I giovani tra giornalismo, fake news e libertà individuali

Società | 22 febbraio 2021
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Incentivare la cittadinanza attiva, esercitare il pensiero critico, partecipare dal basso alla vita civile e politica del proprio Paese. E’ questo il messaggio, nonché lo scopo primario, della quarta videoconferenza del progetto educativo antimafia e antiviolenza del Centro studi Pio La Torre: promuovere la coscienza civica tramite l’uso dei diritti costituzionali e le prerogative proprie dei cittadini liberi: “la Costituzione e l’art. 21 difendono la libertà di tutti i cittadini, non solo dei giornalisti” ha detto Paolo Borrometi, giornalista e presidente dell’associazione Art. 21, agli studenti collegati in streaming. Le notizie false “incrementano incertezza e fomentano odio – secondo Borrometi - e per questo è necessario per i cittadini tutti, e non solo per i giornalisti, innalzare l’attenzione nel non rilanciare notizie false e non verificate”.

Erano più di trecento i giovani collegati da 220 scuole e 5 case circondariali italiane, protagonisti delle attività del Centro studi Pio La Torre. A loro si sono rivolti i quattro giornalisti con cui hanno dialogato: Paolo Borrometi (presidente Art.21), Rino Cascio (caporedattore RAI Sicilia), Giuseppe Giulietti (presidente FNSI) e Marina Turco (caporedattrice TGS), che ha moderato il dibattito. Un fitto colloquio a distanza che non ha mancato di offrire spunti interessanti sul tema della costituzione italiana e il suo art. 21, tra informazione e rivoluzione tecnologica, democrazia e nuove forme di solidarietà.

Districarsi tra siti di notizie, giornali, magazine e fabbriche di falsi non è certo agevole per chi si affaccia alla finestra di internet, dove il bombardamento è fitto e talvolta anche studiato ad arte per canalizzare l’attenzione verso contenuti non veritieri, avvelenando i pozzi della conoscenza e, in ultimo, mettendo in pericolo la stessa democrazia. Per questo, accanto al lavoro dei giornalisti, che fanno il proprio mestiere, come ribadito da Rino Cascio, “offrendo chiarezza, raccontando tante storie – come quelle dei cittadini, dei malati, dei medici impegnati sul fronte anti Covid - e dando risposte alla gente che le chiede”, è fondamentale il discernimento del lettore. Per questa ragione, rispondendo a uno degli input offerto dagli studenti collegati, Beppe Giulietti, presidente FNSI, ha incoraggiato i partecipanti a “non essere strumenti passivi dei mezzi di informazione” e ad elevare il livello dello spirito critico nel loro quotidiano utilizzo delle nuove reti, le piazze telematiche, i social media “che, in sé, non costituiscono una minaccia”.

Un tema caldo – ha sottolineato Rino Cascio della Rai Sicilia – anche per il servizio pubblico, sempre in prima linea nel “tentativo di tutelare tutti i cittadini, con una informazione libera, chiara e indipendente, che dà voce alle fonti più autorevoli, soprattutto in tempo di pandemia”.E questo mestiere – continua Cascio - si fa offrendo chiarezza, raccontando tante storie – come quelle dei cittadini, dei malati, dei medici impegnati sul fronte anti Covid, dando risposte alla gente che le chiede”.

Un’azione meritoria, quella della lotta alle notizie false, che mira a difendere innanzitutto la democrazia e a proteggerla dall’attacco delle mafie e dei gruppi criminali, un progetto da realizzare anche tramite un’alleanza tra giornalisti e lettori, tra istituzioni scolastiche e operatori dei media, al fine di “contrastare gli scopi, a volte disinformativi, che i guastatori e i disinformatori hanno messo in campo – come detto da Marina Turco - e a consentire ai lettori di cibarsi di buone notizie”. Proteggendo le fonti autorevoli di notizie, il lavoro dei giornalisti liberi, e crescendo nuove generazioni di studenti consapevoli si mettono in sicurezza i capisaldi delle istituzioni: “il dilagare delle fake news – ha affermato Giulietti - tende a colpire il principio di autorevolezza, portando dritto dritto all’idea dell’uomo solo al comando, che parla dentro la rete e non vuole cittadini critici che pongano domande, ma che battano le mani al capo di turno. Ciò è pericolosissimo”.

