Comunicati stampa | 17/01/2004

Comunicati Simposio Internazionale

Palermo, 17 gennaio 2004 - ore 12,40

PER IL PROFESSORE LA SPINA “ANCHE SENZA I CORTEI DEGLI ANNI PASSATI, LA SOCIETA’ CIVILE CONTINUA AD AVERE UNA FORTE COSCIENZA ANTIMAFIA”

Il tema delle “Politiche e sistemi internazionali di contrasto e repressione, attualmente in corso, ha già offerto diversi spunti interessanti. Il professore Antonio La Spina, Presidente del corso di laurea in scienza della comunicazione, ha parlato ai cronisti del modello italiano di contrasto alla mafia “come un modello esportato all’estero. E’ quello più forte – ha detto- e completo. I paesi dell’est che si apprestano a far parte della Comunità Europea hanno già chiesto collaborazioni e l’ausilio di esperti dall’Italia. In quella parte d’Europa c’è una criminalità diversa che – ad esempio, oltre al controllo del territorio - è orientata fin dal primo momento su scala internazionale rispetto a quella italiana”. Il professore di Sociologia, ad una domanda - in merito alla possibilità che ci sia stato un calo di attenzione da parte dell’opinione pubblica nei confronti della lotta alla mafia, ha risposto “non sono affatto convinto di questo calo di tensione da parte della società civile che invece – secondo il docente universitario- accetta delle misure di contrasto, come le intercettazioni ambientali, il pentitismo e il controllo delle transazioni finanziarie. Tutte –ha sottolineato- interferenze pesanti nella vita dei cittadini che però le accettano grazie alla diffusione del sentimento antimafia nato negli anni novanta. Anche se ci sono meno cortei – ha concluso La Spina- non credo che quel sentimento sia scomparso”.

L’ufficio stampa

Palermo, 17 GENNAIO 2004 - Ore 13,36

IL GENERALE PELLEGRINI: “CON I LATITANTI “RURALI” OCCORRE TORNARE AI VECCHI SISTEMI”.

“Le nuove tecniche di indagine in materia di criminalità transnazioanale di tipo mafioso”, è il tema affrontato dal Generale B. CC. Angiolo Pellegrini, durante il dibattito tenutosi stamattina. “Quando i latitanti si muovono con supporti avanzati – ha detto il generale- è chiaramente più facile adottare le nuove tecniche d’indagine, ma quando fanno uso di biglietti e si spostano attraverso le campagne, come i grossi latitanti siciliani, queste nuove tecniche hanno meno successo. In quel caso devi puntare a catturare chi porta il ‘pizzino’. Occorre quindi ritornare ai vecchi sistemi: pedinamenti, confidenti, controllo del territorio, conoscenza delle persone. Se –ad esempio- un barista, invece di lavorare, di giorno lo vediamo più volte a passeggiare in campagna, in quel caso dobbiamo sapere chi è, e cosa fa”.

L’ufficio stampa

Palermo, 17 gennaio 2004 –ore 17,20

Tavola rotonda: Mafia e informazione

SINTESI INTERVENTI

Guido Fiorito del Giornale di Sicilia, primo dei relatori ad intervenire, ha posto subito l’accento sul ruolo dell’agenda setting che i media operano sull’opinione pubblica. “Dobbiamo interrogarci –ha detto- sullo spazio che oggi l’informazione dedica alla mafia, condizionando il livello di attenzione da parte dei lettori”. Il fenomeno mafia deve essere letto sotto l’aspetto criminale e culturale. In Sicilia, poi, ci deve essere una crescita culturale.

Enrico Bellavia, cronista di Repubblica: “Non è vero che non si parla più di mafia. C’è però un deficit d’informazione, soprattutto in Sicilia. Raccontiamo tantissime storie di mafia, attenendoci agli atti giudiziari. Si fa spesso un lavoro di cucitura. Pecchiamo nella capacità di raccontare cos’è questo inabbissamento di Cosa Nostra, di cui tanto si parla.

Abbiamo perso la memoria, abbiamo, dimenticato i criteri con cui il vecchio L’Ora –ad esempio- analizzava socialmente il fenomeno mafia”.

Felice Cavallaro, Corriere della Sera

“Non riusciamo a scavare quanto dovremmo. Il giornalista come il precario pagato ad ottocentomila lire al mese, a cui sono stati tolti gli anni migliori della propria vita. I cronisti hanno smesso di ricercare la notizia, preferendo i verbali giudiziari, come fonte unica del loro lavoro.

