Comunicati stampa | 25/11/2005

Giù le mani dalla Legge La Torre - Rognoni

PALERMO, Venerdì 25 novembre 2005

"GIU' LE MANI DALLA LEGGE LA TORRE - ROGNONI"

Si è tenuto ieri, in un'aula magna della facoltà di Lettere gremita di folla, l'incontro promosso dal Centro studi "Pio La Torre" dal titolo "Giù le mani della legge La Torre- Rognoni".
A introdurre il dibattito, che ha visto impegnati i due candidati alle primarie dell'Unione Rita Borsellino e Ferdinando Latteri, è stato il presidente del Centro Vito Lo Monaco: "Il disegno di legge numero 5362 all'esame della Camera dei Deputati - ha ricordato il presidente- prevede la delega al Governo perché entro un anno emani uno o più decreti legislativi per riordinare la disciplina della gestione dei beni sequestrati o confiscati alle varie mafie. Il disegno introduce alcune novità organizzative positive: l'istituzione di una commissione di alta vigilanza presso la Presidenza del Consiglio per monitorare l'intera materia, e il riconoscimento del principio di garanzia, da parte dello Stato, dei debiti contratti con le banche, dalle imprese confiscate alle mafie, per le loro esigenze di gestione. Ma lo stesso disegno di legge affida tutto all'Agenzia del Demanio la cui gestione dei beni confiscati è stata un fallimento, come hanno documentato sia la Corte dei Conti, nella relazione dello scorso luglio, che la stessa Agenzia, riferendo al Parlamento del proprio operato". Lo Monaco cita anche alcuni dati: "Su un totale di 6556 beni sequestrati e confiscati dal 1983, solo 2962 risultano destinati. Dal 2001 al 2003, dei 3511 beni immobili assegnati all'Agenzia del Demanio ne risultano destinati alle finalità di legge solo 1314. A Palermo, epicentro dello scontro antimafia, su 1650 beni confiscati solo 650 risultano destinati.
La Corte dei Conti ha documentato l'inadeguatezza di una struttura passiva qual è quella dell'Agenzia del Demanio per una gestione dei beni confiscati che deve essere fortemente motivata, attiva, creativa e imprenditoriale. Il rapido riuso sociale del patrimonio sottratto alle mafie risponde ad un grande imperativo etico: restituire alla società quanto le è stato sottratto con l'inganno e la violenza. In questo modo l'antimafia può dimostrare concretamente di essere più forte e vantaggiosa per tutti i cittadini onesti.
Occorre riflettere sul fatto che dei cento miliardi di euro annui di fatturato del crimine organizzato, solo uno è stato confiscato dallo Stato dal 1983 al 2003.
Ma la delega al governo prevede anche l'esclusione, da un lato della magistratura inquirente e giudicante dal processo di gestione dei beni (privandola così di un importante campo di osservazione del fenomeno) e dall'altro, all'art. 3 lett. m, la possibilità - per chiunque sia titolato giuridicamente - di chiedere la revisione dei provvedimenti finali di confisca. Chiunque: prestanomi, familiari e altri, interessati anche pretestuosamente alla tutela.
Il pericolo è, dunque, che ogni confisca, con un buon avvocato, diventerebbe precaria e indefinita.
La questione è assai delicata e non ci sfuggono tutti i risvolti giuridici e di garanzia, ma è altresì doveroso chiedersi quali garanzie possa invece dare un governo (lo stesso delle leggi ad personam) affinché i decreti legislativi non vanifichino uno dei cardini della legge La Torre - Rognoni.
Il problema della legalità non è solo un'emergenza del Meridione: è una questione prioritaria per il governo del Paese. Vale per tutte le forze politiche alle quali i cittadini chiedono non roboanti dichiarazioni antimafiose, ma comportamenti concreti e rispettosi dell'etica. L'argomento - ha precisato in conclusione del suo intervento Lo Monaco - verrà riproposto anche ai candidati alle primarie del centrodestra".
