Comunicati stampa | 12/05/2012
Sui funerali di Stato a Placido Rizzotto
Quando giovedì 24 maggio mattino saranno celebrati a Corleone i funerali di Stato per Placido Rizzotto, socialista, ucciso dalla mafia di Michele Navarra, medico democristiano, poco prima delle elezioni politiche del 1948, e, successivamente, il Presidente della Repubblica sosterrà a Portella della Ginestra, lo Stato democratico sancirà, speriamo definitivamente, una memoria condivisa sulla costruzione della Repubblica.
In quell’epoca furono uccisi, solo in Sicilia, ben quarantasette capi del movimento contadino. Assieme ad essi si renderà merito e onore a tutti quei giovani costruttori della democrazia come Pio La Torre, Emanuele Macaluso, Paolo Bufalini, Nicola Cipolla, Pancrazio De Pasquale, Francesco Renda, Totò La Marca, Totò Di Benedetto e tante altre migliaia di giovani i quali sotto la guida di carismatici uomini come Girolamo Li Causi, seppero dare attuazione ai contenuti sociali e politici della neo Costituzione repubblicana.
La lotta per la Riforma agraria, quelle per il lavoro e i diritti, per il riconoscimento del ruolo delle masse popolari e lavoratrici nella società del dopoguerra furono il frutto di una visione democratica che seppe unire la sinistra socialista, comunista, cattolica. Contro quest’ unità fu indirizzato il piombo mafioso da parte di quella parte della classe dirigente che non accettava, e non lo farà mai sino a oggi, l’ipotesi di una democrazia compiuta. Rizzotto fu trucidato poco dopo Epifanio Li Puma di Petralia Soprana e poco prima di Calogero Cangialosi di Camporeale, ambedue socialisti nel tentativo di dividere la sinistra che unita aveva vinto le elezioni regionali del 1947, alle quali fu contrapposta la strage di Portella della Ginestra.
Il comunista La Torre andò a sostituire il socialista Rizzotto, subito dopo la sua scomparsa, alla direzione della Camera del Lavoro di Corleone. Il democristiano Pasquale Almerico, ucciso dalla mafia di Camporeale, fu difeso dalla sinistra, mentre il suo segretario provinciale, il potente Gioia, lo aveva abbandonato nelle grinfie del capomafia Vanni Sacco che chiese e ottenne di entrare nella Democrazia cristiana. L’attuale peso politico ed economico delle mafie si può comprendere interpretando correttamente le stragi e i delitti politicomafiosi del dopoguerra, da Portella a oggi.
L’uso storicamente accertato della mafia come strumento d’intimidazione e di dominio da parte di una minoranza della classe dirigente, la pedissequa osservanza del Codice Rocco, inadatto a colpire la mafia, hanno servito gli interessi, ieri, dei baroni della terra, oggi della finanza, ma non della democrazia e dello sviluppo del Paese. Oggi nessuno deve dimenticare che il sacrificio di quei giovani costruttori di democrazia ha determinato il mutamento radicale della cultura giuridica dello Stato democratico contro la mafia con l’introduzione nel codice penale del reato di associazione mafiosa e la confisca dei beni.
Ciò ha fatto maturare nella cultura e nella coscienza di una nuova generazione di magistrati e servitori dello Stato, anch’essi vittime della mafia, un nuovo impegno etico. Mattarella come La Torre, Terranova, come Chinnici, Falcone, Borsellino, Giuliano, Cassarà, Basile erano uniti, pur in ruoli politici e culturali diversi, dalla stessa convinzione di dover spezzare, per servire lo Stato e la società, il trinomio affari, mafia, politica.
Lo Stato democratico non si è arreso, la coscienza civile antimafiosa si è estesa. Oggi si tratta di vincere definitivamente sui poteri occulti.
A Corleone assieme al Capo dello Stato, il movimento sindacale unito, l’intero schieramento democratico, laico, di sinistra, cattolico. Ci sarà don Luigi Ciotti che in nome di una Chiesa conciliare, diversamente dal passato, testimonierà l’impegno militante di condanna della mafia, come ha recentemente ribadito a Palermo Papa Benedetto sedicesimo. Ci sarà pure il Governo Monti al quale ci rivolgiamo affinché usi tutta la forza della sua autonomia dal recente passato per migliorare la legislazione antimafia e anticorruzione, non solo per recuperare risorse finanziarie contro la crisi ma per una ri-crescita economica ed etica del Paese e liberarlo da ogni mafia e da ogni colluso con essa.
Il presidente
Vito Lo Monaco