Voglio ricordare, come caso esemplare- quando a Caltanissetta, in occasione dell’uccisione del sindaco, tre giornalisti decisero che il mandante fosse un notabile democristiano, poi si scoprì –però-che era stato un povero disgraziato. Il giornalista deve raccontare i fatti, non formulare ipotesi. Gli editori, poi, non hanno voglia di investire sull’inchiesta”.

Antonio Calabrò (APCOM)

Dare addosso al giornalista è uno degli sport nazionali più diffusi.

“Il metodo del gionalista L’ora – in passato- era chiedere, cercare e raccontare. Si è perso il rapporto stretto con le forze politiche e sociali radicate nel territorio, fonte stretta per noi giornalisti.

E’ stata azzerata la capacità di ricercare la notizia con le proprie gambe. La pettacolarizzazione della mafia, ha fatto affievolire la capacita di raccontare la mafia nella sua complessità, perché la complessità, appesantendo l’informazione, non fa notizia.

Giorgio Petta (La Sicilia)

La mafia raccontata giorno per giorno si può leggere sui media locali. In quelli nazionali, Cosa Nostra scivola nelle pagine interne, con un titolo di taglio basso.

Il caso Parmalat può servire da esempio. Nessuno ne parlava, tranne Beppe Grillo. Nessuno aveva capito nulla, ma come è possibile? Il nodo è la difficoltà a diffondersi della democrazia e della cultura della democrazia.

Salvatore Cusumano (Rai.net)

La verità’ è che non è impossibile raccontare la mafia. A regolare il rubinetto dell’infomazione è il potere politico e criminale. Il degrado culturale non è casuale, ma frutto di un progetto nazionale, culturale, politico ed editoriale che, oggi, è nella sua fase massima. Questo processo può essere invertito, anche se è difficile.

L’ufficio stampa

Palermo, 17 gennaio 2004 – ore 18,20

Tavola rotonda: Mafia e informazione

GRASSO:A PALERMO E’ PIU’ DIFFICILE CHE ALTROVE FARE INFORMAZIONE

“La mafia ha tutte le potenzialità per strumentalizzare l’informazione, è in grado di condizionare la stampa per avvisare chi si deve difendere dall’indagine o fare sparire le prove” A dichiararlo, durante il dibattito su Mafia e informazione, è il Procuratore Pietro Grasso. “Oggi assistiamo ad un giornalismo – ha detto- che aspetta i provvedimenti cautelari, abdicando la sua capacità investigativa. A Palermo –ad esempio- è molto più difficile che altrove fare giornalismo.

Il L’Ora –invece- era un esempio di quotidiano veramente indipendente in tal senso, capace di investigare. Oggi – si chiede Grasso- esiste un quotidiano indipendente? Esiste una magistratura indipendente? Forse l’editoria – ha aggiunto- è nelle mani di potentati che non consentono l’indipendenza. Non mancano i giornalisti capaci e coraggiosi, ma il problema è a monte. Sulle pagine dei giornali nazionali – ha chiosato Grasso- la Mafia non è più al centro dell’attenzione, ma è ghettizzata e relegata nelle pagine locali. Raggiunge quelle nazionali solo quando ha implicazioni con la politica. Ho sentito direttori di giornali dire che la mafia non fa più notizia, e mafiosi che non deve fare notiziare. Non è quindi disattenzione, ma una precisa strategia dell’organizzazione mafiosa”.

Il Procuratore, rivolto ai giornalisti ha poi aggiunto: “anche voi avete i vostri martiri, Fava, Francese, Impastato. Bisogna contrastare questa tendenza al silenzio per non fare scomparire i vostri e i nostri morti”.

Ufficio stampa

Palermo, 17 gennaio 2004 – ore 19,30

Intervento del Prof. Fiandaca

Durante il dibattito su «mafia e informazione» è intervenuto il Prof . Fiandaca che ha dichiarato:“la difficoltà di istituire un dibattito veramente laico sul fenomeno mafioso è un problema attuale e di cui si può e si deve amaramente prendere atto”.

Il limite della scarsa “notiziabilità” della mafia oggi - emerso pure negli interventi degli altri relatori – investe tutto il mondo giornalistico e dei media in genere.

L’emotività di fenomeni tragici come le stragi e i delitti di personaggi illustri è scemata fino a fare spazio ad un inquietante silenzio che ha assorbito notizie sconcertanti come le provate frequentazioni tra politici ed esponenti della malavita”.

L’Ufficio Stampa

Dr. Pietro Grasso - Procuratore Capo della Repubblica di Palermo

Tavolo Relatori

Gen. B. CC Angiolo Pellegrini - Direttore UCIS Ufficio Centrale interforze per la sicurezza personale

Prof. Antonio La Spina - Università degli Studi di Palermo