Verbumcaudo, storia e rinascita produttiva del feudo sottratto alla mafia

Società | 27 dicembre 2023
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La storia del “Verbumcaudo” è molto antica. Bisogna andare molto indietro nel tempo per poterne scoprire le prime origini; sembra che già nel Medioevo si parlasse dell’esistenza di questo feudo. C’è una ragione per la quale parliamo di questo famosissimo feudo disteso nelle montagne madonite, in quel di Polizzi Generosa, dove raccoglie ben 19 comuni che hanno aderito al “Consorzio Madonita per la Legalità e lo Sviluppo”.
Ne voglio parlare perché questo meraviglioso feudo rappresenta l’esempio eclatante del fatto che la sottrazione dei beni illeciti ai mafiosi è uno strumento di legge efficiente ed efficace, sol che si voglia farlo funzionare. La validità dello strumento non consiste solamente nell’occasione di poter dare un significato punitivo ai boss mafiosi, ma soprattutto per rendere produttivi i beni confiscati che, in tal modo, sarebbero in grado di rientrare nel circuito dell’economia legale. Non solo, ma in tal caso verrebbe rispettato quel principio imprescindibile, fortemente voluto da Pio La Torre che questa legge ha elaborato accuratamente, che consiste nel rifondere la collettività dei beni a titolo di risarcimento per il danno ricevuto dal fenomeno mafia.
E non è da sottovalutare la circostanza che tale opportunità sia stata l’occasione per offrire lavoro a tanti giovani disoccupati.
Ma cominciamo dall’inizio.
Le terre della Sicilia erano conosciute come il “granaio di Roma” e rifornivano, con la loro produzione, l’intera Isola. La vita del feudo fu molto travagliata. La proprietà è sempre passata da un padrone all’altro. Senonché, addirittura nel 1396, il feudo venne confiscato perché il padrone aveva compiuto un atto di ribellione a un nobile. Cosicché il Re confiscò il feudo per offrirlo alla nobile famiglia dei Ventimiglia, che la faceva da padrona nelle Madonie. Ma in seguito, e fino ai nostri giorni, il feudo alternò le fasi della propria vita fra diversi padroni e abbandoni. Finché l’armatore Salvatore Tagliavia, sindaco di Palermo, nel 1950, in occasione della riforma agraria, dispose volontariamente un atto di generosità rinunciando a una parte del feudo che volle dividere a tre famiglie povere del luogo.
Storicamente siamo già nella seconda parte del secolo scorso e siamo più vicini a quello scellerato periodo storico dei nostri giorni, che ci ha fatto conoscere l’organizzazione mafiosa e i soprusi vissuti dalle varie cittadinanze siciliane per via delle sopraffazioni e violenze dei boss mafiosi.
Cosicché il feudo, attraverso mille peripezie, giunse nelle mani dei cugini Greco, boss della famiglia dei Ciaculli (contrada alle porte di Palermo) che riuscirono a comprarlo a un prezzo assolutamente di favore, ottenuto probabilmente per il loro status di capimafia. Si dice che l’intero feudo – 150 ettari circa – fu acquistato dai Greco per 650 milioni di lire contro il valore effettivo di circa due miliardi e mezzo. Su questa vendita ha indagato Giovanni Falcone che scoprì la provenienza illecita di un assegno tratto dal camorrista Antonio Bardellino. Da allora il feudo perdette tutta la sua rilevanza.
Dopo la confisca operata da Falcone e le vicende giudiziarie a carico dei Greco, il feudo venne abbandonato per lunghissimi anni durante i quali sono stati celebrati processi penali e procedimenti per le misure di prevenzione.
Finalmente, solo qualche anno fa, il Verbumcaudo fu liberato di tutti i problemi burocratici che impedivano il suo utilizzo. E quindi adesso quelle terre sono in piena attività e stanno a dimostrare come sia possibile il reimpiego dei beni confiscati. Il feudo costituisce ormai un elemento fortemente simbolico – oltre che fortemente produttivo ed operativo nel mercato siciliano – in nome della legalità e dello sviluppo.
Nel 2017, il “consorzio per la legalità e lo sviluppo” – costituito da 19 comuni del comprensorio delle Madonie – e rivolto a giovani disoccupati o disabili, ha messo a concorso pubblico 150 ettari del feudo che erano stati sottoposti a confisca divenuta ormai definitiva. E così, fra i tanti giovani partecipanti al bando, il Consorzio ne ha selezionati i più idonei, vincitori del concorso, tutti fra i trenta e i quarant’anni, che hanno avuto diritto a entrare a far parte della “Cooperativa Sociale Verbumcaudo.
Tutta la produzione della cooperativa è biologica: fin dall’inizio, quando produceva solo il “pomodoro siccagno”, e poi, poco per volta, è stata introdotta la produzione di ortaggi, di grano duro, di legumi, fino alla “pasta Verbumcaudo”. Successivamente è iniziata l’attività vinicola.
Ebbene, con questa cooperativa assistiamo a uno di quei casi in cui il bene confiscato viene riconsegnato alla collettività, così come previsto dalla legge Rognoni-La Torre, fortemente voluta da Pio La Torre.
Di questi casi ne potrei raccontare tantissimi a dispetto di tutti coloro che, in nome di una giustizia “giusta” (?) e di un garantismo radicale, assumono posizioni ostruzionistiche che favoriscono la formazione di gruppi di soggetti che proclamano la loro innocenza e soprattutto la loro estraneità dal mondo mafioso.
Personalmente sono convinto che ciò possa effettivamente avvenire ma, purtroppo, non possiamo escludere che a questi gruppi si aggreghino anche soggetti effettivamente pericolosi socialmente e che parimenti si dichiarano innocenti.
Adesso la parola passa alla politica, responsabile del malfunzionamento del sistema misure di prevenzione.
Il governo, il Parlamento, devono intervenire nell’intera normativa – ove ce ne fosse bisogno, ma senza stravolgere lo spirito della legge stessa.
 di Elio Collovà

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