Su Carmelo Battaglia ucciso dai mafiosi che difendevano i latifondisti

Cultura | 22 marzo 2023
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24 marzo 1966, data da ricordare per l’ultimo delitto di mafia legato all’applicazione delle leggi di riforma agraria del secondo dopoguerra-decreti Gullo del 1944 e legge Segni del 1950.
All’alba di quel fatidico 24 marzo di 57 anni fa fu ucciso a colpi di lupara Carmelo Battaglia, piccolo allevatore, assessore socialista del comune di Tusa, tra i fondatori della cooperativa agricola Risveglio Alesino che aveva acquisito, dagli antichi proprietari, con regolare contratto previsto dalle leggi agrarie allora vigenti, il Feudo Foieri. L’immissione nel feudo della cooperativa mise fuori la famiglia Russo ascesa al rango di potenti e ricchi allevatori in odore di mafia collegati politicamente al partito della Democrazia Cristiana. Carmelo Battaglia, ucciso sulla trazzera che portava a Foieri, fu dagli assassini appoggiato in ginocchio su un masso, lui che in vita non si era mai voluto inchinarsi ai potenti e ai mafiosi. Egli aveva combattuto per trasformare il feudo, sfruttato solo per pascolo brado, in una moderna azienda agricola-zootecnica che aiutasse i soci della cooperativa a uscire dalla povertà e dal servaggio ai prepotenti e ai mafiosi loro braccio armato.
Il delitto mette allo scoperto lo storico scontro di classe con la mafia dei pascoli sui Nebrodi che si ritrova nelle nuove forme di parassitismo, trascinatosi fino a oggi come documenta la vicenda giudiziaria che riguarda l’appropriazione indebita dei fondi comunitari e l’applicazione del protocollo Antoci per gli affitti delle terre demaniali. Altro elemento che va rilevato e studiato è il peso dello scontro di classe con la mafia dei pascoli nel Paese stava vivendo il boom economico con una profonda trasformazione verso l’urbanizzazione e l’industrializzazione che non scioglie i nodi strutturali storici dello sviluppo dualistico e che lascia il Sud indietro. La conseguenza più vistosa è il flusso emigratorio dal Sud verso il Nord e il fallimento della riforma agraria che ha debellato i residui feudali del suo assetto fondiario ma non il parassitismo delle mafie che si sono riciclate nel nuovo assetto socio economico potenziando il sistema politico-mafioso.
Come la maggior parte dei delitti politico-mafiosi commessi prima della legge Rognoni-La Torre anche quello di Battaglia è rimasto impunito, nonostante lo sconcerto dell’opinione pubblica nazionale e la sollecitazione verso gli inquirenti del primo governo nazionale di centro-sinistra. Prevalse la pratica dei depistaggi, tentando di colpire i compagni di lotta della vittima, come Mico Castagna comunista sodale di Carmelo, per tutelare i potenti boss mafiosi dei pascoli con la protezione della classe dirigente locale e regionale.
Nel 1998 il Centro studi Pio La Torre ripubblicò un puntuale libro sul delitto scritto da Mario Ovazza (ingegnere già direttore dell’Ente di colonizzazione e poi dell’Eras (ente di riforma agraria della Sicilia) deputato regionale del Pci coordinatore del Centro di programmazione della Lega regionale delle cooperative) coadiuvato da tre esperti quali Otello Marilli, Giuseppe Carlo Marino, Rosario Caputo, intitolato “Il caso Battaglia. Pascoli e mafia sui Nebrodi”. Dal libro emerge il conflitto sociale e politico in un paese in transizione verso la modernità di un sistema capitalistico industrializzato che mutuava i sistemi politico-mafiosi utili a contenere le aspirazioni di giustizia sociale delle classi meno abbienti. Battaglia, come tutte le vittime politico-mafiose nei quasi ottant’anni dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, è un campione della costruzione dell’attuale democrazia che non va dimenticato per continuare a sostenerla.
Vanno ricordati il ruolo avuto dalle lotte agrarie nella modernizzazione della Sicilia contro le mafie e la lezione ancora valida nella presente fase di globalizzazione economica ma non di diritti sociali e civili. Organizzare i soggetti sociali vittime sacrificali delle disuguaglianze era il filo rosso seguito dai costruttori della democrazia di quella fase storica da imitare in questa fase post-pandemica, di predominio del dio mercato neoliberista, di riscaldamento climatico, di rivoluzione digitale, di guerre che minacciano la pace e la distruzione del pianeta. Rinnovare quotidianamente lo sforzo sociale e politico per una democrazia dal basso che assicuri libertà e solidarietà è quanto ci insegnano le vittime del lavoro, delle povertà, delle mafie.
 di Vito Lo Monaco

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