Diverse le domande poste dalle scuole presenti e dagli studenti collegati dagli istituti di pena sulle pressioni esercitate sui cronisti, sulle nuove e diverse esigenze causate dalla pandemia in corso, sul possibile ruolo giocato dalla mafia all’interno dell’attuale crisi economica, sociale e sanitaria. Interventi che hanno stimolato i relatori a rilanciare la sempreverde funzione di “cane da guardia della democrazia” della stampa e a riflettere sul dovere della politica di fare molto di più, come ha sottolineato Paolo Borrometi citando la condizione dei tanti giornalisti precari poco tutelati e sottopagati: “bisogna investire di più sul giornalismo e sul ruolo dei giornalisti, come avvenuto negli Stati Uniti. Questo non lo vedo nel nostro Paese e la cosa mi preoccupa molto”.

Non bisogna abbassare la guardia nemmeno nella lotta alla mafia, alle mafie, che – ha ricordato Giulietti – tendono ad oscurare la verità, annullare gli sforzi di chi le contrasta nei diversi ambiti della società: “i mafiosi arrivano così, ad esempio, a prendere in ostaggio gli imprenditori, ma non solo loro, anche ciascuno di noi”. Le associazioni criminali puntano anche sull’appetibilità della proposta delle nuove tecnologie per attirare le giovani generazioni, per entrare nella parte più debole della società. Ma è proprio qui che viene in soccorso il ruolo dell’individuo: “ ciascuno di noi - ha chiosato Beppe Giulietti - può decidere la propria sorte, decidendo su quali siti andare, quali proposte andare a vedere, come impegnare il proprio tempo”.

E’ infine emersa, dai quesiti posti, una certa preoccupazione per le pressioni cui i cronisti possono essere sottoposti dalla mafia, dalla politica, dagli editori: timori che la caporedattrice di Tgs, Marina Turco, ha voluto tranquillizzare ricordando come “per i giornalisti l’editore di riferimento sia sempre il pubblico, le regole sono ferree. Quando le redazioni sono coese, non c’è editore che tenga”.

A una domanda sul ‘chi ve lo fa fare’, Borrometi ha risposto: “la domanda dovrebbe essere posta al contrario. Io, Saviano e altri, facciamo semplicemente il nostro dovere, il lavoro che sognavamo di fare da ragazzi”. Paolo Borrometi ha ricordato il giornalista Giovanni Spampinato, suo conterraneo, ucciso dalla mafia, la cui storia lo ha inspirato al lavoro e alla carriera di giornalista. “Noi non abbiamo coraggio, tentiamo di fare semplicemente il proprio dovere ogni giorno, raccontare ogni giorno ciò che nessuno racconta come una passione, per se stessi e per la propria terra”. Se è vero che le mafie sono certamente interessate a gestire i fondi impiegati dai governi nella lotta contro il Covid e per la ripartenza, è altrettanto sicuro che bisogna tenere alta l’asticella del controllo affinché – ha proseguito il presidente di Art. 21 - “non si presentino i soliti colletti bianchi, vestiti dell’abito buono, che si possano accaparrare i fondi”.

Vito Lo Monaco del Centro Pio La Torre ha, infine, posto l’accento su bisogno “di nuove forme di unità e partecipazione democratica alla vita del Paese, nonostante la pandemia. La democrazia – ha aggiunto Lo Monaco - si misura nel rispetto delle libertà fondamentali, tra cui quelle dell’art. 21 della nostra Costituzione, un articolo scritto quando ancora non erano presenti i moderni sistemi e mezzi di comunicazione. Oggi, le fake news creano campagne di odio e creano divisioni tra la cittadinanza, aumentando anche la violenza, ad esempio nei confronti delle donne.

E proprio il tema della violenza di genere e del femminicidio sarà al centro del prossimo incontro in programma al Centro Studi Pio La Torre il prossimo 8 marzo.


 di Giuseppe De Simone

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