Paese di corrotti ma non troppo, l'Italia migliora un po'

Società | 31 gennaio 2019
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“Il CPI ci dice che, con fatica e lentamente, la reputazione del nostro Paese sta migliorando. Siamo sulla strada giusta ma non dobbiamo assolutamente accontentarci”, ha dichiarato Virginio Carnevali, Presidente di Transparency International Italia, commentando la classifica del 2018 sul livello di corruzione percepita nel settore pubblico. L’Italia si piazza al 53esimo posto nel mondo, su 180 Paesi coinvolti nell’indagine, guadagnando un’ulteriore posizione rispetto allo scorso anno e ottenendo un punteggio nell’indice di percezione della corruzione (CPI) pari a 52 su 100, valore per la prima volta sopra i 50. Si conferma, dunque, il trend positivo per il bel Paese dal 2012 che ha visto l’Italia scalare ben 19 posizioni, grazie all’introduzione della Legge Severino e all’istituzione dell’Autorità Nazionale Anticorruzione. Tuttavia, ciò non basta, “c’è ancora molto da fare – puntualizza Carnevali - a partire dall’implementazione della recentissima legge anticorruzione, una legge che andrà valutata sulla sua capacità di incidere concretamente nel Paese”. Quello dell’Italia è un piccolo ma costante avanzamento sia nel ranking mondiale sia in quello che guarda solo ai paesi europei. Proprio in questa seconda classifica ci siamo allontanati dagli ultimi posti. Ma c’è di più. L’Italia è tra i paesi con uno degli incrementi maggiori (+10 punti). Tra i 20 paesi che hanno migliorato il loro punteggio ci sono anche Estonia e Costa D’Avorio, mentre tra i 16 che hanno perso posizioni troviamo Australia, Cile e Malta.

Nel complesso, la classifica non è per nulla rassicurante. Premesso che la stessa viene redatta sulla base di valutazioni di esperti sulla corruzione nel settore pubblico, ognuno dei quali assegna un valore che va da 0 (molto corrotto) a 100 (per niente corrotto), si nota che più di due terzi dei paesi considerati ha un punteggio sotto 50/100 e la media a livello mondiale è di 43/100. Nessun paese ha un punteggio pieno, neanche Danimarca (88) e Nuova Zelanda (87) che, anche quest’anno, guidano la classifica. La chiudono, invece, Sud Sudan (13), Siria (13) e Somalia (10).

La regione con il punteggio più alto è l'Europa occidentale e dei paesi dell'Unione europea, con un valore medio di 66/100, mentre le aree con valori più bassi sono l'Africa subsahariana (punteggio medio 32), l'Europa orientale e l'Asia centrale (punteggio medio 35). Gli Stati Uniti (71)non rientrano più, per la prima volta dal 2011, tra i primi venti paesi del CPI a causa dell’indebolimento delle norme etiche ai più alti livelli di potere. Anche il Brasile (35) perde due punti dallo scorso anno. Oltre alle promesse di porre fine alla corruzione, il nuovo presidente Bolsonaro ha minacciato quegli spazi democratici conquistati dal paese. E, in generale, il legame tra democrazia e corruzione rappresenta un circolo vizioso. Se la corruzione mina le istituzioni democratiche - i paesi con alti livelli di corruzione, infatti, possono essere luoghi non sicuri per gli oppositori politici. Non a caso, tutti i paesi in cui gli omicidi politici vedono il coinvolgimento diretto o indiretto del governo sono classificati come altamente corrotti sul CPI – a loro volta le istituzioni deboli sono meno in grado di controllare la corruzione. La difficoltà della maggior parte dei paesi a tenere sottocontrollo la corruzione contribuisce alla crisi della democrazia nel mondo. Così le democrazie più mature hanno in media un punteggio di 75 sull’IPC, quelle meno sviluppate raggiungono una media di 49. Mentre i regimi ibridi – con tendenze autocratiche – hanno un punteggio medio di 35, e i regimi autocratici solo di 30. A titolo esemplificativo, si nota come i punteggi CPI per Ungheria e Turchia sono diminuiti rispettivamente di otto e nove punti negli ultimi cinque anni. Contestualmente, la Turchia è stata dichiarata paese “non libero”, mentre il più basso punteggio registrato dall’Ungheria è da ricondurre alla riduzione dei diritti politici dalla caduta del comunismo. Come si legge nel report di Transparency International, “tali valutazioni riflettono il deterioramento dello stato di diritto e delle istituzioni democratiche, nonché uno spazio in rapida contrazione per la società civile e i media indipendenti, in quei paesi”. Proprio sul rapporto tra corruzione e democrazia è intervenuta Moreira, Managing Director di Transparency International: “Dal momento che molte istituzioni democratiche sono minacciate in tutto il mondo, spesso dai leader con tendenze autoritarie o populiste, dobbiamo fare di più per rafforzare i controlli e gli equilibri e proteggere i diritti dei cittadini".

 di Alida Federico

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