Comunicati stampa | 15/09/2005

Articolo di Vito Lo Monaco su Repubblica

PALERMO, Giovedì 15 settembre 2005

ARTICOLO DI VITO LO MONACO
PRESIDENTE DEL CENTRO STUDI "PIO LA TORRE"
Pubblicato su "LA REPUBBLICA" ediz. Palermo del 15 settembre 2005

Dopo quindici anni sembra che si risolverà a breve un appalto da 750 mila euro per consolidare e proteggere l'ex cantina Kaggio. Una struttura, confiscata ai Brusca di San Giuseppe Jato e alla mafia della Valle dello Jato, che in questi anni è stata più volte saccheggiata. Ma adesso, recuperata la struttura, a quale uso sarà destinata? Nel grande fervore antimafia e nel fuoco di una ripetuta crisi del settore vitivinicolo, sono state avanzate proposte di riuso non ben ponderate che, se andassero in porto, più che la produzione vinicola e l'antimafia, potrebbero finire per aiutare oggettivamente la mafia, che da sempre nel mare di alcol assistito dall'Unione europea ha travasato i propri intrallazzi, dal riciclaggio di denaro sporco al grande fiume di vino sofisticato che notoriamente non è prodotto dai viticoltori, né dalle cantine sociali. L'attuale crisi di settore che sta esasperando i produttori e le cantine è lo specchio degli errori di strategia compiuti dai governi regionale, nazionali ed europeo.
La Kaggio è uno dei 3511 beni monumentali sequestrati e confiscati alla mafia e gestiti dall'agenzia del Demanio e da questa affidato al Comune di Monreale. Dopo il consolidamento, il Comune potrà gestirlo in proprio o tramite l'assegnazione a cooperative sociali o tramite un consorzio per destinarlo a vantaggio della collettività. Va comunque presentato un progetto di riuso e un piano finanziario. Escluderei pertanto di farne una distilleria come è stato proposto in buona fede da qualche parte. La gestione cooperativa di distillerie è stata già sperimentata in Sicilia. Di queste ne sopravvive una sola e ha grandi difficoltà industriali e finanziarie. I produttori di vino non avrebbero bisogno di distillare il vino prodotto con le loro uve. Le cantine sociali, quelle vocate al mercato, sono costrette a ricorrere alla distillazione per la parte di vino che non riescono a vendere. E quando ciò avviene liquidano prezzi insufficienti ai produttori.
La distillazione nel corso di questi ultimi trent'anni è stata sostenuta dall'Unione europea per ridurre la produzione di vino e la spesa comunitaria di sostegno, ma ciò non è avvenuto. L'Unione europea spende sempre di più e non è riuscita a ridurre l'eccedenza, anzi ha creato meccanismi con cui hanno avuto buon gioco di inserirsi la grande distilleria, inquinante e corruttrice, la mafia col suo fiume di vino sofisticato, gli intrallazzi con le triangolazioni con i paesi produttori extracomunitari e anche alcune cantine sociali, i cui presidenti sono inamovibili da decenni, che hanno rinunciato al mercato del vino di qualità, sfuso o in bottiglia, e hanno scelto la distillazione quale unico mercato assistito e garantito.
Oggi l'Unione europea preparando la nuova Organizzazione comune di mercato del 2006 discute di eliminare il sostegno alla distillazione, di destinare diversamente le prestazioni viniche (gli scarti di produzione che, se opportunamente trattati, potrebbero essere usati a vantaggio dell'agricoltura e dell'ambiente), di remunerare i produttori che ridurranno la produzione di uva, non dei vigneti .
Escludendo l'ipotesi di farne una distilleria, per la quale occorrerebbero risorse sino a 30 milioni di euro e per la cui realizzazione servono capitali e manager capaci di competere con le poche multinazionali dell'alcol, compresa quella ben presente nel territorio. Cosa può diventare oggi la Kaggio dell'antimafia? Ai singoli produttori, alle cantine sociali, agli industriali del vino occorre un sostegno concreto, nella competizione di mercato, al loro prodotto che è l'uva e il vino, non l'alcol.
Il Comune di Monreale, assieme al consorzio dei Comuni di cui fa parte, d'intesa con i produttori e le organizzazioni agricole, industriali e cooperative, con l'Istituto vite e vino, con le università siciliane si facciano carico di proporre che la Kaggio diventi la vetrina del buon vino della valle, la tappa di una strada del vino, dell'enogastronomia, il centro di ricerca e di innovazione, di microvinificazione sperimentale, di laboratorio di analisi al servizio della filiera del vino e dell'agro alimentare dell'area.
Assieme a tutto questo la Kaggio, sottratta alla mafia, diventi la vetrina dell'antimafia e un centro museale multimediale della storia della zona che, dai Fasci siciliani alla strage di Portella della Ginestra fin ad oggi, ha visto il movimento contadino caposaldo della democrazia, dello sviluppo moderno e della legalità in Sicilia. La Kaggio può così diventare l'emblema di un'inversione di tendenza.


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