Comunicati stampa | 29/01/2007

“La mafia ha paura di chi ha coraggio” Dal confronto fra giovani e vertici antimafia nasce un network

Palermo, 29 gennaio ’07. “Davanti ad una mafia che cambia volto servono nuove strategie di contrasto da parte dello Stato e della società civile”. Testo unico delle norme antimafia, riforma del 41 bis, snellimento dell’iter che porta all’assegnazione dei beni confiscati, adozione di un codice etico in politica e anagrafe dei conti correnti. Sono solo alcuni delle priorità emerse durante l’incontro su “Idee e proposte per la legislatura contro le mafie”, tenutosi stamane presso l’aula magna della facoltà di Lettere e filosofia di Palermo.

A promuovere l’iniziativa, che ha messo a confronti i giovani dell’associazionismo palermitano con i vertici dell’antimafia, è stato il Centro studi “Pio La Torre”. “L’obiettivo – spiega Vito Lo Monaco, presidente del centro studi palermitano – è ottenere il miglioramento della legislatura e tranciare i mille fili che legano la mafia alla politica, all’economia e alla società”. Per farlo le associazioni giovanili palermitane hanno annunciato stamane “la nascita di un network che - spiega Francesco Citarda di “Lettere aperte” – si battano contro la mafia coinvolgendo innanzitutto i giovani che vivono nelle periferie delle città”.

Proposte per migliorare l’attuale legislazione sono giunte dal giurista Giovanni Fiandaca: “Serve l’istituzione di un Tribunale della prevenzione, un unico organo giudiziario specializzato nelle misure di prevenzione”. Un contributo importante ai lavori è giunto anche dal presidente siciliano di Confindustria, Ivan Lo Bello: “C’è un nesso inscindibile – ha detto – fra la sconfitta della mafia e la liberazione delle energie produttive ed economiche in Sicilia. Gli imprenditori devono prendere atto che davanti al racket è un atto di codardia non collaborare con uno Stato forte che infligge duri colpi a Cosa nostra”.

 Fra le testimonianze anche quella di Lucio Guarino, direttore del Consorzio Sviluppo e legalità che gestisce i beni confiscati alla mafia nel Corleonese e nel Monrealese: “Finora si è proceduto con provvedimenti straordinari, servono invece leggi ordinarie che siano la prova dell’assunzione di responsabilità da parte della classe politica”. Guarino ha chiesto di “istituire dei fondi ordinari, nazionali e regionali, per garantire l’accesso al credito alle cooperative che lavorano sui terreni strappati ai boss. E di dare vita ad un albo trasparente dei soggetti che ne richiedono l’assegnazione”. L’argomento beni confiscati è stato tema centrale dell’intervento del deputato Marilena Samperi (Commissione nazionale Giustizia): “Serve un’Agenzia nazionale per il controllo dei beni sottratti alle cosche. L’Agenzia del demanio, che gestisce attualmente, si rivelata assolutamente inadeguata”.

A tracciare un’analisi su come contrastare la nuova mafia “capitalistica” è Luciano Violante: “In Cosa nostra – ha detto-, le attività di carattere economico hanno preso il sopravvento sulla strategia militare messa in atto dai Corleonesi negli anni ’80 e ’90. Nel Mezzogiorno, dove l’economia è prevalentemente pubblica, si è creato un intreccio. Bisogna dunque adottare nuove strategie come ad esempio un “dimagrimento burocratico” del processo penale e l’adozione di un testo unico della normativa antimafia”. Il presidente della Commissione affari costituzionali ha parlato anche delle nuove strategie economiche di “una mafia che si è ‘deterritorializzata’ e che è dunque sempre più un problema a livello europeo”.
Per il sostituto procuratore di Palermo, Antonio Ingroia “oggi esistono paradossalmente una mafia più ‘civile’ e una società più mafiosa rispetto agli anni passati. Per questo bisogna avere un’idea chiara della mafia che si intende combattere”.

A sottolineare il cambiamento operato in Cosa nostra è anche il procuratore di Palermo, Francesco Messineo: “Da tempo la mafia non uccide più perché lo Stato l’ha costretta a una strategia di basso profilo o sommersione. Ma ciò non vuol dire che è divenuta meno pericolosa. Si è evoluta. Preferisce aggredire il tessuto economico. Davanti ad una mafia che diventa struttura liquida, la lotta diventa dunque più difficile”. Per Messineo la nuova stagione di contrasto ha delle tappe obbligate: “Miglioramento della legge sui pentiti; ripensare la norma del 41 bis che si è rivoltata contro lo Stato (i capimafia vengono sovente riammessi alla detenzione comune); revisione della norma sull’associazione mafiosa (416 bis); nascita di un’agenzia ad hoc per gestione dei beni confiscati che abbia il rigore degli organi statali e l’agilità dei privati”.

In materia di beni confiscati e snellimento dell’iter, il procuratore ha lanciato una proposta destinata far discutere: “Anticipare gli effetti delle confisca già al primo grado di giudizio. Qualora il secondo grado dia ragione al vecchio proprietario – ha detto Messineo - esiste comunque la possibilità di un risarcimento economico”.
Il procuratore di Palermo è intervenuto anche sul rapporto mafia-economia: “Il coefficiente di intimidazione, valido nel caso del piccolo commerciante, non si spiega nel caso delle grossa impresa di costruzioni che viene dal Nord e che, già quando varca lo Stretto, cerca il mafioso locale per mettersi in regola. Questo denota infatti un’adesione alla strategia mafiosa. Per questo le associazioni di categoria devono fare un lavoro di pulitura e devono far comprendere ai commercianti che far affari con la mafia non conviene”.


A concludere i lavori è Ettore Rosato, sottosegretario agli Interni: “In una città come Palermo, dove tanto è stato fatto nella lotta alla mafia, non è più tollerabile che ci siano imprenditori che pagano il pizzo. In tal senso sono da lodare le iniziative antimafia e antiracket dei giovani che dimostrano un impegno della società civile. La mafia ha paura di chi ha coraggio”.

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