,9%. Nello stesso periodo la media dell'Ue a 28 è
passata dal 76,4% al 70,5% mentre in Germania dall'81,9% si è passati all'87,5%.
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