Critiche sul disegno di legge e sulle modifiche previste nel comma 1 dell'articolo 3 giungono anche dai due candidati alle primarie: "Il Parlamento - ha detto Ferdinando Latteri - sta cercando di portare avanti una legge delega che suscita preoccupazione perché potrebbe stravolgere i risultati economici e sociali ottenuti in questi anni con le confische e le assegnazioni alle associazioni. Immaginare che il Governo chieda la fiducia anche su questo sarebbe devastante per una democrazia, così come la legge sulla devolution, che ha le caratteristiche di un colpo di stato e che rompe l'unità d'Italia: avremo regioni ricche sempre più ricche, e regioni povere sempre più povere". Latteri ha anche indicato come uno dei punti fondamentali del suo programma "la legalità, che deve essere - ha detto - una priorità da portare avanti con momenti di repressioni e contrasto ma anche di prevenzione. Servono maggiori controlli sugli appalti pubblici. Tutte le forze politiche devono trovare moduli di selezione delle classi dirigenti". Latteri, nel suo intervento durato circa venti minuti, ha citato anche altri temi come l'Università, il diritto allo studio, l'occupazione e soprattutto il precariato, definito da Latteri "un precariato da incoscienti che in Sicilia ha cancellato una generazione di giovani".
La parola è così passata a Rita Borsellino, che ha subito precisato: "Qui mi senti a mio agio perché ho l'opportunità di parlare di mafia e di come la sua presenza freni lo sviluppo della Sicilia. Altrove, infatti, mi è stato detto che l'argomento non porta voti. Ne parlo invece perché il problema mafia è presente più di prima". La Borsellino ha chiarito anche la polemica nata attorno alla sua candidatura e al ruolo del fratello magistrato ucciso dalla mafia in via D'Amelio nel '92: "Non capisco perché non dovrei usare un nome che porta da 60 anni. Non è mio fratello che si candida ma io con la mia storia che è anche quella di Paolo, ma è pure tutto quello che ho fatto dopo". Sull'argomento modifica della legge Rognoni - La Torre, Rita Borsellino lancia un'accusa: "Sembra quasi che ci sia un progetto per far svanire quegli strumenti che hanno contrastato il fenomeno mafioso, così come avvenuto con lo smantellamento del pool antimafia dopo il Maxiprocesso e con le modifiche della legge sui collaboratori di giustizia".
"Noi - ha ricordato - la vicepresidente onoraria di Libera - chiedevamo anche la confisca de beni ai corrotti, ma la proposta -inserita allora nel testo originario della legge- venne accantonata. Se la mafia nel corso di questi anni non avesse trovato legami col potere non sarebbe così potente Bisogna chiedersi quindi come interrompere questo canale".
Rita Borsellino ha ricordato poi i tanti risultati raggiunti con la legge sulla confisca dei beni, "servita a realizzare una mappa che ha dimostrato come la mafia avesse le zampe ovunque in Italia. In questi anni - ha sottolineato - la legge ha dato risultati visibili nel lavoro dei giovani delle cooperative che gestiscono i beni confiscati, ma con queste modifiche chi affronterebbe più tutte le difficoltà della gestione senza la certezza della proprietà? Può arrivare infatti una sentenza - ha detto - che costringe a ridare indietro il terreno anche con le migliorie apportate".
Spazio anche agli interventi dalla platea con Gianluca Faraone (presidente della cooperativa Placido Rizzotto che gestisce beni confiscati alla mafia), il deputato Beppe Lumia (commissione nazionale antimafia) e Luigi Pintus (Confcommercio).
All'incontro erano presenti il presidente del Consorzio Sviluppo e legalità, Nicola Maenza, le sigle che aderiscono al Patto di consultazione antimafia, le associazioni d'imprese, i sindacati, i centri culturali antimafia, i movimenti giovanili e i vertici regionali e provinciali dei partiti dell'Unione.

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