Aumentano i poveri in Italia, soffrono soprattutto i giovani

Società | 4 luglio 2019
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In un’Italia con una povertà assoluta stabile rispetto al 2017, sono i minori a vivere in una situazione di maggiore disagio. Nel 2018, secondo l’aggiornamento Istat delle statistiche sulla povertà nel nostro paese, un giovane su 8 si è trovato in povertà assoluta. In termini assoluti ciò significa 1,26 milioni di under 18. Essi rappresentano un quarto di quei cittadini - 5 milioni di persone, ovvero l’8,4% dei residenti in Italia nell’ultimo biennio rilevato e il 7% delle famiglie – che non hanno potuto permettersi l’acquisto di beni essenziali per condurre uno standard di vita minimamente accettabile. Una condizione che è anche il risultato della crisi economica iniziata dieci anni fa. Come riportato da Openpolis, infatti, “nel 2005 si trovava in povertà assoluta il 3,9% dei giovani con meno di 18 anni. Nell'ultimo decennio questa percentuale è più che triplicata (12,6%, stando ai dati 2018 appena rilasciati)”. 

La fascia più colpita è quella dei bambini tra 7 e 13 anni, in cui il 13,4% è povero. Anche tra i ragazzi di 14-17 anni e tra i più piccoli con meno di 6 anni, però, l'incidenza resta più elevata della media nazionale. I dati Istat sottolineano due tendenze in atto. La prima riguarda la relazione tra condizione economica e divario educativo. Ossia, “la diffusione della povertà diminuisce al crescere del titolo di studio”. Nel caso di persone con diploma o laurea, la famiglia è povera in meno del 4% dei casi. Viceversa, se il titolo di studio è più basso, la percentuale di povertà del nucleo familiare di riferimento aumenta: 9,8% nel caso in cui l’individuo ha la licenza media, 11% se ha la licenza elementare. La conseguenza è che nelle famiglie con licenza elementare e/o media la povertà assoluta è quasi 3 volte più frequente di quelle dove la persona di riferimento è diplomata o laureata. A ciò si aggiunga la scarsa mobilità sociale che, notoriamente, pone il nostro paese tra quelli con una minore mobilità intergenerazionale. Il che vuol dire che i figli di chi non è diplomato tendono, a loro volta, a non diplomarsi. Sono, infatti, 2/3 i figli di coppie senza diploma a “seguire le orme” dei genitori, rispetto a una media Ocse del 42%.  

Appare chiaro che chi nasce in una famiglia con disagiate condizioni economiche ha meno possibilità di poter proseguire gli studi e, quindi, di avere accesso ad opportunità di lavoro più remunerative. Ciò accade anche perché le difficoltà finanziarie del nucleo di appartenenza spingono i giovani a cercare un lavoro anziché studiare, per contribuire al reddito familiare. Si instaura, pertanto, un circolo vizioso che rende la povertà come un fattore che si tramanda da padre/madre in figlio. E, senza alcuna sorpresa, è il Mezzogiorno che ha tassi di povertà assoluta più elevati (11,4% di persone povere, contro il 6,9% del nord e il 6,6% del centro Italia), così come i livelli d'istruzione più bassi.

La fragilità dei minori nello scenario della povertà in Italia si evince anche da una seconda tendenza: la percentuale di giovani in condizioni di disagio è andata aumentando nel corso degli anni, raggiungendo oggi valori quasi tre volte superiori a quella degli over 65. È di + 8% l’incidenza della povertà assoluta tra i ragazzi rispetto agli over 65.

I dati mostrano che la povertà deve essere affrontata principalmente in termini di opportunità educative offerte ai giovani perché è la povertà educativa che genera quella economica. 

 di Alida Federico

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