Comunicati stampa | 11/02/2006

In Sicilia dei 2744 beni confiscati, solo 1246 vengono riutilizzati

PALERMO, Sabato 11 febbraio 2006
"IN SICILIA DEI 2744 BENI CONFISCATI,
SOLO 1246 VENGONO RIUTILIZZATI DALLO STATO"

"Oltre la metà dei beni confiscati alla mafia non viene assegnata". E' il dato emerso durante il seminario "Confisca dei beni dei mafiosi, gestione e nuova destinazione", organizzato ieri dal Centro studi Pio La Torre, in collaborazione con l'Università di Palermo e all'Associazione Nazionale Magistrati.
"Su 2744 beni strappati ai boss in Sicilia - ha ricordato Vito Lo Monaco, presidente del centro studi - solo 1246 sono stati finora assegnati". Rilevante anche il dato specifico della provincia di Palermo, dove su 2 mila e 91 confische, solo in mille e 60 casi i terreni e i fabbricati vengono riutilizzati.
"Tutto ciò - spiega Lo Monaco - rischia di vanificare quello spirito di "risarcimento" alla società che il riutilizzo rappresenta. Il rischio è che agli occhi dei cittadini la mafia appaia più forte dello Stato. Per questo - ha detto il presidente del centro Pio La Torre - occorre un albo dei beni confiscati gestito da una sola agenzia specializzata, che non può certo essere il Demanio". Cesare Vincenti, presidente del Tribunale di Palermo, ha parlato di "eccessiva durata del procedimento attraverso il quale si perviene alla confisca definitiva e tempi troppo lunghi tra la pronuncia definitiva e la destinazione dei beni confiscati.
In questo panorama - ha detto Vincenti -, si innesta il disegno governativo di legge delega, nel quale uno degli assi portanti è costituito dal trasferimento alla Agenzia del Demanio della responsabilità della amministrazione dei beni sin dal momento del sequestro".
Da Lucio Guarino, direttore del Consorzio "Sviluppo e legalità", arriva una proposta per scoraggiare il mancato utilizzo del patrimonio confiscato: "Sarebbe opportuno una norma che preveda lo scioglimento di quelle municipalità che non utilizzano i beni assegnati".
Una proposta per facilitarne il riutilizzo arriva anche dall'ex sindaco di Corleone, Pippo Cipriani: "Chiediamo che la Regione istituisca dei fondi che consentano ai Comuni di affidare incarichi per gli studi di fattibilità".
Ai lavori del seminario, tenutosi nell'aula magna di Giurisprudenza, hanno preso parte anche i giovani della cooperativa "Placido Rizzotto" che, nel Corleonese, lavora le terre che un tempo furono di Riina e Brusca. "Servono fondi di garanzia - ha detto Gianluca Faraone - per consentire l'accesso al credito alle cooperative sociali a cui vengono destinati i beni, ma di cui non sono proprietarie".
A concludere gli interventi del seminario è stato il procuratore aggiunto di Palermo, Roberto Scarpinato che ha commentato i dati forniti dal Ministero dell'Interno: "I sequestri a carico di esponenti mafiosi, dal luglio 2001 al giugno 2005, sono diminuiti rispetti ai cinque anni precedenti. Si è passati da un meno 20 per cento per Cosa Nostra, al meno 40 per la camorra e per la criminalità pugliese, al meno 50 per la 'ndrangheta. Sono diminuiti anche le confische. Diminuiscono a Palermo anche i procedimenti giudiziaria per associazione mafiosa pari al 57 per cento in meno. Diminuiranno di conseguenza anche i procedimenti per misure di prevenzione" Dati allarmanti arrivano anche sui tempi di confisca: "Alcuni provvedimenti definitivi di confisca realizzati nel 2004 - rivela Scarpinato- riguardano sequestri effettuati nel 1983 e nel 1985. La risposta dello Stato sul terreno delle misure patrimoniali sembra poi perdere terreno perché non riflette l'attuale economia criminale: i nuovi settori su cui si orienta la malavita sono oggi quote di partecipazione azionaria nella sanità privata, nella tecnologia avanzata e nello smaltimento dei rifiuti. La 'smaterializzazione' della produzione di ricchezza determina dunque il progressivo disarmo delle tecniche di indagine". Per contrastare la mafia dei "colletti bianchi che giocano in borsa", Scarpinato indica una via: "L'anagrafe centralizzata dei conti correnti bancari (prevista dall'articolo 20 della legge 413 del 1991). A causa dell'impossibilità di consultare una banca dati -ha detto-, le indagini per individuare eventuali conti correnti devono essere effettuate mediante richieste di informazioni notificate in tutte le sedi degli istituti di credito che, ad esempio, in Italia sono circa mille e 300. Tale inadempienza politico-legislativa si è tradotta nella mancata acquisizione di migliaia di miliardi nelle disponibilità delle organizzazioni mafiose. Nei prossimi anni - ha concluso il procuratore - saremo forse costretti a rimpiangere i giorni in cui i beni sequestrati e confiscati erano tanti che organizzavamo convegni per decidere cosa farne".
L'esito dei lavori verrà raccolto e messo a disposizione della Commissione parlamentare antimafia.

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