Comunicati stampa | 03/05/2016
Riapprovata all'unanimità dalla Commissione Antimafia la relazione di minoranza approvata il 4 febbraio 1976 firmata da La Torre e Terranova
Disponibile da stamattina sul Centro Pio La Torre il testo integrale della relazione di minoranza della Commissione nazionale di inchiesta sulla mafia approvata il 4 febbraio 1976 e firmata, tra gli altri, da Pio La Torre e da Cesare Terranova. Un testo capostipite dell’attuale legislazione antimafia italiana. L'on. Rosy Bindi, presidente della Commissione Antimafia, ha annunciato che la Commissione Antimafia ha approvato all'unanimità la ristampa del testo di quella relazione. "Adesso questa non è più una relazione di minoranza e per questo ringrazio tutte le forze politiche. La lotta alla mafia era, al tempo di La Torre, uno strumento di lotta politica, l'ambizione di oggi è quella di unire tutte le parti politiche per combattere insieme la lotta alla mafia".
"La relazione è estremamente attuale - continua la Bindi - in un passaggio i relatori scrivono come 'la compenetrazione tra potere politico e mafia sia avvenuta storicamente come risultato di un incontro voluto da tutte e due le parti. Oggi questa riflessione dobbiamo farla ancora nostra, perché se ancora le mafie non sono state sconfitte è perché non si è ancora reciso quel nodo tra la mafia e la politica, la finanza e tutte le forme di potere".
Anche il procuratore capo di Palermo, Francesco Lo Voi, concorda sulla straordinaria attualità di quella relazione: "Il testo è stato scritto nel 1976 ma potrebbe essere stato redatto anche oggi, con gli adattamenti che la mafia ha saputo crearsi nell'evoluzione della società moderna. Sostituendo la proprietà terriera all'imprenditoria i concetti restano uguali. La mafia utilizza il malcontento popolare per fini contrari all'interesse del popolo siciliano".
Per Vito Lo Monaco, presidente del Centro Studi Pio La Torre: “quella Relazione fu la madre della legge Rognoni-La Torre, approvata nel 1982 dopo l’uccisione di Dalla Chiesa e diventò il caposaldo della legislazione antimafia italiana, la più avanzata a livello mondiale nel contrasto alla criminalità organizzata. Oggi occorre rafforzare gli strumenti di contrasto: perché da due anni e mezzo il ddl d’iniziativa popolare per tutelare il lavoro nelle aziende confiscate non è ancora approvato? Perché non si potenziano gli strumenti e i mezzi della giustizia come rivendicato dai magistrati, dagli avvocati, dal movimento antimafia? Perché non si rimuove senza aspettare la solita campagna di polemiche la prescrizione breve per i reati di corruzione, brodo di coltura di ogni mafia? Perché i codici etici antimafia non vengono resi cogenti dai partiti? Perché non si combatte la corruzione, la diseguaglianza sociale, la povertà che forniscono l’acqua ai mafiosi-pescecani? Perché all’Ars non si discute ancora quel ddl di iniziativa popolare contro la povertà promosso dal Centro Studi e da un ampio cartello di forze sociali, culturali e religiose?”.